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Cibo

Come la notizia delle Nutrie arrostite dai nigeriani a Torino è diventata un covo di commenti razzisti

Qualcuno dica ai commentatori xenofobi, che le Nutrie si mangiano in Italia dagli anni '50.
Andrea Strafile
Rome, IT
Foto di Kateřina Hlavatá via Flickr

Per quello che ne so, se si scopre che una cosa è commestibile, non c’è alcuna ragione per non mangiarla. E comunque ognuno sceglie di mettersi quello che vuole dentro la pancia.

Lo dico perché da stamattina gira la notizia che la Polizia Municipale di Torino abbia fatto un blitz prima dell’ora del mercato sequestrando scatoloni pieni di nutrie arrosto e spiedini di topo. Alcuni nigeriani sarebbero stati visti in questi giorni a vendere dello strano street-food. La cosa è stata segnalata, e la Polizia sarebbe intervenuta.

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Dentro scatoloni di cartone c’erano topolini arrostiti, nutrie cotte a puntino e pesci del Po essiccati, pronti per essere venduti e addentati. I cuochi sarebbero stati quindi multati per la vendita non autorizzata di nutrie e topi, e denunciati penalmente per lo stato di conservazione del cibo che non erano autorizzati a vendere.

Come da copione, i giornali che ne hanno parlato hanno fatto leva su due cose: la nazionalità degli interessati e lo schifo che nutriamo per qualcosa che non mangeremmo mai, puntando sul sapore di animali che vivono sulle sponde di un fiume lurido. Unite le due cose e indovinate un po’? Loro sono dei selvaggi, e noi siamo ancora una volta detentori della buona cucina.

Il Giornale in questo articolo ci aggiunge anche un po' di sentimentalismo:

A osservare le foto si rimane impietriti. Passi il pesce essiccato, anche se non meriterebbe certo una stella Michelin. Ma vedere il musetto da castorino della nutria imbrunito dalla brace fa un po' effetto.

Screen dell'articolo de La Stampa di Torino

Secondo quanto dice La Stampa, invece, la comunità nigeriana sarebbe quella più “ghiotta di nutrie”, così, come se non potessero farne a meno mossi da chissà quale fame animalesca. La verità è che per quanto mi sia sforzato di cercare nel magico mondo dell’internet, non ho trovato praticamente nulla a riguardo. E nemmeno loro.

Ho trovato però che la nutria è un piatto tradizionale italiano in diverse regioni, che si serve in umido o arrosto almeno dagli anni ’50, quando rappresentava già un problema contenerne i numeri. Ho scoperto che non è vietata la vendita e anche che non c’è ancora un comunicato ufficiale di quanto avvenuto nella zona torinese di Porta Palazzo.

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Ovviamente i commenti alla notizia non si sono fatti attendere.

Questi, presi a campione, ovviamente giocano sui soliti cliché, tipo che gli immigrati buttano nella spazzatura il "buonissimo cibo italiano" che somministriamo loro nei centri d'accoglienza, e preferiscono del cibo da "selvaggi".

E ancora si legge:

Lorella: “I nigeriani che vivono qui in Italia ancora non hanno capito che qui non siamo nel loro Paese: i cibi hanno delle regole di conservazione e alcuni animali non sono da noi considerati commestibili! Prima di fare quello che vogliono, si studino le regole del Paese in cui hanno deciso di venire a vivere!”

Cara Lorella, come detto sopra, siamo noi italiani che le mangiamo da più di mezzo secolo. E sembra siano anche buone. Da cosa nasce cosa e ci si ritrova in un labirinto di accuse politiche e al limite dello xenofobo.

Un conto è parlare di consumo, un altro di vendita e un altro ancora di conservazione. Nessuno vieta di mangiare ognuna di queste cose, non ho trovato leggi che ne vietino il commercio, anzi. Dagli anni ’50 c’è una legge che lo regolamenta. In sostanza si può vendere al pubblico, a patto che sia intero e d’allevamento controllato.

Anzi, sicuramente. Va bene che sembrano stracotti, ma ammassati in una scatola per strada non è il massimo.

Oltre a tutto questo sono anni che si parla di un piano di contenimento per queste bestiole che sono cugine dei castori - e non dei topi - e che si divertono a rosicchiare il terreno per costruire dighe col rischio serio di aumentare i danni in caso di forte pioggia. Quindi davvero, non ci sarebbe nessun motivo per non mangiare delle grasse nutrie succose.

Vera o no che sia, e credo che lo sia, il punto non è la notizia. Ma come viene proposta, facendo sembrare come al solito "gli stranieri" solo dei selvaggi che mangerebbero di tutto e per fare soldi li venderebbero a chiunque.

E poi vi assicuro, c’è roba nella nostra cultura gastronomica molto più schifosa di un castoro di città. Tipo il retto di una mucca.

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