A Venezia le serate sono quasi sempre itineranti. Si va da un’osteria all’altra: bevi un’ ombra (un bicchiere di vino), mangi un cicheto (crostino, polpetta, tramezzino o simile) e poi passi alla prossima osteria. Di solito non ci si siede, si sta al bancone o in calle. E via così, tutta la sera. Si chiama “giro di ombre”.
Ho diviso l’itinerario in due tranche. Se sei un bevitore medio, dividile in due giorni. Se sei molto resistente oppure veneto puoi tentare in un giorno solo.
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Quando ho vissuto a Venezia ne ho fatti parecchi, ma non ne ho un gran ricordo. Primo perché si beveva a caso, col concetto di ombra esteso a qualsiasi liquido alcolico misto a colorante l’oste fosse disposto a servirci. E poi perché a un certo punto – da unica non veneziana – chiedevo: ok, quando si va a cena?
A cena non si andava mai.
Come rivincita verso la mia ingenuità di allora, ho deciso di collaudare il giro di ombre perfetto, cioè quello in cui si beve bene e poi volendo si va anche a cena. Quindi alla fine consiglio anche un po’ di ristoranti.
Attenzione, questo giro è indicato per:
- i nerd di vini naturali;
- chi non li ha mai bevuti ma è curioso di farlo;
- ma sì, anche chi vuole bere e mangiare bene, evitando le trappole turistiche.
Un dato di contesto: bere vino naturale a Venezia è molto facile e anzi, come a rivendicare l’identità di città d’acqua dove le cose arrivano prima che altrove, è stata la prima in Italia ad accogliere e rilanciare il movimento del vino naturale; e oggi vi si trova la più alta densità di locali dedicati (in proporzione alla città). Come mi ha spiegato Roberto Terpin, distributore di vini e autore per Pietre Colorate, questo è successo per una serie di fortunate circostanze:
(1) la vicinanza con territori (Carso, Collio) dove i metodi naturali sono da sempre molto diffusi, specie tra i produttori più prestigiosi; (2) l’abitudine a bere dei veneziani, per cui l’alcol è una realtà socialmente rilevante; (3) l’iniziativa di alcuni osti curiosi e capaci, che già trent’anni fa hanno capito il valore del vino naturale, prima che si chiamasse così, e ci hanno riempito le carte dei loro ristoranti. Due su tutti: Mauro Lorenzon (La Mascareta ) e Cesare Benelli ( Al Covo); (4) la natura del turismo a Venezia negli anni Ottanta, di nicchia e con grande disponibilità economica, che dava agli osti la possibilità di proporre delle eccellenze territoriali.
Eh sì, persino l’odiato turismo ha un ruolo in tutto questo. E ce l’ha ancora, perché tutti i locali che citerò possono contare su una clientela almeno in parte turistica. Però si tratta comunque di turisti “attenti” che fanno un minimo di ricerca su dove mangiare, e che oggi rappresentano un granello di sabbia nel mare di persone che occupano fisicamente Venezia, scelgono i ristoranti in base alle foto dei menù oppure optano per pizza al taglio e lattine.
Fine delle premesse, passiamo al gioco. D’ora in poi parleremo di te. Per comodità ho diviso l’itinerario in due tranche. Se sei un bevitore medio, suggerisco di dividerle in due giorni. Se sei molto resistente oppure veneto puoi tentare di comprimerle in un giorno solo. Cominciamo.
Primo giro di ombre
Si parte dalla stazione dei treni e si va verso Cannaregio (se Venezia è un pesce stiamo andando verso il dorso del pesce). Preparati allo slalom fra orde di turisti: si stimano 28 milioni di persone all’anno, nella piccola Venezia (54 mila abitanti).
Dalla stazione, dicevo, gira a sinistra, imbocca Strada Nuova e inizia lo slalom.
OSTERIA AL CICHETO
La prima tappa è in una piccola traversa di Strada Nuova, a cinque minuti dalla stazione. Iniziamo da qui perché è un’osteria familiare e a suo modo storica, aperta dall’86 e oggi gestita dai tre fratelli Salin.
Qui puoi “cicchettare” oppure fare un pasto vero e proprio, con piatti tradizionali veneti: bigoli in salsa, spaghetti al nero, fegato alla veneziana. Da bere potrai ordinare un bianco macerato di MOVE Mondragon Venezia, un progetto agricolo nel borgo di Tarzo (Treviso). Un blend di glera, malvasia e incrocio Manzoni, senza solforosa aggiunta. Oppure scegliere tra altre 150 etichette, circa la metà naturali, provenienti soprattutto da Veneto e Friuli. Sul vino potrai chiedere consiglio a Simone Salin, che giura: “conosco di persona l’80% dei produttori che ho in carta”. Così come conosce e collabora con l’associazione “Laguna nel bicchiere” che fa il vino da vigne recuperate nella Laguna di Venezia.
