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10 domande a...

10 domande che hai sempre voluto fare a un'infermiera

Se devi andare in ospedale vai in quello in cui lavori?

Nel corso degli anni le serie tv ci hanno abituato molto bene al concetto di un certo tipo di ospedale, lasciandoci in eredità battute sul Lupus e convinzioni più o meno salde sul funzionamento di un pronto soccorso di Chicago dopo le 2 di notte.

E di tutti i personaggi che compaiono all'interno di queste serie, i più "sottovalutati" sono a volte proprio gli infermieri. Che, nella pratica quotidiana, si trovano sempre nel mezzo delle dinamiche ospedaliere. Nel peggiore dei casi sono intermediari tra medici autocratici e pazienti stronzi. E idealmente? "Sto bene quando la gente capisce che sono qualcosa in più che una che lava il sedere ai pazienti," mi dice Jana, un'infermiera 22enne che lavora da un anno e mezzo in un ospedale della Bassa Sassonia.

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Jana dice che non ha mai tempo a sufficienza per i suoi pazienti, soprattutto per gli anziani e le persone sole con le quali vorrebbe avere la possibilità di parlare. Ma quando hai minimo altri 20 pazienti che ti aspettano, ogni tua singola azione deve essere tanto studiata al secondo quanto rispettosa ed efficace.

Le abbiamo chiesto di rispondere a un po' domande che forse vi siete fatti anche voi mentre stavate aspettando, con la vostra appendice infiammata, che entrasse l'infermiara—quella simpatica.

VICE: Quanto spesso ti capita di fare cose che spetterebbero a un medico?
Jana: Ogni giorno: prelevare il sangue, togliere cateteri venosi… Gran parte delle volte, i medici delegano e mi scoccia un po' quando si scordano che sono mansioni loro. Sono esempi della forte gerarchia che c'è dentro agli ospedali. A un sacco di dottori piace molto far sentire questa cosa del "io dottore, tu infermiera".

Mi è anche capitato di essere chiamata con appellativi poco professionali.

Unghie dei piedi non curate e ferite purulenti: cosa ti crea maggior disgusto quando hai a che fare con un paziente?
Ci sono due cose in cui mi devo superare ogni volta: il lavaggio dei genitali e la pulizia delle unghie. Essere un'infermiera non significa avere lo stomaco di ferro. Per lavare bene il pene, per esempio, è necessario tirare un po' giù il prepuzio—una cosa che non è sempre facile, dato che ci sono pazienti che non se lo lavano con cura da settimane. Si accumula un bel po' di roba che a volte ha un odore così forte da farti venire i conati. E lo stesso vale per le unghie: non so mai cosa sia quel nero. Per persone con determinati disturbi spesso si tratta di feci, perché ci giochicchiano. Una mia collega una volta ha vomitato in un cestino, ma a me non è mai successo.

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Succede che qualche uomo abbia un'erezione mentre lo pulisci? 
Certo che succede. Voglio dire, è quasi un riflesso. Ma questo non lo trovo grave, anzi, riesco a lavarlo meglio così. Da poco è successa una cosa insolita: sono entrata in stanza per portare il cibo e un paziente si stava toccando e ha continuato a farlo anche mentre ero lì. C'è da dire che non era pienamente cosciente, come succede spesso in ospedale. Come i pazienti che iniziano a emettere gemiti. In quei casi, rimango sempre un po' perplessa, ma è una questione di rispetto. E poi ci sono quelli che sono in grado di pulirsi ma che vogliono che lo faccia io perché lo so "fare meglio"—ecco, quello è davvero sgradevole.

E quante volte ti è capitato di dover giocare all'infermiera sexy a casa con un uomo?
Non ho mai avuto uomini che hanno reagito negativamente al mio lavoro. Ovvio che poi ogni tanto arrivano quelle battutine stupide sui dottori o la richiesta di consigli su un dolore tra le gambe che solo io potrei alleviare. Dai, sul serio? Questo tipo di uomini non li considero nemmeno. Quindi no, niente giochi da infermiera.

Se devi andare in ospedale vai in quello dove lavori? 
Assolutamente no! Non ho alcun desiderio a farmi curare da persone che mi conoscono—soprattutto perché so come ci si lamenta spesso di alcuni pazienti. A volte, e lo dico mio malgrado, possono partire commenti o osservazioni stupide.

Cose come "guarda quel coso minuscolo", per esempio?
Sì, succede anche questo e non solo in sala operatoria ma anche nelle stanze dove, appena si chiude la porta, partono le battutine. È chiaro come questo non sia corretto ma allo stesso tempo capisco la necessità di dover scherzare per sopravvivere al lavoro. Nelle persone dementi è sottinteso che non è corretto, ma a volte è involontariamente buffo—come quando un tipo ti racconta tutto eccitato che sta per perdere il pullman. Ma questo non è il punto: quello che a me dà estremamente fastidio sono le persone senza alcun tipo di rispetto. Non chiedere mai a una persona demente se si è "cagato addosso di nuovo". Penso che ogni persona abbia il diritto di essere trattata come uomo e di morire come tale.

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Quante volte hai assistito alla morte di un paziente? 
Direttamente, sei volte. L'esperienza più traumatizzante è stata la mia prima paziente morente: sono entrata nella stanza e ho notato che aveva difficoltà respiratorie. Stava per soffocarsi. A quel punto ha ricevuto della morfina che rilassa e rende più facile la respirazione, ma era troppo tardi. Non riuscirò mai a scordare quel suono gorgogliante.

Non riesco a dire di essermi abituata alla morte, posso solo dire di saperci convivere—visto che sono costretta a farlo ogni settimana come quando arrivi alla mattina e vieni informato che il paziente x è morto o è stato spostato all'ospizio.

Hai mai rubato qualche medicinale? 
No. E in generale sarebbe comunque molto difficile. Nella stanza in cui si custodiscono i medicinali non si è quasi mai soli, la stanza è sempre aperta e accessibile a tutti—e i medicinali potenti sono chiusi in modo sicuro. È completamente impossibile rubare le cose che possono sballarti come oppiacei e morfina, per esempio. Solo un infermiere ha la chiave per l'armadio e se poi si prende qualcosa in loro presenza, si ha l'obbligo di registrare tutto.

Ti lavi le mani prima di ogni nuovo paziente?
Ci sono ovunque delle norme igieniche da rispettare, ma la teoria spesso non si adatta alla pratica e la pressione dettata dal tempo spesso non fa eseguire in modo corretto le procedure. Ciò può diventare problematico quando non si ha il tempo, per esempio, di pulire le ferite correttamente o attendere il tempo di reazione del disinfettante. Lì mi prendo il tempo per farlo anche se non ne ho.

Quante volte dei pazienti si sono innamorati di te? 
Penso che per innamorarsi di una persona ci voglia qualcosa in più. Detto ciò, ci sono stati alcuni pazienti che ci hanno provato con me e mi hanno lasciato il loro numero di telefono. Ma chissà: forse lo hanno già fatto con altre infermiere o lo hanno fatto per noia—che in ospedale non manca mai. E comunque non ho mai avuto nessuna relazione con un paziente.