Cosa succederebbe se una bomba atomica esplodesse oggi in Europa? Durante la guerra fredda, la bomba era un pensiero fisso che entrava nella musica, nella letteratura, nel fumetto, nel cinema e nei videogiochi.
Ci rassicurava solo la terribile idea che una guerra del genere non sarebbe mai accaduta grazie al principio della “distruzione mutua assicurata,” perché tutti sapevano che nessuno ne sarebbe uscito vincitore. Ma con la caduta dell’Unione Sovietica abbiamo un po’ dimenticato che le armi nucleari esistono ancora, vengono ancora prodotte e possono essere ancora usate.
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La bomba ci è tornata in mente prima con le minacce della Corea del Nord (che francamente nessuno prende però sul serio), poi con l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.
Sia la Russia che gli Stati Uniti hanno detto che in questa situazione esiste effettivamente il rischio di un conflitto con armi “non convenzionali.” Magari lo hanno detto solo per fare un po’ la voce grossa e per far vedere che fanno sul serio. Però lo hanno detto.
“Fin quando gli Stati Uniti, la NATO e la Russia hanno armi nucleari pronte a essere usate e piani specifici per usarle in una varietà di situazioni, la guerra nucleare (o almeno l’uso di una o più armi nucleari anche senza un conflitto vero e proprio) sarà sempre possibile,” spiega a VICE via email Stephen I. Schwart.
Schwartz è nonresident senior fellow al Bulletin of the Atomic Scientists, rivista specializzata sui rischi delle armi di distruzione di massa nata nel 1945. Il Bulletin è noto soprattutto per il suo “Orologio dell’apocalisse,” un metaforico orologio a lancette di cui l’ora viene aggiornata all’inizio di ogni anno segnando quanto manca alla “mezzanotte” dell’umanità, cioè alla nostra distruzione (al momento siamo a 100 secondi dall’apocalisse).
Ufficialmente, la Russia dichiara di non voler arrivare all’uso di armi nucleari, ma secondo alcuni analisti occidentali potrebbe applicare il cosiddetto escalate to de-escalate: “alzare il tiro per abbassare il tiro.” Cioè potrebbe usare armi nucleari tattiche, che sono più piccole e hanno minore gittata rispetto a quelle strategiche, che invece distruggono intere città. E le userebbe con l’idea di chiudere così il conflitto, spingendo la controparte ad arrendersi proprio per la paura di cosa potrebbe succedere rispondendo con altri ordigni nucleari.
“Non penso che alcun leader voglia davvero usare armi nucleari,” continua Schwartz, “ma il pericoloso paradosso della deterrenza nucleare (come praticata da Stati Uniti, NATO e Russia) è che l’uso delle armi nucleari può essere prevenuto (in teoria) solo essendo preparati e pronti a usare le stesse armi nucleari in qualsiasi momento, anche per primi.”
Le conseguenze di una bomba atomica su Milano
Per capire cosa succederebbe se scoppiasse un’arma nucleare in Europa ho usato NUKEMAP di Alex Wellerstein. Questo strumento online gratuito permette di vedere l’effetto di una o più bombe atomiche selezionando dove vogliamo farle cadere, l’altezza dal suolo della detonazione e la potenza.
In base a queste impostazioni, NUKEMAP mostra sulla mappa del mondo e spiega le conseguenze dell’ipotetica esplosione, dalla dimensione del cratere alla ricaduta radioattiva in base alla direzione del vento. Io l’ho provata su Milano.
Qui userò come esempio una bomba da 300 chilotoni, che è una cosa abbastanza pesa. Il chilotone è l’unità di misura delle cose che fanno bum e un chilotone corrisponde all’energia liberata dall’esplosione di mille tonnellate di tritolo.
“La bomba atomica relativamente primitiva che ha distrutto Hiroshima aveva una potenza di 15 chilotoni,” spiega Schwartz, aggiungendo che “la potenza delle armi nucleari tattiche che gli Stati Uniti hanno in Europa va dagli 0,3 ai 170 chilotoni e la potenza di quelle russe va dai 10 ai 100 chilotoni.” Durante la guerra fredda però l’URSS ha progettato un ordigno all’idrogeno da 100 megatoni, cioè centomila chilotoni. E gli ha dato un nome da fuoco d’artificio illegale di capodanno: Bomba Zar.
