Cibo

Come dare lezioni di cucina ai turisti americani ed essere felici quando sei uno chef


Da un po’ di tempo ormai AirBnb non è più quello di prima. Non ci si limita più a cercare la destinazione e ritrovarsi con centinaia di case da consultare, ora ci sono anche le esperienze da poter prenotare. Praticamente vendono sia i sogni che solide realtà.

Nel 2016 in Italia arriva AirBnB Experience: in pratica offro le mie competenze per farti godere di un posto da un punto di vista nuovo. Più vero.

E qual è l’esperienza più autentica e appagante che si possa fare in Italia? Quella della cucina. Potete andare a cavallo in Salento, girare in bici in piazza della Signoria, ma niente batte un generoso, orgasmico, piatto di pasta.

Seguendo questo principio lineare, una coppia di chef donna, qui a Roma, ha deciso di rivedere il classico concetto di ristorazione e di buttarsi in questo mondo neonato.

L’anno scorso Katie e Veronica mi avevano invitato a provare il loro “speak-easy gastronomico” e mi sono completamente innamorato del posto e di loro. L’idea alla base di In Black Kitchen Studio era: faremo delle cene con chi vogliamo noi, quando vogliamo noi. Il tutto in questo loft dentro un vecchio pastificio nel centro della città con libri, vecchie stufe, divani chester, una cucina dei sogni e un bulldog francese di nome Oliva che ha l’allergia al polline come me.

Non so se ne abbiano fatte, non è importante, anzi è assolutamente coerente.



Quello che invece so, è che si sono messe su AirBnB Experience e vivono molto meglio, divertendosi e arricchendosi costantemente di nuova energia e nuove esperienze. Senza essere legate per forza a un ristorante e una struttura.

Katie Gallego è americana di Seattle (anche se è un mix tipo di 12 nazionalità diverse), Veronica Paolillo è romana. Si sono conosciute in Toscana nelle cucine del Dopolavoro, dove hanno lavorato insieme per due anni.

Sono andato a trovarle in una delle prime mattine torride romane.

“AirBnB Experience è arrivata a gennaio dell’anno scorso a Firenze. Poi è sbarcata a Roma, tre mesi fa a Milano e ora è aperta a tutti. Noi ci siamo iscritte a giugno dell’anno scorso” mi dice Veronica mentre siamo stravaccati su una poltrona comodissima.

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“Abbiamo voglia di essere libere, di fare quello che ci va di fare, che ci arricchisce, di viaggiare. Per questo abbiamo pensato che fosse la cosa più giusta per noi. Dai la disponibilità di date che vuoi, metti il prezzo che vuoi, proponi quello che ti piace. Facciamo un corso sulla pasta fresca, su cui puntiamo molto, e uno sulla pizza. È bellissimo perché sembra quasi di non essere a Roma, ogni volta hai di fronte delle persone curiose che vengono da ogni parte del mondo”.

Contente loro, contenti i turisti: “Qualche mese fa ci hanno anche chiamate da San Francisco dicendoci che la nostra era l’experience italiana con più successo”.

Mi sono immaginato perfettamente la faccia di questi turisti felici come delle pasque di imparare a fare la vera pasta e la vera pizza italiane con le loro mani. AirBnb è aperto a chiunque, ma quasi nessuno ha pensato fosse una valida alternativa per fare soldi senza stressarsi.

Allora mi sono chiesto: come funziona esattamente?
Funziona come il fratello che affitta case. Tu paghi, AirBnB congela i soldi e li trasferisce il giorno dopo l’esperienza, se tutto è filato liscio.
E siccome ci sono rischi maggiori – farsi male o rischiare l’indigestione per aver mangiato troppa pizza – la piattaforma ti fornisce un’assicurazione per farti stare il più sereno possibile.

Girando la testa verso il grosso tavolo sociale di legno già me li immaginavo, con la lingua di fuori, a impastare farina e uova.

“Il corso dura quattro ore; dalle 11 alle 3 del pomeriggio circa. Iniziamo insegnandogli la pasta lunga, poi passiamo ai ravioli e alla fine gli gnocchi di patate, che agli stranieri piacciono un sacco. E alla fine gliela cuciniamo noi mentre stanno seduti a tavola a fare un aperitivo. La serviamo, gli spieghiamo come abbiamo fatto il sugo e cuciniamo quella dopo. Insomma, alla fine mangiano tre tipi di pasta, caffè, ammazza caffè e dolcetto”.

