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La mia coinquilina ha 85 anni

Ho 20 anni, e da quando sono andato a vivere con Iside i miei amici pensano che sia condannato a una specie di servizio sociale costante. Ma in fondo, per ora è la coinquilina più interessante che abbia avuto.

In sottofondo, come ogni giorno, la quarta di Beethoven—la preferita di Iside. Sono passati tre mesi da quando mi sono trasferito a casa sua; io ho la mia stanza e il mio bagno (anche se Iside ogni tanto lo usa per farsi la doccia), condividiamo la cucina e un profondo amore per il salmone. "Tra poco vado al concerto. Perché non esci anche tu a prendere una boccata d'aria?" mi chiede. Le rispondo che ho del lavoro da sbrigare e le auguro una buona serata.

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Ho 20 anni e mi sono dovuto trasferire a Torino per motivi di lavoro, ma non avevo molti soldi e mi serviva una sistemazione economica. Sapevo che un cliente abituale dell'hotel in cui lavoravo prima di trasferirmi era di Torino e una sera gli sottoposi il problema. Mi disse che avrebbe sentito i suoi conoscenti per poi aggiornarmi. Pochi giorni dopo tornò da me dicendo che non dovevo più preoccuparmi. "La madre di una mia amica ha un'intera casa a Torino in cui vive da sola, puoi stare da lei." Lui aveva più o meno 50 anni, e non sembrava un tipo giovanile: il mio iniziale stato euforico si affievolì quando ragionai sul fatto che la sua fantomatica amica avrebbe avuto minimo 40 anni. "Ecco, solo che… La signora ha 85 anni," aggiunse.

Nonostante questo dettaglio mi sembrava comunque un'ottima opportunità—soprattutto perché in cambio di qualche piccolo favore non avrei dovuto pagare l'affitto—così pensai che non sarebbe mai potuta andare peggio di quando vivevo a Londra. Mi ci trasferii appena finito il liceo, in cerca di esperienze. Lì, il mio coinquilino era uno spacciatore e oltre a prostitute, strani ceffi che suonavano il campanello alle 5 di mattina, altri spacciatori e un tizio olandese che una sera mi ha minacciato perché era convinto gli avessi rubato le pasticche che aveva comprato dal mio coinquilino, la casa era diventata una sorta di squat dove tra vermi (non scherzo), puzza di stagnola bruciata e musica del cazzo passavo le mie notti in preda al panico e ai documentari della BBC su YouTube.

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Qui a Torino, la casa è dei primi del Novecento e si trova in un quartiere residenziale benestante. Iside era l'amministratrice delegata di un'azienda ed è vedova da una decina di anni.

Mi ricordo ancora dell'odore di arancia, cannella e miele nell'aria e di come avevo paura di insozzare la moquette beige con le scarpe quando ci sono entrato la prima volta. Dandomi del lei e sembrando una sorta di agente immobiliare, Iside mi aveva mostrato la mia camera, il bagno e la cucina.

Tutto era in un ordine inquietante, con padelle disposte secondo grandezza, posate d'argento, bicchieri di cristallo, quadri ovunque, mobili di un valore che non ero in grado di quantificare e tutto il resto. In sala c'era un grande divano a ferro di cavallo davanti a un camino, un'enorme libreria piena di vecchie stampe Einaudi, un tavolino di vetro su cui poggiavano delle bottiglie di whisky e scotch e una statua grande quanto me. È davanti a quella statua che ho preso coscienza del fatto che i mesi a venire sarebbero stati segnati da assurdità, invidia di classe—nel senso marxista del termine—e riluttanza. Mi sentivo come catapultato all'interno di un quadro (un arazzo) di un'epoca ormai lontana, pre-moderna, dalle tinte scure.