Una bomba che esplode a Piazza Duomo irraggerebbe in modo letale una persona che sta uscendo dal Teatro alla Scala
Sugli effetti di un’esplosione nucleare il Bulletin of the Atomic Scientists ha un articolo dal tranquillizzante titolo “NON POTETE NASCONDERVI. Ecco come una guerra nucleare ucciderebbe voi… e quasi tutto il resto.”
Prima di tutto ci sono le radiazioni immediate, quelle dovute all’esplosione (appunto) nucleare. Vengono prodotte in meno di un secondo, ma nel nostro esempio possono uccidere in un mese almeno metà delle persone che si sono trovate a poche centinaia di metri dal ground zero: una bomba che esplodesse più o meno in piazza del Duomo a Milano irraggerebbe in modo letale una persona che sta uscendo dal Teatro alla Scala.
La buona notizia è che di solito queste radiazioni sono trascurabili, perché nessuno campa un mese dopo essere capitato a meno di un chilometro da un’esplosione nucleare. Subito dopo la prima ondata di radiazioni arriva il calore: la sfera di fuoco, un piccolo sole che viene creato dall’aria incendiata dall’energia dell’esplosione e che nel nostro caso ha un diametro di 1,2 chilometri. La materia al suo interno diventa una nuvola di particelle subatomiche, e il calore sprigionato arriva a svariati chilometri di distanza provocando incendi e ustioni.
Gli incendi possono essere così grandi e violenti da unirsi in una “tempesta di fuoco” (si chiama davvero così), una colonna infuocata che risucchia aria e ossigeno dall’ambiente circostante soffocando chi è finora sopravvissuto. E a 13 chilometri di distanza l’esplosione causa ancora ustioni di primo grado: con la nostra ipotetica bomba milanese le persone sentirebbero l’effetto dell’ondata di calore a Rho.
Poi c’è l’onda d’urto, che è provocata dall’espansione dell’aria riscaldata. La quantità e il raggio dei danni dipende molto da quanto in alto la bomba viene fatta esplodere: l’onda d’urto di una bomba fatta esplodere a terra crea un cratere, ma quella di una bomba fatta esplodere in aria—come probabilmente accadrebbe in un attacco contro una città—rimbalza e si espande, distruggendo ogni edificio nel raggio di chilometri e sbalzando via le persone. Nei miei test l’onda d’urto è arrivata quasi allo stadio di San Siro.
Infine, c’è la ricaduta dei materiali radioattivi emessi dalla sfera di fuoco che ora si sta alzando in cielo per diventare il tipico fungo atomico. In questo caso, la radioattività è maggiore localmente se l’esplosione avviene al suolo e i materiali radioattivi si attaccano a polveri e detriti, mentre un’esplosione in aria fa disperdere la radioattività su un’area molto più ampia.
A questo punto probabilmente non esistono più edifici in cui rifugiarsi per chilometri, ma se vi trovate in una esplosione nucleare e avete ancora un tetto sopra la testa gli esperti—come Richard Wolfson e Ferenc Dalnoki-Veress, da cui ho preso gran parte di queste informazioni—consigliano di non uscire almeno prima di 48 ore, per lasciar diminuire il livello di radiazioni.
Considerate poi i danni alle infrastrutture, alle telecomunicazioni, ai sistemi assistenziali che una simile distruzione causerebbe: non esisterebbero più né i posti dove curare le persone ferite né molte delle persone che dovrebbero curarle.
Ogni guerra nucleare è globale
Tutto questo vale per l’esplosione di una singola bomba, ma “in una guerra nucleare, centinaia o migliaia di esplosioni accadrebbero a pochi minuti di distanza,” scrive il Bulletin of the Atomic Scientists. Al mondo esisterebbero più di 9000 testate nucleari divise tra Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, Israele, India, Pakistan e Corea del Nord. Molte meno, certo, rispetto alle oltre 70mila che erano più o meno pronte al lancio nel 1986, però le atomiche sono tipo le ciliegie: una fa tirare l’altra.
Nel 2017—in occasione della mostra Shadows and Ashes: The Peril of Nuclear Weapons—il programma Science and Global Security della Princeton University ha messo insieme ciò che sa degli arsenali nucleari e delle strategie di Stati Uniti e Russia, le proprie valutazioni e i dati di NUKEMAP per realizzare Plan A, una simulazione video degli effetti di una guerra nucleare totale tra Stati Uniti d’America e Federazione Russa.