Essendoci campo totalmente libero e zero limiti d’età, lo può fare chiunque. Ma a quanto pare il loro unico concorrente su Roma è una vecchina che ti invita nella sua casetta fuori porta e ti insegna a impastare come si faceva una volta. Ti vengono pure a prendere i suoi nipoti in stazione, in una scena a metà tra i sequestri della Banda della Magliana e la gentilezza pura.

E se la pasta è pittoresca figuriamoci la pizza. In due versioni: alta napoletana e scrocchiarella romana.

“La maggior parte dei nostri clienti è americana” mi dice Katie.

“Pensa per un americano cosa vuol dire fare la pizza cotta su pietra con due esperte panificatrici, usando le proprie mani, in Italia. Per sfruttare il tempo al massimo quella napoletana la facciamo la sera prima così lievita la notte e la mattina bisogna solo lavorarla e infornarla. Mentre aspettano l’ultima parte di lievitazione fanno l’impasto della pizza romana e lo stendono a mattarello come fanno i pizzaioli di periferia. E insomma continuano a infornare e sfornare una quantità enorme di pizze felici come dei bambini e alla fine le mettono in dei cartoni e se la mangiano passeggiando per le vie del quartiere.”


Può partecipare chiunque, bambini compresi, e si può prenotare fino a un’ora prima secondo le regole del sito. Quindi se quel giorno ti eri pentito di aver messo la disponibilità per la lezione e hai sperato fino all’ultimo che nessuno prenotasse, ma una sola persona l’ha fatto, ti tocca. Ma ci sono cose peggiori.

Chiedo loro se hanno mai avuto problemi con i loro ospiti, mi dicono serenamente di no, ma aggiungono: “Ogni tanto capita che le famiglie rompano un po’ le scatole sul prezzo per i bambini, ma spieghiamo loro che hanno bisogno di più attenzione e quindi giustifichiamo il prezzo”.

Il target mi spiegano che è quello medio alto, per fare corsi ad un livello superiore si rivolgono ad agenzie di lusso, dove magari la gente vuole un’ottima bottiglia, tartufo e tutte quelle cose che abbiamo in Italia e il resto del mondo no.

“Ci piace un sacco andare al mercato prima della lezione per prendere gli ingredienti migliori. E Katie vorrebbe fare proprio un corso a parte andando al mercato per insegnare alle persone a fare la spesa. È molto brava perché ha il loro punto di vista, ma ha già scoperto la meraviglia delle varietà di cibi che abbiamo. È una sinergia di culture, cucina, idee.”

“Tu lavori”, dice Katie “ma in realtà stai conoscendo gente open minded americana, messicana, asiatica, australiana con cui parli e che puoi ritrovare in un secondo momento della vita, no?”



Sono frastornato e pure un po’ geloso, perché non ho nessun talento da insegnare e il massimo che potrei fare sarebbe far passeggiare i turisti per le vie del centro in pose da anziani indicando svogliatamente i monumenti.

“Ah, e poi vogliamo fare lo spaccio di pane”
“Come, scusa? Mi ero perso nei miei pensieri di imprenditore”

“Sì”, fa Veronica tutta sorridente. “Io sento l’esigenza di fare il pane, sto male se non lo faccio. E siccome se ne fa tanto, pensavo di darne al portiere che lo fa assaggiare alla gente del palazzo e a quella del quartiere. Mi piace darlo alle persone che mi piacciono. Così si crea una rete: quando ho voglia di panificare mando un messaggio a chi voglio (perché il pane è amore puro. Non possono averlo tutti), prendo prenotazioni delle pagnotte e a un’ora stabilita lo calo dalla finestra con un cestino di vimini.”

Non voglio andare più via da quel posto, ma Oliva abbaia perché ha fame.
Faccio le ultime fotografie mentali del loft, dai mestoli alla macchinetta in cui metti la moneta e scendono le palline e scendo con il gigantesco montacarichi che fa da ascensore.

E penso che viviamo in un’epoca incredibile in cui puoi fare i lavori che ti piacciono davvero, in modo diverso dal solito.

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