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Attualità

Perché ho smesso di usare Instagram e perché dovresti pensarci anche tu

Dopo due mesi di disintossicazione posso dirvi che starete molto, molto meglio senza.
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L'autore. Grafica di Juta.

Il mio rapporto con Instagram si basa su una sorta di controsenso. Da un lato ho sempre appoggiato la teoria che lo vuole un mezzo egocentrico in cui gli esseri umani vomitano le proprie illusioni su altri esseri con l'approccio di un Guy Pearce in Memento. Dall’altro ne sono sempre stato affascinato, e con la scusa di doverne comprendere le dinamiche, negli ultimi anni ho passato ore a guardarmi stories di influencer e cuochi che sfilettano pesci in diretta e a inoltrare foto di procioni che rubano cibo dai cassonetti—diventando, a tutti gli effetti, l’oggetto di quello che pensavo di osservare.

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Questo fino a due mesi fa, quando ho deciso di eliminare il mio account.

Diversamente da quanto pensavo, sono stati proprio questi due mesi a chiarirmi le idee su Instagram e sul perché avrei dovuto smettere molto prima di prenderlo così sul serio. Ecco un po' di cose che ho capito, e che magari faranno riflettere anche voi.

Non ti perderai nulla

Che Instagram, nel corso degli anni, sia diventato una fogna di inserzioni come Facebook e che sia, tra i social, quello che maggiormente viene associato a un uso scorretto per la nostra salute mentale è ormai risaputo. Così come lo è il fatto che sia riuscito a influenzare drasticamente la nostra vita quotidiana, il nostro modo di relazionarci, il mondo della musica, il branding e il concetto di popolarità e di intimità.

Insomma, senza che ce ne accorgessimo Instagram è passato da essere il social con cui guardare cosa pubblicano i nostri ex compagni del liceo a un mercato del feedback, un concentrato di dati da un miliardo di iscritti e un’app su cui—stando ai dati forniti da Instagram stesso—ho passato per mesi quasi 40 minuti al giorno.

Potrei mettermi a fare l’elenco delle cose che avrei combinato investendo quel tempo in maniera differente, ma sarebbe un po’ come elencare le cose che mi sarei potuto comprare se non fumassi da dieci anni e, onestamente, non credo sia questo il punto. Da quando mi sono cancellato da Instagram infatti non credo di aver iniziato a investire il mio tempo in maniera più sagace: semplicemente, ho smesso di perderci il tempo e facendolo è svanita la mia paura di “perdermi qualcosa, senza Instagram.”

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È questa paura che pare fermare chi ha intenzione di lasciare un social, come ha scritto Lindy West in un articolo del New York Times in cui racconta la sua esperienza nel cancellarsi da Twitter. “È una sensazione che hanno descritto molti altri colleghi. Anche se vuoi andartene (e gli autori di questi saggi generalmente lo fanno), c'è il timore di rimanere fuori dal giro.”

La verità, però, è che su Instagram non succede mai nulla. Certo, ci sarà sempre qualcuno che, in un preciso momento, sta facendo qualcosa di più interessante di te (come quando ho finto di essere alle Maldive per un articolo), ma smette di essere interessante dopo 20 secondi.

Il problema non è Instagram, siamo noi nella vita reale

È una cosa scontata, ma se ora hai circa 20 anni vuol dire che hai passato una buona parte della tua vita sui social. Questo significa che abbandonarne uno potrebbe costringerti a rivedere cosa fai, come lo fai e quando lo fai. Che non è così un male.

Oggi non passo più molto tempo su Facebook, e Twitter lo uso solo per seguire reporter di guerra e condividere roba che ho scritto o meme che trovo divertenti—e non succede molto spesso. La mia vera "dipendenza da social"—quella di cui parlano negli articoli sui millennial, per intenderci—esisteva solo con Instagram.


Guarda il nostro video con Luis, dove parliamo di cosa succede al nostro cervello quando stiamo sui social:


Non a caso, dopo aver cancellato l'app mi sono trovato in una sorta di limbo per cui non volevo tornarci ma allo stesso tempo cercavo uno sbocco per condividere la mia vita. Questo, insieme all’abitudine fisica di tirare fuori il telefono e scrollare ossessivamente il feed, è stato uno degli aspetti più complicati. Per molto tempo ho trattato le piattaforme social come fossero microdosi di Xanax pronte all’uso in caso di ansia sociale o disagio.

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Se fa ridere, fa ridere anche se non finisce in una story

"Fun" fact: qualche mese fa mi trovavo in un locale a bere. Dietro di me, un gruppo di ragazzi festeggiava un compleanno. Il festeggiato in persona ha fatto saltare il tappo di un prosecco. "Mi hai ripreso mentre sbocciavo?" ha chiesto subito a un amico. "Non ho fatto in tempo zio," è stata la risposta. Morale della favola? I due hanno comprato un’altra bottiglia per fare una story.

Non ho problemi a capire l’idea che sta dietro al voler catturare un momento importante, romantico o divertente, ma cosa facciamo davvero quando ci mettiamo a preparare queste foto a cui dedichiamo così tanto tempo?

Tuttora, a distanza di due mesi, quando mi succede qualcosa di inusuale sento quella leggera pulsione a tirare fuori il telefono per farci una story. È frustrante, ma ho mentalmente connesso i miei momenti d’ilarità a qualcosa che nel giro di 24 ore svanirà in un appiattimento generale: valgono uguale il mio amico ubriaco che si schianta per strada e un cagnolino.

E vale anche il contrario: come ho accennato sopra, io ero il classico utente “I hate it but I use it” e le mie foto erano ridicole, perlopiù scatti volutamente sfocati di amici con lattine di birra in mano, foto di concerti punk e foto senza un apparente senso. Mi dicevo che era un mio tentativo di cogliere qualcosa di più profondo e divertente nella realtà che mi passava accanto. In realtà anche quando non mi stavo divertendo, volevo che la gente lo pensasse.

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Smetterai di fare paragoni

Dopo il primo mese 'libero' ho iniziato a rendermi conto che non solo ci stavo pensando sempre meno, ma ho anche iniziato ad avvertire dei benefici. Ho smesso, per esempio, di mettermi continuamente a confronto con gli altri. Smettere di controllare costantemente cosa stessero facendo i miei coetanei con le loro carriere o le loro vite mi ha permesso di concentrarmi di più su di me.

Eliminare un'app a cui ho permesso di assorbire così tanta parte della mia energia mentale mi è sembrato un modo per recuperare un certo grado di controllo.

Soprattutto perché, come tutte le cose, Instagram invecchierà e allora lo ricorderemo come adesso ricordiamo un forum o i siti di giochi online in cui potevi sparare a Bin Laden. E se oggi l'essere nel ristorante giusto, al momento giusto, con le persone giuste per una foto da 10mila like ha rimpiazzato lo status symbol di una Mercedes, tra non molto avremo qualcosa di totalmente diverso per la testa.

Per ora sto bene così. Ah, e se non avessi fumato in tutti questi anni avrei circa 18.250 euro sul conto: precisi per una Mercedes usata.

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