È iniziato tutto con un filmato proiettato in classe. Benjamin Grant era uno di quei bambini ossessionati dallo spazio e dal posto occupato dall’uomo nell’universo, e all’epoca a scuola andava forte Powers of Ten,. “Comincia con un tale in un parco, e man mano l’inquadratura si allarga e si alza fino a che non ti ritrovi nello spazio. E poi giù di nuovo, fino alle cellule. Ciononostante penso che nella nostra cultura manchi questa percezione dello spazio; e quando c’è, è una cosa un po’ da nerd e lontana dalla vita di tuti i giorni.”
Overview: A New Perspective nasce proprio dall’idea di riavvicinarci a questa idea: il libro prende il nome dall’”overview effect”, espressione coniata negli anni Ottanta dall’astronauta Frank White per descrivere il modo in cui cambia la tua percezione del mondo e della vita quando ti ritrovi nello spazio e la terra non è altro che un pallino azzurro. È un po’ quella sensazione che ti prende quando guardi Earthrise, scattata nel 1968 dall’astronauta William Anders: e quindi quel cosino insignificante siamo noi?!
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“Stando ai dati ufficiali sono 552 le persone che sono state nello spazio. Portare questa prospettiva a una fetta molto più ampia di popolazione ha il suo perché,” spiega Grant. Le foto contenute nel suo libro sono state scattate da quattro satelliti di proprietà della DigitalGlobe, e al loro interno non c’è traccia di esseri umani. Il segno lasciato dall’uomo invece è estremamente evidente, e l’obiettivo è “farsi un’idea del mondo così come è stato plasmato dall’uomo, senza necessariamente dire se è una cosa buona o cattiva.”
Di pari passo col libro, le immagini vengono pubblicate di frequente anche sull’account Instagram Daily Overview. Grant è entrato in contatto con l’azienda proprietaria degli scatti, la DigitalGlobe, dopo aver cercato su Google i responsabili della maggior parte delle immagini contenute su Apple Maps o Google Earth. La DigitalGlobe è nel campo della fotografia satellitare da 15 anni, e dopo averli convinti che non avesse scopi illeciti Grant è riuscito a ottenere il permesso di usare le immagini per il suo progetto.
“Non credo che avessero mai pensato di fare una cosa del genere,” spiega Grant. “Penso proprio che il loro cliente numero uno sia il governo americano, quindi quando li ho contattati hanno voluto sapere chi fossi. Hanno fatto tutti i controlli del caso.”
Il soggetto delle foto è variabile, e va da un vulcano in eruzione su un’isola giapponese ai segni lasciati dai sistemi di irrigazione. Ma non è tutto così semplice: “A volte la scala a cui sono scattate le immagini è tale per cui non la afferri, e anche ragionare in termini di numeri non ti porta a capire davvero cos’hai di fronte. Per questo motivo, molte immagini sono composte così da contenere elementi riconoscibili, che si tratti di una macchina o di un campo sportivo. Vedendoli puoi dire, ‘Ok, sì, so quanto è grande uno di quelli’ e fare i tuoi conti.”