Il mio ragazzo è insofferente alle urla dei bambini in aereo, le persone che gli pestano i piedi e i camerieri nei ristoranti gastronomici che orbitano per tre ore attorno al tavolo impedendogli di fare qualsiasi cosa da solo. Certo per farmi piacere si sforza di sorridere, soprattutto quando il cameriere gli spiega a volte goffamente i piatti dello chef, ma l’unica cosa che vorrebbe fare con tutto se stesso è versarsi l’acqua da solo.
In pochi casi l’ho visto a suo agio, e allora mi sono chiesta cosa fosse la discriminate. Si divertiva, si sentiva meno infastidito quando eravamo in ristoranti dove erano gli chef e presentare i loro piatti e a volte servirli. Il più delle volte a farlo sono cuochi giovanissimi della brigata: arrivano al tavolo, sorridono un po’ per l’imbarazzo di essere usciti dalla cucina, e iniziano a raccontare il processo, come il piatto è nato, perché, e ti danno anche qualche cenno su come mangiarlo.
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Questa piccola rottura nel consueto sistema ristorativo è una boccata d’aria fresca per diverse ragioni: i ragazzi escono dai pochi metri cubi della cucina e hanno a che fare con quelli che mangiano i loro piatti, e i clienti sentono meno il distacco, iniziando ad essere veramente interessati a quello che la persona sta dicendo (e non pensano solo a “lasciami mangiare il piatto, maledetto”).
Ho iniziato a domandarmi allora se non sia questo il futuro dei ristoranti stellati: un sistema di questo tipo è sicuramente faticoso da oliare, ma giova ai cuochi, ai clienti che sentono meno le formalità tipiche dell’ambiente e anche ai ragazzi in sala, spesso sobbarcati di informazioni con menu che cambiano ogni giorno e con tanti tavoli da seguire.
“Abbiamo incominciato un po’ per esigenze: quando abbiamo iniziato eravamo davvero in pochi, quindi i ragazzi dovevano aiutare in sala per forza. Poi abbiamo visto che la cosa piaceva ai clienti e abbiamo continuato su questa strada.” Giancarlo Camanini è il fratello di Riccardo Camanini, lo chef del Lido 84: insieme i due fratelli hanno aperto un ristorante in una location preesistente sulla riva del Lago di Garda (Gardone Riviera). Uno dei ristoranti forse più belli dove io sia mai entrata. Ma non si stava parlando di design, ma di quanto il mio ragazzo si annoi in contesti “pettinati”.
E invece al Lido 84 si è divertito: si è accolti sì da bravissimi ragazzi di sala, ma chi serve i piatti è chi li cucina, un po’ come succede nelle cene casalinghe. I giovanissimi cuochi, alcuni impacciati, altri con un sorriso smagliante, presentano e servono insieme alla sala il piatto e poi lo spiegano, rispondono alle domande, interagiscono. Gli chef escono dalla cucina, vedono la luce del sole e chiacchierano. E il mio ragazzo li ascolta felice.
C’è anche della teatralità in tutto questo: ad esempio quando ti arriva La Cacio e Pepe cotta in vescica (si una vescica di mucca vera) i ragazzi in modo solenne arrivano al tavolo, prima mescolano la vescica con la pasta dentro, poi la tagliano e te la servono davanti. La cucina si fa anche lontano dai fuochi ed è tutto più coinvolgente.
Insomma una pratica che tu cliente apprezzi, che toglie dall’imbarazzo i giovani camerieri che magari non sono al passo con i piatti della cucina e con tutte le preparazioni, e che dà un riscontro immediato a chi sta ai fornelli.
Il tutto dicevo, non è privo di criticità: “In più o meno 2 ore escono 300 piatti; è molto difficile essere tutti allineati e tutti devono sapere tutte le partite. Il cuoco deve infatti allontanarsi dalla partita, e quello accanto a lui deve essere pronto a prendere il suo posto” mi dice Giancarlo. Questo crea un certo movimento nel ristorante: il doppio delle persone che troveresti in qualsiasi altro stellato, fra i ragazzi della cucina che ti presentano il piatto – vedi la splendida Tapioca e Uova di Salmerino – e in mezzo sommelier e camerieri si avvicendano versando il vino o sbarazzando.
Potrebbe sembrare caotico, ma il flusso è agile e le informazioni sono così sempre univoche e corrette.
Riflettevo dopo la visita al Lido 84: non è la prima volta che mi succede che sia lo chef o parte dalla cucina a dirmi cosa sto mangiando. E non è la prima volta che il mio ragazzo è sereno in un contesto di un certo tipo, lontano dal concetto di ristorante fine dining vecchio stile.
In Franciacorta da Dispensa Pani e Vini è arrivato da meno di un anno un giovane chef, Marco Acquaroli. La struttura di Dispensa Pani e Vini è abbastanza particolare: si sviluppa in diversi ambienti, enoteca, trattoria e ristorante gastronomico. Visti i prezzi popolari e il cibo più accessibile non sorprende che le prime due aree siano più affollate. Questo consente a Marco una certa tranquillità nel suo ristorante gastronomico. Qui quando mi sono seduta – si sempre con il mio ragazzo – mi ha sorpreso che Marco venisse piatto per piatto a spiegare cosa stavo mangiando e soprattutto mi dicesse, anche qui, come farlo. In questo caso è lo chef in persona che si prende la briga di fare tutto: in cucina non lo stesso affollamento del Lido 84, anche se la velocità del servizio in modo quasi miracoloso non ne risente.
Certo stai sempre a tavola a lungo, ma il tempo passa veloce e tu, mentre mangi un piatto come Il mio orto – dove devi sperimentare salse diverse con ortaggi ora crudi ora fermentati -, almeno sai bene come destreggiarti: te lo spiega chi l’ha pensato, niente telefono senza fili e il ragazzo – sempre il mio – è rilassato e si lascia versare acqua e vino volentieri, senza fare troppe storie.
Un sistema di questo tipo come diceva Giancarlo Camanini è utilissimo soprattutto quando un ristorante inizia: serve meno personale in sala e banalmente si pagano meno stipendi.
Ma il sentimento di rivoluzione nei ristoranti gastronomici non è probabilmente solo un sentimento italiano: quest’anno sono stata un paio di volte a Tirana, in uno dei ristoranti che senza esagerare è diventato uno dei miei preferiti. Mullixhiu è di Bledar Kola, chef giovane con esperienze anche al Noma, che sta riuscendo in quello che sembrava impossibile: portare il fine dining in Albania.
Quest’estate con degli amici – e il mio ragazzo – da Mullixhiu la bella novità: anche qui i giovani cuochi hanno iniziato a servire a tavola, così come Bledar stesso presenta alcuni dei suoi piatti signature. Una ragazza bionda, che avrà avuto a stento 19 anni, ha portato il suo piatto, lo ha spiegato in inglese, ha sorriso e ringraziato ed è tornata correndo in cucina. Di quella cena ricordo soprattutto gli occhi di quella cuoca gentile e timida (e ovviamente la sbronza colossale il giorno dopo).
Non è bello ricordare i visi di chi ti prepara i piatti, e non sentire il tuo ragazzo che si lamenta in continuazione quando sei a tavola per tre ore?