Ho sognato / Che stavamo bevendo whisky / All’ultimo piano della Bowery / Ma non possiamo mai essere abbastanza in alto / Da qualche parte, lungo la via / Abbiamo smesso di guardarci negli occhi / Tu stavi fuori tutta notte / E io ne ho avuto abbastanza.
Questa che avete appena letto non è una strofa di William Carlos Williams recentemente scoperta e pubblicata per la prima volta. E non è neanche una citazione dall’ultimo album di Sun Kil Moon. Questo, amici miei, è un testo di Kygo e Selena Gomez. Prego, ascoltate con le vostre orecchie.
Il narratore di questo pezzo sta chiaramente soffrendo di una sorta di condizione di isolamento esistenziale, ma non è certo il solo: oltre a Kygo, ci sono un botto di produttori che tentano la carta introspezione. Uno è Zedd, che nel suo nuovo singolo “Stay” medita sul lato distruttivo dell’impulsività: “Sono benzina sul fuoco / Vieni, versati su di me / Lasceremo questo posto bruciare / Ancora una volta, solo una volta.”
Ne volete ancora? C’è Martin Garrix, che sulla sua “Scared to Be Lonely” lascia spazio alle meditazioni di Dua Lipa: “Dov’era la sincerità? / Non l’abbiamo mai definita, ci allontaniamo come presi da una spirale / Mi ero dimenticata come ci si sente“. “Seduta in salotto / Mi guardi, io ti fisso / Vedo dubbio, vedo amore.” Un nuovo stralcio tradotto di Prèvert? No, ragazzi, è MØ sul nuovo pezzo degli Snakehips.
Insomma, il trend è chiaro. L’elettronica mainstream sta provando a prendere le cose sul serio. Forse è un tentativo di prendere le distanze dalle torte in faccia e dalla leggerezza ostentata di Steve Aoki, dalle maschere da topo di deadmau5, ma il punto è che i produttori EDM americani hanno iniziato a buttare fuori canzoni con testi che potrebbero benissimo essere citazioni dei The Used. La formula di questa Emo-DM per ragazzi palestrati un po’ tristi presenta con sincerità emozioni ampollose e senza sfumature, l’inizio e la fine di relazioni d’amore tortuose e viaggi internazionali. Insomma, cerca di costruire uno spessore emotivo usando con parole da poesie del liceo. Oppure, come dimostra il nuovo singolo dei Clean Bandit con Sean Paul, cercando di intrecciare pathos cinematografico e tropical house.
Sono canzoni che vogliono farvi pensare tanto quanto vogliono farvi alzare le cazzo di mani. I produttori vogliono farvi capire quanto sono sinceri, cazzo, pronti a sputare il loro dolore come sangue (a patto che il suddetto sangue non sporchi le loro giacche giapponesi importate, che costano un botto).
Il pop, ovviamente, procede per mode. Ma queste normalmente si manifestano attraverso uno stile di produzione, una qualità estetica, un dress code. Questo è, invece, un fenomeno narrativo. Come se l’elettronica da ballare avesse voltato le spalle al far festa per impegnarsi in tetre—sebbene completamente vacue—riflessioni sulla condizione umana.
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I tòpoi sono quasi sempre gli stessi. C’è una ragazza, e c’è un ragazzo—entrambi abbronzati, e con una struttura ossea così perfetta che per averne una simile ti faresti tranquillamente aprire la faccia e spostare le ossa da un chirurgo slavo—e il loro mondo sta cadendo a pezzi. Ci sono ricordi nebbiosi della sera prima, e le narici vengono punte dalla puzza di una qualche cazzata ormai fatta. Magari hanno “preso una pillola a Ibiza” e si sentono come se avessero perso dieci anni di vita. O magari hanno passato troppo tempo a bere e fumare perché si sentivano troppo tristi, come capita a Justin Bieber in “Cold Water.” Noralmente la tragedia trova le sue origini in una presa di coscienza, naturale o causata da una qualche sostanza. Oh, e ci sono un sacco di balconi. Balconi e terrazzi.
