Siamo nel parcheggio di Assago, sotto al palco del Milano Latin Festival, giovedì 20 giugno, insieme a tante, tantissime altre persone. Mentre ci spingiamo più avanti possibile, mi osservo attorno. I fan de El Cangri, El Rey del reggaeton aka Daddy Yankee radunati per la tappa milanese del suo Con Calma tour, sono per metà latini e per metà italiani, con un’età media leggermente più alta di quanto mi aspettassi. A giudicare dalle bandiere, gran parte dei presenti erano prime e seconde generazioni peruviane, ecuadoriane, cilene, salvadoreñe.
Due anni fa la sua ultima apparizione in città, in occasione del Milano Summer Festival, all’Ippodromo di San Siro. L’eredità di “Despacito” la si respira proprio da quel 2017, e nel 2019 si manifesta sotto più forme: il reggaeton oggi ha un’audience decisamente più variegata, e la musica urbana latina è ormai in vetta a gran parte delle classifiche internazionali. Non è mistero di come Daddy Yankee abbia contribuito a popolarizzare il genere nel mondo sin dalla sua vera nascita, fuori e dentro la comunità latina. Una rapida contestualizzazione storica può aiutare a capire perché.
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Il reggaeton è un genere musicale afrocaraibico che ha avuto origine a Porto Rico, a inizio anni ‘90, come risultato dell’espansione ed evoluzione del reggae en español panameño. Quest’ultimo, sviluppatosi a Panama negli anni ‘70, già nei ‘90 era ben diffuso nei Caraibi, e andava ibridando elementi ritmici giamaicani con l’hip-hop statunitense. Tra i promotori di queste contaminazioni si ricordano DJ Negro e DJ Playero, che tra il 1992 e il 1993, a Porto Rico, hanno giocato un ruolo chiave nella diffusione e popolarizzazione di quel primo reggaeton.
In particolare DJ Playero, tra i DJ pionieri del genere, ha letteralmente lanciato la carriera musicale di un giovanissimo Daddy Yankee, nella sua serie di mix Playero 34-37 (1990-1992). A partire da questa collaborazione, i due sono arrivati alla realizzazione del primo album dell’MC portoricano, all’epoca diciottenne, No Mercy (1995). La musica di Yankee, da allora, ha scandito e fatto la storia del reggaeton per come lo conosciamo oggi. Dopo l’iconico album Barrio Fino (2004), con il suo estratto più memorabile “Gasolina”, Yankee ha saputo mantenere una costanza ineccepibile all’interno della scena, sfornando ciclicamente hit su hit, che hanno dato consistenza, coesione e rappresentazione ai latinx nel mondo. Quella sera, al Milano Latin Festival, l’energia che circolava nell’aria era questa.
Sono le 22 passate, migliaia di telefoni sono puntati verso il palco da minuti. Sul maxischermo appare un breve video commemorativo dei 15 anni di Barrio Fino, salgono sul palco i ballerini, e infine Yankee, che saluta il suo pubblico con grande affetto. “Que comience el fue-go!” attacca energico, mentre parte “Con Calma”. Alla sua più grande hit di questo 2019, seguono una serie di classici degli anni zero, quali “Rompe”, “King Daddy”, “Lo que pasó, pasó”, “Mayor Que Yo”. “Grazie familia!”, rivolge più volte ai fan, riconoscente del loro supporto sin da allora.
Yankee dà prova di grande prestanza sul palco, confermandosi uno dei più grandi performer, MC, e artisti urbani latini di ogni tempo. Questa eccellenza emerge nelle continue menzioni ai paesi di origine del pubblico, che fanno sentire rappresentate le rispettive comunità, e nell’impeccabile freestyling, che vede come suo apice il momento in cui si ferma a ricordare i suoi esordi, negli anni ‘90, quando ancora era un ragazzino del barrio. Lo fa alternando parlato e freestyle, con l’aiuto di un ospite d’eccezione.
È proprio il leggendario DJ Playero, infatti, ad apparire di fianco a DY, e a ripercorrere con lui la storia del loro incontro. “Vado a bussare alla sua porta, mi apre,” comincia Yankee, abbracciato a Playero. “Gli dico che voglio cantare. Tu cosa mi rispondi?” “Canta!”, continua Playero. “Allora vado con, ‘Yo nunca me quedo alla atrás / Yo nunca me quedo alla atrás…”, riprendendo il suo celebre verso in Playero 37. Di gran lunga uno dei momenti più intensi ed emozionanti della serata.
Le immancabili “Gasolina” e “Despacito” non tardano ad arrivare, ma anche altri classici più veloci quali “Azukita”, “Limbo” ed “Lovumba”. Daddy Yankee il 20 giugno ha dimostrato che il reggaeton è molto più che un trend musicale: di fatto è cultura, barrio e comunità. “Milano!” rivolge al pubblico, dopo un’ora e mezza di concerto e due bis, “Grazie a tutti i miei latini che sono qui stasera, ma anche ai miei fratelli nati e cresciuti in Italia. Fuego, sempre.”
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