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Se pensi che il corazziere nero sia una 'beffa' per Salvini, pensaci meglio

Molti hanno voluto interpretare la presenza di un corazziere nero al Quirinale come uno 'smacco' per Salvini e la Lega, facendo di fatto nient’altro che il loro gioco.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
corazziere nero mattarella
Foto via Quirinale

In un periodo in cui imperversa la retorica salviniana di “pacchie finite” e di ostilità diffusa verso il diverso—rilevata anche da recenti sondaggi—avere una posizione antirazzista, o semplicemente critica, è sempre più complicato e sempre meno popolare.

Per questo, nell’incertezza generalizzata, mi pare che si stia diffondendo la tendenza ad aggrapparsi a qualsiasi “simbolo” che sia vagamente contrario alla vulgata comune. Si parte così da figure dello spettacolo come Pamela Anderson o Heather Parisi; e si arriva alla figura del “corazziere nero,” che sta circolando parecchio in queste ultime ore.

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I fatti, in breve, sono questi. Ieri al Quirinale si celebrava la giornata mondiale contro il razzismo, e ad accogliere i ministri del governo gialloverde sulla scalinata del Colle c’era per l’appunto un corazziere nero. Naturalmente, non era la prima volta che si è visto: nel 2017, ad esempio, faceva parte del picchetto d’onore che ha accolto Papa Francesco durante la visita a Sergio Mattarella.

La sua storia è già stata raccontata all’epoca: nato nel 1990 in Brasile, N.T. (queste le iniziali) è stato poi adottato da una famiglia siciliana insieme alla sorella maggiore. Sull’isola frequenta le scuole e prende la maturità al liceo scientifico; in seguito supera il concorso per entrare nei carabinieri, e dopo una dura selezione diventa il primo corazziere nero in servizio al Quirinale.

Sui quotidiani e altrove, però, se ne sta parlando perché tra i ministri saliti al Colle c’era anche Matteo Salvini. E alcuni hanno voluto vederci una specie di, come chiamarlo?, monito del presidente nei confronti del vicepremier. Famiglia Cristiana, ad esempio, ha titolato che “per la giornata contro il razzismo Mattarella schiera un corazziere di colore.” Il Secolo d’Italia si è chiesto se fosse “una beffa di Mattarella.” Il Tempo ha parlato di “sorpresa a Matteo.” E il governatore della Toscana Enrico Rossi ha scritto su Facebook che "ci sono giorni che anche a Salvini vanno storti."

Tuttavia, nel caso di specie c’entra semplicemente il meccanismo di turnazione nel reggimento dei corazzieri. Ma l’argomentazione che si è fatta strada—principalmente sui social—è più o meno la seguente: per fare uno "sgarbo" a Salvini, Mattarella gli avrebbe fatto trovare davanti un carabiniere nero. Tra l’altro questa teoria si ricollega alla presunta opposizione che il presidente della Repubblica starebbe portando avanti contro il governo, in maniera più che altro simbolica e sotterranea.

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Insomma: mettere di fronte a Salvini un “corazziere nero” sicuramente lo mette all’angolo, o quanto meno lo imbarazza. Giusto, no? No: non potrebbe esserci nulla di più sbagliato.

Anzitutto, già il fatto che ci sia tutto questo stupore la dice lunga su quanta strada ancora ci sia da fare per sbarazzarsi di una lettura della realtà basata sul colore della pelle. E questo vale anche—e soprattutto—per chi è in buona fede.

Tra l’altro, non abbiamo idea di come la pensi il corazziere. Come giustamente ha fatto notare su Facebook la cantante e scrittrice Djarah Kan, in questo caso l’utilizzo a fini di contestazione non avviene “per la sua intelligenza o per il suo acume, ma per il fatto di essere nero e di non stare lì ad aspettare banane e aiuti umanitari.”

Allargando il discorso più in generale, Kan scrive: “Se non ci lasciate uscire dalle vostri piantagioni di cotone mentali, dove ‘shock’ è vedere un nero che sappia usare i congiuntivi meglio di Di Maio, sarà sempre un colpo apoplettico, un calo di pressione, un rischio per la salute.”

E qui arriviamo a un altro equivoco che mi sembra insito in un certo antisalvinismo: non voler capire che il razzismo della Lega e di Salvini non è dettato da ragioni biologiche, ma “culturali” o “differenzialiste." Questo offre loro una facile via d'uscita, visto che per deflettere le accuse basta eleggere senatori neri (come Toni Iwobi), o limitarsi a separare i "buoni immigrati" dai "cattivi immigrati"—un atteggiamento che, alla fine, porta solo a politiche escludenti ben incarnate nell'orrido decreto sicurezza.

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Elevare il “corazziere nero” a una specie di meme antisalviniano, dunque, non solo non serve a nulla; è pure dannoso. Perché alla fine fa ricadere nelle “favole” o nell’“eccezionalità” determinate scelte di vita, che in realtà sono assolutamente normali. Diventano “eccezionali” solo per il colore delle pelle dei soggetti, appunto.

Inoltre, è pure suicida a livello politico: perché si resta impantanati nel terreno delineato dalla propaganda leghista. Per capirci, Salvini potrebbe tranquillamente farsi un selfie con il corazziere nero e dire: “Ecco, vedete, non sono razzista! È la sinistra a essere razzista!”

Ma del resto, è già successo un sacco di volte. E finché continueremo a stupirci di queste cose nel 2019, succederà ancora.

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