Con il passare dei giorni abbiamo iniziato a prendere un po' più di confidenza, Iside ha smesso di darmi del lei e io mi sentivo a poco a poco meno in imbarazzo. Ceniamo spesso insieme, su un lungo tavolo di ciliegio su cui poggia un candelabro. Io da un capo e lei dall'altro, a parlare di scrittori, filosofia (Iside si è laureata in filosofia) e viaggi. Un giorno siamo anche usciti a pranzo, e davanti a un sandwich e una spremuta mi ha chiesto di scrivere la sua biografia. Certo non è Baddie Winkle, ma nonostante tutto, avere a che fare con lei è abbastanza piacevole.

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Altri momenti lo sono un po' meno. Una volta sono tornato a casa tardi dal lavoro e ci ho trovato Iside con un minestrone fumante in tavola. Fuori pioveva ed ero felice di potermi scaldare, ma proprio nel momento in cui mi ha chiesto com'era mi sono accorto di avere qualcosa che mi solleticava il palato. Era un capello. Bianco. Con nonchalance l'ho tirato fuori come un filo interdentale. "Ottimo, grazie mille!", le ho risposto. E poi ci sono tutte le cose che ci si può aspettare da una persona di una certa età: le difficoltà a rapportarsi con la tecnologia, le preoccupazioni illogiche—come quando ricontrolla meticolosamente le confezioni del latte perché pensa che "quella dell'alimentari" ce l'abbia con lei—e le conversazioni scandalizzate sui giovani e la droga. Cosa mi immaginavo, del resto, andando a vivere con una 85enne?

A questo punto è giusto specificare che non ho mai avuto un grande rapporto con gli anziani, nel senso che fino ad ora non avevo avuto la possibilità di conoscerne uno abbastanza da vicino. Mia nonna materna è morta in un incidente quando aveva poco più della mia età e suo marito—da quello che so—è rinchiuso in un ospedale psichiatrico da più di vent'anni. Gli altri nonni vivono all'estero e se tutto va bene li vedo una volta all'anno. Perciò in un certo senso Iside è stata il mio primo vero contatto con questo mondo.

Non sarò mai un nipote per lei e lei non sarà mai mia nonna, ma averci a che fare quotidianamente mi ha mostrato la vita in un'ottica diversa—e mi ha fatto capire che molte delle cose che immaginavo all'idea di condividere i miei spazi con una 85enne erano fondamentalmente sbagliate. All'inizio credevo che avrei passato le mie giornate a fare da badante e che avrei dovuto accompagnarla ovunque.

Ancora oggi, quando ne parlo con i miei coetanei, le reazioni e le occhiate vanno tutte in una direzione: "Ma chi te l'ha fatto fare?" Pensano sia una specie di servizio sociale, ma in realtà non è così. In questi mesi ognuno ha avuto la propria libertà. Ci vediamo solo la sera, sulla mensolina del bagno non ho trovato colle per dentiere, non ho dovuto portare buste della spesa e durante il weekend lei esce più di me. E a differenza di altri coinquilini che ho avuto non mi ruba le cose dal frigo e non lascia i suoi calzini sporchi in giro.

Quanto a lei, credo mi veda come un ragazzo educato a cui ha iniziato a volere bene. Ha cinque nipoti, ma sostiene anche di non essere una brava nonna. "Ho passato una vita a fare la mamma e adesso non ho voglia di fare la nonna," mi ha detto una volta. "Certo, amo i miei nipoti e ci vediamo spesso, ma non sono una di quelle che passa il tempo a chiamarli. Adesso voglio dedicarmi a me stessa."

Quando chiacchieriamo lo fa senza la pretesa di insegnarmi a vivere, anche se dopo la volta del capello ha cercato di spiegarmi come si fa il minestrone. Accetta la vecchiaia e nonostante questo non parla quasi mai del suo passato, ma piuttosto di cosa le piacerebbe fare, dei luoghi che vorrebbe visitare, dei suoi progetti. E a differenza mia non ha paura di morire. "Cosa dovrei temere? Le cose succedono e non è certo la paura a impedire che lo facciano," mi ricorda spesso. Detto da una donna che un giorno su due mi stacca internet perché "il modem è troppo caldo e potrebbe prendere fuoco," fa un certo effetto.

In apertura, foto di una signora che potrebbe benissimo essere amica di Iside. Foto di Andi Schmied.