La sera del 24 febbraio 2016 la trasmissione di Paolo Del Debbio Dalla vostra parte si occupa, come accade spesso, di sicurezza. Il tema della puntata è il seguente: “Ladri all’assalto, dobbiamo sparare?”
Il primo collegamento è da Parma, dentro il negozio “Spazio verde,” bersagliato da quattro rapine in appena tre anni. Il titolare Roberto Zanella, circondato da amici e sostenitori, confida all’inviato di non farcela più: “Non è una situazione vivibile, più di una volta ho passato la notte qui, nella brandina. Sto pensando di aprire un’altra attività, ma non è facile ripartire a 58 anni. Non lo so, chiederò ai politici.”
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A catturare l’attenzione, tuttavia, sono le magliette nere indossate dallo stesso titolare e da una persona al suo fianco: in esse campeggia la scritta “Defend Parma” e un kalashnikov stilizzato. La cosa non sfugge alla stampa locale, e nemmeno a chi aveva preso parte alla diretta.
Luigi Alfieri, fondatore del comitato anti-degrado “Parma non ha paura,” scrive sul proprio profilo Facebook che “sul presunto set c’erano una decina di persone con dei mitra disegnati sulle magliette nere. […] Con gente che ha il mito del Kalashnikov non mi mescolo. Non è il mio ambiente.”
In realtà, quella maglietta non nasconde chissà quale intento bellicoso; è stata realizzata da “alcuni amici amici di Roberto per raccogliere un po’ di fondi e aiutarlo” e “l’immagine è certamente forte (un ak 47) ma il senso è: difendere ciò che ami.”
L’ispirazione, come riconoscono gli stessi autori della t-shirt, è molto chiara: il brand di moda “Defend Paris.” Nato nell’aprile del 2013 da un’idea di tre francesi, che a loro volta erano stati influenzati da “Defend Brooklyn,” il marchio ha avuto un’evoluzione abbastanza singolare.
La sua attrattiva, spiega una ricostruzione apparsa in un sito francese, deriva dal fatto che “Defend Paris” si pone come un qualcosa che “difende una causa” attraverso “l’accumulazione di antitesi”: “essere aggressivi ma fare beneficienza; essere violenti ma aiutare gli altri; sparare con un kalashnikov con Chopin in sottofondo.”
Inizialmente, le magliette non sono in commercio; ciò nonostante, il brand desta curiosità e gira parecchio sui social network. Uno dei tre creatori di “Defend Paris” regala dei capi d’abbigliamento a Brahim Zaibat, che all’epoca era il compagno di Madonna. La stessa cantante regala notorietà mondiale al marchio indossandolo a New York, nel maggio del 2013, e lanciando la sua variazione sul tema (“Defend Human Rights”).
È a quel punto che il marchio esplode e arriva a celebrità come Rihanna, Zachary Quinto, Chris Brown, Jack Nicholson, Steve Aoki, Akon e molti altri. Anche alcuni rapper francesi promuovono “Defend Paris.” Sospinto da un lato dalla pubblicità garantita dallo star-system, e dall’altro dalla percepita attitudine street, il marchio è pronto per essere capitalizzato. E così, nel giugno dello stesso anno, le magliette sono messe in vendita sul sito ufficiale e approdano nei negozi di tutto il mondo.
Nei due anni successivi “Defend Paris” si consolida e prosegue la sua irrestitible ascesa. Le cose, però, sembrano cambiare con gli attentati a Charlie Hebdo e quelli a Parigi del novembre 2015. L’impatto sul marchio è inevitabile, e diretto. Il negozio parigino Citadium, ad esempio, ritira le magliette perché dei clienti avevano trovato “inopportuno” l’esposizione di capi d’abbigliamento con un kalashikov.
