Nell’agosto del 2020, dopo aver passato otto mesi lontana dalla famiglia, Nora ha preso un aereo per tornare a casa. Ad attenderla c’era uno dei viaggi più strazianti della sua vita. Nora si è trovata costretta a contrarre il bacino e concentrarsi sul respiro, mentre il suo corpo provava un orgasmo dopo l’altro—circa uno ogni cinque minuti—per tutta la durata del viaggio, oltre sei ore. Ogni mezz’ora circa, era persino costretta ad andare in bagno per reggere gli orgasmi più intensi.
“Era piuttosto doloroso sia cercare di fermarli che tentare di restare ferma e non attirare l’attenzione delle altre persone,” racconta Nora, una studentessa dell’Università di Dalhousie che ha chiesto di non utilizzare il suo vero nome per ragioni di privacy.
Videos by VICE
Quando è arrivata nella casa di famiglia, dove vivono ancora suo padre, la sua matrigna, le sorelle acquisite e altre due sorelle, ha dovuto passare la prima settimana quasi sempre da sola in camera, mentre gli orgasmi continuavano. “Non è stato semplice. Non ci vedevamo da molto tempo e volevamo passare del tempo insieme, ma non mi sentivo a mio agio,” spiega.
Nonostante gli orgasmi, Nora non era eccitata. Al contrario, ha una patologia poco conosciuta e chiamata Disturbo dell’eccitazione genitale persistente, che causa orgasmi spontanei, formicolio e fremiti nei genitali (e anche nel seno), nonché la sensazione di essere in un perenne stato di lubrificazione, stimolazione e persino in lattazione. Tutti sintomi che spessissimo non coincidono con alcun desiderio sessuale, per una condizione di cui non si conoscono le cause o le cure.
Caroline Pukall, psicologa clinica che lavora sulla salute sessuale e le disfunzioni presso la Queen’s University, sostiene che nonostante questa condizione sia poco conosciuta, colpisce l’1 percento della popolazione. Pukall conferma che è una patologia difficile da individuare e che spesso viene confusa con l’ipersessualità; non di rado, si procede per esclusione. I sintomi possono presentarsi in continuazione o soltanto durante episodi di riacutizzazione, stimolati da cose quali vibrazioni (anche soltanto di un’automobile) o immagini sessuali. La ricercatrice racconta che un terzo di chi riferisce di avere questa condizione fa esperienza di orgasmi spontanei, e la metà descrive i sintomi come dolorosi.
“Non li chiamo neanche più orgasmi,” precisa Pukall. “Si tratta in pratica di spasmi. Non sono piacevoli, ma stressanti e fastidiosi.” È una condizione che può risultare invalidante e spesso il personale medico che se ne occupa non pone le giuste domande, causando così una dose ulteriore di frustrazione e sofferenza. “Possono persino dirti che sei una persona fortunata,” considera Pukall. In realtà, le persone che hanno questa condizione hanno un tasso più alto di depressione e ansia, nonché propositi suicidari, proprio perché sentono di non avere alcuna speranza e che non esistono cure efficaci.
La vita di Nora è cambiata drasticamente. Alle volte passano settimane intere, o mesi, prima di avere un episodio di riacutizzazione. Tuttavia, in quei momenti può arrivare a provare orgasmi ogni due minuti, che si traducono in centinaia al giorno. Nonostante non sia mai stata incinta, poi, le capita di produrre latte. “Non riesco a cucinare, lavorare o avere una conversazione. Mi isola molto,” confessa. La masturbazione inoltre non dà sollievo a lungo e può perfino peggiorare la situazione.
Lo scorso semestre ha dovuto abbandonare i suoi corsi a metà, perché non riusciva a proseguire gli studi. Suo padre l’ha presa come “una forma di pigrizia, invece di capire pienamente cosa significa vivere con questa condizione.” Nora ha deciso che non è realistico pensare che lavorerà come revisore dei conti o perito contabile, e per questa ragione sta considerando una carriera alternativa. Anche avere a che fare con il servizio sanitario, racconta, si sta rivelando frustrante. Ha fatto diverse volte gli esami del sangue e visto sei diversi dottori, due dei quali non hanno creduto ai suoi sintomi. Con suo sommo dispiacere, una recente risonanza magnetica non ha poi mostrato niente di anormale—sia lei che il dottore speravano di trovare qualcosa legato al cervello o alla spina dorsale.
“Speravo di trovare qualcosa da operare e tagliare via, per poter tornare alla mia vita,” ammette. Il suo terapeuta inoltre le ha detto che non vuole più lavorare con lei, perché si trova a disagio a parlare della sua condizione. “Ha aggiunto un ulteriore elemento del tipo ‘Dovresti vergognartene ed evitare di parlarne,’” sottolinea Nora. “Il suo comportamento ha reso il problema ancora più acuto, portandolo sul piano del sessuale e dell’oscenità.”