In poche ore morirebbero 34,1 milioni di persone, e l’Italia (sentite che fortuna) è pure uno dei primi paesi europei che verrebbero attaccati. “Plan A non è pensato per mostrare lo scenario peggiore possibile,” scrive Alexander Glaser—uno degli autori della simulazione—in un documento che ha condiviso con VICE, “ma una rappresentazione della logica degli attuali piani nucleari russi e statunitensi ed è basato su ciò che sono oggi le dottrine, le forze e i probabili bersagli.”
Se iniziasse una guerra nucleare vera e propria le conseguenze però ci riguarderebbero anche se fosse relativamente lontana da noi e isolata territorialmente. “Due anni dopo una qualsiasi guerra nucleare—piccola o grande—la conseguente carestia da sola provocherebbe dieci volte il numero delle vittime fatte delle onde d’urto delle centinaia di bombe sganciate,” spiega il Bulletin of the Atomic Scientists citando un recente studio diretto da Lili Xia della Rutgers University: dopo una guerra nucleare tra India e Pakistan potrebbero morire di fame più di due miliardi di persone, in tutto il mondo.
Il rischio non è zero. E c’è pure il rischio che le armi nucleari siano usate per errore
Questo perché una guerra nucleare avrebbe effetti disastrosi sul clima terrestre. Nel 1983 Turco, Toon, Ackerman, Pollack e Sagan pubblicarono il primo articolo sul cosiddetto “inverno nucleare” che seguirebbe un conflitto portato avanti a bombe atomiche. L’ipotesi era allora piuttosto controversa, ma negli anni è stata comprovata da modelli climatici sempre più raffinati.
“Le conseguenze climatiche di una guerra nucleare dipendono principalmente dalla fuliggine prodotta dagli incendi e iniettata nell’atmosfera,” dice Xia a VICE durante una videochiamata su Zoom.
La fuliggine—raggiunta la stratosfera (10-50 chilometri d’altezza)—avrebbe un doppio effetto. Da una parte tratterrebbe il calore riscaldando la stratosfera e danneggiando lo strato d’ozono che ci protegge dalla radiazione ultravioletta proveniente dal Sole. Dall’altra schermerebbe la superficie terrestre dal calore solare, raffreddando il pianeta. Una guerra nucleare tra India e Pakistan abbasserebbe le temperature di 2 gradi, ma una guerra tra Russia e USA le abbasserebbe di ben 8 gradi, portandole sotto a quelle dell’era glaciale. Il calo delle temperature causerebbe anche una diminuzione dell’evaporazione dell’acqua e quindi delle precipitazioni.
L’effetto è simile a quello di una grande eruzione vulcanica, come quella del vulcano Tambora nel 1815, per cui almeno metà del nostro pianeta ha perso un’estate nel 1816. “Ma la fuliggine provocata dagli incendi di una guerra nucleare resterebbe nell’atmosfera più a lungo delle sostanze liberate da un vulcano,” specifica Xia, e “gli effetti durerebbero almeno 6-7 anni.” Aggiungiamo a questo i danni a coltivazioni, allevamenti, scorte e trasporti legati a un qualsiasi scenario bellico. Proprio come ha scritto il Bulletin of the Atomic Scientists, “non potete nascondervi.”
“Io penso che un uso deliberato di armi nucleari in Europa da parte di Russia, NATO o Stati Uniti sia piuttosto improbabile. Sia per motivi politici sia per motivi militari. Quindi non c’è ragione di cedere al panico,” dice Schwartz. “Comunque, il rischio non è zero, come dicevo prima. E c’è pure il rischio che siano usate per errore.”
A proposito di panico, Schwartz menziona le pillole di ioduro di potassio che “possono bloccare l’assorbimento dello Iodio-131, parte della ricaduta radioattiva di un’esplosione nucleare,” ma sottolinea che “personalmente, non correrei a comprarle.”
In effetti, nelle farmacie e parafarmacie italiane si trovano solo integratori a basso dosaggio inutili contro le radiazioni—e in caso di attacco sarà il governo a distribuire le pillole giuste. Sempre se ci sarà ancora un governo.