Parliamoci chiaro: queste sono storie che raccontano problemi di gente privilegiata. Nel suo tentativo di essere presa più seriamente, l’EDM è diventata ossessionata dal suo desiderio di documentare gli strazi amorosi dell’1%. L’Emotional Dance Music parla dei problemi e delle paranoie tipiche di chi si sveglia in un attico a Manhattan con la testa pesante dalla sera prima, e si rende conto all’improvviso che la persona con cui si sta mandando foto di nudo su Snapchat da due settimane sta iniziando a comportarsi diversamente. Sono persone che hanno bisogno del vostro supporto emozionale tanto quanto hanno bisogno del vostro supporto finanziario.
Il che ci porta ai Chainsmokers, due ragazzi che—nonostante sembrino quel tipo di fighetti stronzi che vengono sconfitti alla fine di una commedia stupida dopo che hanno bullizzato il protagonista per un’ora e mezza facendogli trovare buste infiammate con dentro stronzi di cane sulla porta di casa—sono diventati i due producer più famosi e chiacchierati del panorama pop mondiale.
I Chainsmokers hanno creato l’esempio Emotional Dance Music Definitivo: “Paris.” È un pezzo che è arrivato in top ten nel Regno Unito, e si basa su molti dei tòpoi che abbiamo delineato prima: il senso di abbandono, l’ubriacarsi, una destinazione lontana e un terrazzo. È una canzone che prova così duramente a sembrare profonda che sembra quasi surreale. Per esempio, guardate come inizia il suo lyric video: Paris \ pa-rəs \ n 1: un desiderio sentimentale di una realtà non genuina 2: una condizione irrecuperabile, una fantasia che evoca nostalgia o sogni a occhi aperti. Non si può neanche parlare di copia-incolla. I Chainsmokers coprono parole che gli sembrano profonde e la Torre Eiffel di colla, le lanciano contro a un muro e si fanno andare bene quelle che restano appiccicate.
C’è però qualcosa di più profondo, in tutto questo. I Chainsmokers rappresentano anche la contraddizione, o anche la schifosa ipocrisia, al centro di queste nuove emozioni che animano l’EDM. Perché non dobbiamo dimenticarci che, anche se cantano cose tipo “Se cadremo, cadremo assieme,” nella vita vera sono persone che dichiarano, “Anche prima del successo, la figa è sempre stata il nostro primo obiettivo.” Ovviamente sentire gente parlare di quanto gli piaccia la figa è disagiante di per sé, ma se la stessa gente produce musica così bigotta e autocommiserante è molto peggio. Almeno Mick Jagger era una persona coerente.
Il che, in un certo senso, fa venire fuori il motivo per cui le paure esistenziali dell’EDM sono così fastidiose. I cuori spezzati e le storie prese male al centro di questi pezzi non sono altro che fantasie di maschi bianchi. Le ragazze sono solo angeli caduti che hanno bevuto troppo e non hanno voluto che il loro uomo le supportasse, e ora devono pagarne le conseguenze. Gli uomini, invece, recitano la parte dell’artista torturato. Come personaggi di Danielle Steel in versione millennial, sono disillusi e disperati per essersi resi conto di quanto ci si senta soli, in cima. Come Drake, ma senza un briciolo del suo fascino o delle sue capacità di scrittura.
I testi delle hit EDM di oggi si basano sul mito che la sofferenza sia interessante, che i produttori privilegiati che le hanno create siano degni protagonisti, e quindi sottendono che l’ansia e la depressione possano essere scorciatoie per raggiungere una maturità artistica. D’altro canto, che cos’è “I Took a Pill in Ibiza” se non un tentativo apatico di introspezione a cura di un tizio che ha ascoltato 808s & Heartbreak e ha pensato, “bé, forse bere e ballare, tipo, mi può far stare male?”
L’EDM era infantile e liberatoria, un tempo. Tutti si vestivano a caso, si mettevano costumi come a carnevale ed era una grande fiera di torte in faccia. Ora sta entrando nella sua adolescenza: ha quindi iniziato a piangersi addosso, ad abbandonarsi ai problemi triviali che solo un ragazzino può porsi. Il prossimo passo sarà la crisi di mezza età.
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