Il consiglio della dottoressa Anne Louise Oaklander è invece chiaro, semplice e diretto: bisogna recarsi da un neurologo. Oaklander lavora in questo campo presso il Massachusetts General Hospital e ha redatto uno studio incentrato sull’esperienza di dieci donne con questa condizione medica. Pubblicato a gennaio del 2020, ha rivelato che la condizione può essere causata dal cattivo funzionamento dei nervi che trasportano queste sensazioni dai genitali, oppure da danni nel midollo spinale.
“Né i pazienti né i dottori pensano alla neurologia. Ma spero davvero di poter sensibilizzare a questo riguardo,” ha sottolineato Oaklander a VICE. Aggiungendo poi che i pazienti dovrebbero stampare la sua ricerca e portarla dai propri medici. “Davanti a uno studio obiettivo pubblicato su una prestigiosa rivista scientifica, non possono avere a che ridire.”
Tra le dieci donne comprese nello studio, comprese in una fascia d’età tra gli 11 e i 70 anni, la causa più comune riscontrata è relativa ai danni o problemi alle estremità dei nervi, osserva Oaklander. Ad esempio, una donna aveva questo disturbo a causa della sospensione di un farmaco, un fatto che anche Pukall aveva notato essere un potenziale catalizzatore dei sintomi—in particolare per l’interruzione degli Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, o SSRI.
Secondo Oaklander, una volta che il neurologo è in grado di stabilire la causa, i dottori possono intervenire per provare a risolvere il problema, magari con medicinali o altri interventi medici. Ma anche quando non ci sono cure immediate, poter sentire un dottore pronunciarsi sulla causa del problema “è così tanto d’aiuto che molte persone piangono di sollievo.”
Daniella, 29 anni, che vive in Indiana e non vuole rivelare il suo cognome per questioni di privacy, ha recentemente iniziato una cura. Madre di due figli, non ha orgasmi spontanei—ma i suoi genitali passano attraverso periodi prolungati di eccitazione dai quali non ha modo di trovare pace e conforto, anche dopo essersi masturbata. “Immagina di dover starnutire, per tutto il giorno, e di non poterlo fare,” spiega.
Daniela ha sia depressione che ansia, ma crede che l’utilizzo degli SSRI abbiano aggravato i suoi sintomi da Disturbo dell’eccitazione genitale persistente. A suo dire, il problema si è presentato sin dai tempi delle superiori, ma, crescendo in una comunità cristiana anabattista, le è stato insegnato che “l’unica brava donna è quella virginale e felice che si prende cura della sua famiglia.” Motivo per il quale si è vergognata a lungo della sua sessualità.
Tuttavia “ragionarne nei termini di una specifica condizione medica mi ha davvero aiutata,” sostiene. Negli ultimi mesi ha incontrato diversi specialisti, incluso uno in Michigan che sta fornendole sei iniezioni di steroidi e lidocaina, un anestetico. In più, sta seguendo una terapia per diminuire la tensione nel suo pavimento pelvico. Racconta di aver già notato diversi miglioramenti e una riduzione del dolore. Tuttavia, ancora oggi non conosce la causa ultima della sua condizione e non sa dire se le iniezioni siano davvero d’aiuto.
Sia Daniella che Nora hanno trovato consolazione nei gruppi Facebook dedicati, dove la gente discute i propri sintomi e le diverse opzioni di cura, facendo inoltre girare i nomi dei dottori già informati a riguardo. Nora sottolinea di aver costruito una buona rete di sostegno e aiuti tra i suoi amici e che la sua salute mentale sta migliorando.
“Ho superato la rabbia di sapere che dovrò conviverci per il resto della vita e punto semplicemente a gestire e affrontare la situazione,” racconta, aggiungendo che la meditazione la aiuta a rimanere calma. Daniella ha cominciato a parlare di più del suo problema con il marito: ritiene sia una questione centrale, avere il supporto del proprio partner. “Stiamo facendo progressi. Un paio di settimane fa mi ha praticato sesso orale per la prima volta,” dice, sottolineando che entrambi stanno sperimentando ora con il sesso, visto che sono cresciuti in ambienti piuttosto rigidi e severi.
Recentemente ha comunicato al marito che deve chiederle più spesso come si sente e come sta affrontando il tutto. “Gli ho detto tutto quello che mi passava per la testa, comprese cose che prima non avevo mai confidato. Si è trattata di una cosa buona per entrambi, soprattutto il fatto di potermi fidare e di non sentirmi giudicata.”
Segui Manisha Krishnan su Twitter.