Osteria al Cicheto
Calle Della misericordia 367/a, Venezia
Rituffati nella calca di Strada Nuova, direzione: Ghetto. Piano piano vedrai che ci si allontana dall’odiosa accozzaglia di negozi nati solo per mungere le tasche di turisti sprovveduti e che però nel frattempo si sta mangiando l’anima della città.
Questa passeggiata ci fa passare, me e te, dal campo del Ghetto Nuovo, che è incantevole. Ma del resto Venezia è bella dappertutto, in quel modo in cui sanno essere belle Parigi o New York, e cioè che ti sembra di esserci già stato e di averci dentro dei ricordi, anche se non è vero niente.
Supera il ponte del ghetto e ci siamo, tappa numero due.
MEZZOPIENO
Un locale alla mano, cicheti semplici, prezzi contenuti. I vini sono un misto di naturali e convenzionali. Molto frequentato dagli autoctoni, soprattutto se ci vai in tarda mattinata ne incontrerai qualcuno che si fa un’ombra al banco, mentre affronta gli argomenti preferiti dei veneziani: lamentarsi dell’amministrazione, lamentarsi dei turisti. Li riconosci anche da come rispondono all’offerta di un bicchiere d’acqua: “gnianca in gaera” (neanche in galera). Ci viene anche qualche gondoliere in pausa a prendersi il caffè.
La scelta sui vini è più limitata che altrove, ma di buono c’è che puoi venirci anche col tuo amico che vuole bersi un bianchetto della casa a 3€.
Mezzopieno
Fondamenta Ormesini, 2832, Venezia
Riparti e prosegui lungo la Fondamenta degli Ormesini che poi diventa Fondamenta della Misericordia: hai il canale a destra, numerosi bar e ristoranti a sinistra ma li salti a piè pari fino alla prossima meta.
VINO VERO
Ecco una tappa obbligata a Venezia per i cultori di vini naturali. Vuoi una bollicina? Facciamo una garganega rifermentata di Volcanalia, dalla zona di Gambellara? Occhio che qui la cantina è ampia: “800 etichette, tutte naturali” ti direbbe Massimiliano Bartoli, uno dei proprietari. Vino Vero ha fatto anche alcune scelte di coerenza mica scontate, come per esempio non servire spritz e cercare di fare a meno del Prosecco. Due capisaldi veneti, ma poco compatibili con un locale di vino naturale tout court.
In compenso ti puoi divertire coi crostini: dal classico baccalà mantecato ad alternative più raffinate come mortadella e crema di pistacchio oppure blu di capra, noci e mostarda di fichi. Raccogli tutto e vai a sederti all’aperto, nei tavoli in fondamenta. Un veneziano probabilmente non lo farebbe e per questa ragione a volte (di rado) li trovi liberi. E goditi la luce, qui c’è una luce meravigliosa.
Vino Vero
Fondamenta De La Misericordia, Venezia
Bene, se come credo a questo punto avrai bisogno di smaltire, è il momento per una camminata. Direzione: giù verso la pancia del pesce. Ti sto portando vicino a San Marco, per cui aspettati un po’ di bolgia. A meno che non sia già notte e i turisti già stremati in albergo a farsi pediluvi.
BACARO RISORTO
Locale piccolo e spesso affollato, aperto fino a tardi. Gran parterre di cicheti tipici, compresi fritti vari. Oltre all’ampia scelta di vini naturali, trovi una selezione di birre artigianali. Prendi un bicchiere al bancone e mettiti in calle, mischiati alla fauna di avventori, socializza, hai bevuto abbastanza per attaccare bottone con qualche sconosciuto. La prima manche del giro di ombre finisce qui.
Bacaro Risorto
Campo S. Provolo, 4700, Venezia
Secondo giro di ombre
Il secondo giro è più concentrato e tocca tre bacari-enoteche che hanno aperto tra il 2014 e il 2015. Sono molto vicini tra loro, solo che anziché farsi concorrenza fanno squadra e sembrano nati apposta per essere tre tappe di una stessa serata.
Stavolta partiamo da Campo Santa Margherita, il campo più vivace di Venezia, pieno di bar che ignorerai, per spingerti verso la Chiesa di San Pantalon. Anzi entra in chiesa e alza gli occhi: quello che vedi è il più grande dipinto su tela mai realizzato. L’illusione prospettica ti farà dubitare dei confini tra pittorico e architettonico e giuro siamo ancora perfettamente sobri. Ok, esci, gira intorno alla chiesa e ci siamo.