Uno dei creatori, George Praxis, spiega in un’intervista del maggio 2015 che l’intento originario non è quello di fare l’apologia delle armi da fuoco; ma è piuttosto quello di fondere dei “codici contemporanei” – come lo è il kalashnikov, e quindi la violenza, in certe banlieue francesi – con la moda, per porre l’attenzione sul “problema della coesistenza” e raggiungere quante più persone possibili.
Ma non tutti interpretano il messaggio in questa maniera. La formula “Defend + Logo di un AK-47 + Nome di città o continente” è velocemente adottata dai circuiti della destra europea più o meno estrema, che non si fa troppi problemi a usarla per fini commerciali o propagandistici.
L’Italia, ovviamente, non fa eccezione. Le magliette “Defend Parma,” infatti, sono solamente una versione di uno slogan declinato nei modi più disparati. A Verona, il marchio-negozio “Black Brain” – che vende capi d’abbigliamento e accessori “alternativi” rivolti al mondo ultras veronese, quello del neofascismo e quello bonehead – propone diverse varianti. C’è, ad esempio, “Defend Europe” con il classico kalashnikov;
O quella con il Totenkopf, il simbolo-emblema delle SS (Schutz-staffeln) naziste.
Non può mancare lo slogan “Defend Verona,” impresso su una maglietta con i colori della città.
Spostandosi a Lamezia Terme, invece, ci si può imbattere nello “spazio non conforme” Fronte dell’essere – che si descrive come “l’avamposto della comunità militante calabrese” e prende il nome da una canzone degli ZetaZeroAlfa – dove alla modica cifra di 15 euro si può acquistare la maglietta “Defend Italia.”
Quella stessa t-shirt è stata indossata più volte da Irina Osipova, la fondatrice dell’associazione “RIM – Giovani italo-russi” vicina alla Lega Nord salviniana e candidata alle ultime amministrative di Roma con Fratelli d’Italia. Nella foto qui sotto è ritratta insieme ad Andrea Palmeri, l’ex leader dei Bulldog – un gruppo ultras lucchese di estrema destra – che da tempo è a combattere in Donbass con i separatisti filo-russi.
Passando a Instagram, l’hashtag #defendroma – usato dai “fascisti del terzo millennio” anche nel corso dell’ultima campagna elettorale nella Capitale – è pieno di t-shirt e felpe con l’omonimo slogan.
La maglietta “Defend Roma” compare su Badabing, un Tumblr che orbita nella galassia “controculturale” di CasaPound; ed è presente anche in un video della band romana Blind Justice, che nel 2015 ha suonato la sua “musica non conforme” alla “Tana delle tigri” (uno dei raduni annuali di CPI).
Non è finita qui. In un video di propaganda – sempre inerente alle amministrative di Roma – a un certo punto spunta fuori la maglietta “Defend Damasco,” indossata da un militante che cammina di fianco al vicepresidente di CPI Simone Di Stefano. Documentandosi un attimo su quello slogan si arriva in fretta al sito e alla pagina Facebook del “Fronte europeo per la Siria.” Nonostante il nome vagamente neutro, si tratta di un’associazione composta da vari gruppi di estrema destra – tra cui, ovviamente, CasaPound – che sostiene attivamente il presidente siriano Bashar al-Asad e rilancia la propaganda del regime su diversi canali.
Per quanto il tutto possa sembrare altamente bizzarro, non è un caso che CasaPound abbia sfruttato più di ogni altro in Italia un brand nato con premesse totalmente diverse.
Da sempre CasaPound punta a fare propri riferimenti culturali e iconografici che sono lontani anni luce dalla sua ideologia di riferimento. In questo senso, un marchio con le caratteristiche di “Defend” è semplicemente perfetto – è cool, è glamour, ma è anche sufficientemente ambiguo per essere detournato e inglobato nella propria iconografia.
Insomma: è uno strumento ideale per portare avanti quell’operazione comunicativa e propagandistica con cui CasaPound – per usare le parole di Alessandro Lolli – cerca continuamente di “sciacquare fez e manganello nelle acque dell’hipsteria anni 2000.”
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