ESTRO
Un locale spazioso per gli standard veneziani, puoi addirittura sederti. Prendi un cicheto per fare base, che ne so: tramezzino radicchio e porchetta. E siccome due turisti americani prima di te hanno ordinato un “rosso veneto” vorrai distinguerti e ordinerai un vino dell’Etna: un Susucaru di Frank Cornelissen, 2017. Ma avresti potuto pescare a caso da una cantina con un taglio internazionale: circa 700 etichette, tutte naturali, la metà estere, moltissime francesi.
Se scambierai due chiacchiere con Dario Spezzamonte, cioè uno dei due fratelli proprietari, ti spiegherà perché anche loro hanno scelto di non servire spritz: “perché dovrei assecondare un’operazione di marketing che vende come bevanda tradizionale locale un miscuglio industriale replicabile identico in tutto il mondo?”. Mentre finisci con gioia il tuo Susucaru, scorri il menù che Dario descrive come “cucina di mercato, contemporanea, con prodotti del territorio” e quindi dovrai ricordarti che qui si può venire anche a pranzo o cena. Ma ora invece proseguiamo.
Estro
Dorsoduro, 3778, Venezia
ADRIATICO MAR
Nome completo: Malvasia all’Adriatico Mar, perché “malvasie” erano le storiche botteghe veneziane che vendevano vini importati dal mare. Il locale nasce da un’idea precisa: esplorare le sfaccettature gastronomiche delle varie sponde dell’Adriatico.
Francesco Molinari, proprietario e oste, ti dirà che: “ci piace pensare l’Adriatico non come un mare che divide ma come un ponte che unisce i territori che vi si affacciano. Un Adriatico in senso ampio, dalle Dolomiti fino a Creta, con una complessa identità culturale da raccontare”.
Così entrando, capiterà di sentire una musica istriana, sfogliare un libro sulle barche di laguna, assaggiare i formaggi di un casaro di Forlì o una carne della Val di Non. Mi sembra giusto ordinare una malvasia, mettiamo quella di Klabjan, un vino di confine, tra nazioni e suoli diversi, fatto a 5 chilometri dal mare. Se vuoi, scegline un altro: sono tutti piccoli produttori (massimo 5-6 ettari) che Francesco ha conosciuto e visitato personalmente, in gran parte “adriatici” ma non solo. E accomodati nel piccolo molo esterno. Tra l’altro qui ci puoi arrivare anche via acqua, se hai un amico fico abbastanza da avere un barchino.
Adriatico Mar
Calle Crosera, 3771, Venezia
CANTINA ARNALDI
Ultima dose di ombra e cicheto: troverai un bel parterre di salumi, crostini, paninetti e frittini con cui accompagnare il tuo terzo bicchiere di vino. La carta dei vini è un misto di naturali e non. Qui lo spritz lo fanno e c’è anche il vino della casa a 2,5 €. Andrea Degnato, proprietario insieme a Katia Resenterra, te lo spiegherebbe così: “certo io preferisco i vini naturali, ma siamo un locale pubblico con una clientela varia e non posso imporre i miei gusti a tutti. Mi piace pensare che qui dentro possa entrare chiunque, non solo gli appassionati.”
Esiterai ma alla fine ti concederai una glera rifermentata in bottiglia col fondo, di Renzo Rebuli. O qualsiasi altro vino ti permetta di uscire dai tuoi schemi.
Cantina Arnaldi
Santa Croce 35, Venezia
Il giro di ombre finisce qui, ma sono sicura che a questo punto avrai molta fame.
Ristoranti a Venezia con vini naturali
Nella zona di Castello, c’è un caldissimo triangolo culinario composto da: Al Covo, Local e Covino.
Al Covo del già citato Cesare Benelli, ristorante familiare aperto dal 1987, con piatti tipici e stagionali, tutti ispirati alla tradizione lagunare.
Al Local trovi alta cucina che rivisita ricette venete in chiave a tratti nordica (il cuoco ha lavorato anche al Noma, però è di Burano e tra l’altro mi ha aiutato qualche mese fa con le moeche appena pescate).
Il Covino ha un taglio più informale e meno costoso dei primi due, ma anche qui troverai cucina veneta e vini buoni.
Non lontano da questo triangolo, trovi anche La Mascareta di Mauro Lorenzon, l’oste che trent’anni fa ha portato i vini naturali a Venezia, anche inventore del concetto di Enoiteche.
In alternativa: due ottimi ristoranti vicini ai giri di ombre appena collaudati. A Cannaregio, l’Anice Stellato: piatti regionali in versione contemporanea, ad esempio capesante giganti con crema di arachidi salate, grué di caco e limone candito.
Oppure vicino alla stazione c’è l’Osteria Trefanti: cucina di pesce con materie prime del territorio.
Ti lascio qui, a digerire. Con l’augurio che Venezia sappia ritagliarti la tua dose di meraviglia.
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