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Voglio essere bisessuale, ma non ci riesco

Mi sono sempre considerata essenzialmente omosessuale, anche se gli uomini mi piacciono. Ma se sono nata così, perché arrivata a 31 anni non riesco a combinare un bel niente?

Mi sono sempre considerata essenzialmente omosessuale. Da ragazzina, quando guardavo di nascosto i film erotici in tv, i miei occhi balzavano invariabilmente in direzione delle incantevoli parti montagnose del gentil sesso. Nei film vecchi sognavo sempre di essere il protagonista maschile, e non l'attrice dalle labbra rosse, perché dopo mille peripezie lui avrebbe potuto baciarle. Ho passato anni e anni a invaghirmi o fantasticare su amiche femmine, conoscenti e bassiste. Eppure, arrivata a 31 anni, non ho fatto nulla per mettere in pratica tutto questo bagaglio. Perché ho paura.

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Al liceo mi ero innamorata. Be', diciamo innamorata come può esserlo una persona non ancora arrivata alla completa maturazione cerebrale. Si chiamava Melissa, ascoltava "solo il primo Billy Joel" e aveva un materasso ad acqua. Ci sedevamo sul suddetto materasso, sotto il suo poster di Romeo + Giulietta, e passavamo ore a parlare di quanto odiassimo i nostri compagni di scuola. Aveva gli occhiali grossi, un naso ancora più grosso e un malessere grossissimo. Ero ossessionata.

Entravo di soppiatto nell'aula dove facevamo disegno per fotografarla, sofferente su uno dei suoi dipinti mediocri, e conservare il tutto nel mio archivio. Una volta sviluppate, le foto venivano incorniciate e amorevolmente sistemate su una mensola della mia camera da letto. Ero convinta fosse gay. Lo diceva ogni singolo centimetro del suo corpo e della sua anima.

Un giorno, sfinita e consumata da tutti quei sentimenti mai espressi, le scrissi un'epica dichiarazione d'amore e la inviai per posta al ranch in cui viveva coi suoi genitori assenti. Era la mia Alice. Io ero la sua Gertrude. Di lì a poco avrebbe scoperto quanto meravigliosa sarebbe stata la nostra connessione creativa, il nostro vincolo saffico. O almeno, così credevo.

Ricordo perfettamente il pomeriggio in cui ricevette la lettera. Nella pausa tra una lezione e l'altra evitò del tutto il contatto visivo. Ogni volta che mi avvicinavo si spostava in silenzio, comunicandomi senza bisogno di parole dell'esito della mia dichiarazione. Dovevo avere calcolato male le dimensioni della sua omosessualità. Forse non era disposta ad accettare il suo vero io. O forse avevo preso una cantonata. Che fosse l'una o l'altra cosa, ho passato il resto delle pause pranzo del liceo a ingozzarmi di M&M's da sola, in biblioteca.

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Messa di fronte alla sconfitta, feci l'unica cosa che credevo possibile—mi lasciai alle spalle i miei sentimenti, li ignorai. Così, per dieci anni sono rimbalzata di pretendente in pretendente maschio (perché, come tutti sanno, ci sono solo tre modi per affrontare un problema: la preghiera, la violenza e la rimozione).

Ho accettato in toto le attenzioni dell'altro sesso e ho fatto del mio meglio per essere una brava ragazza etero. L'alternativa, per come la vedevo, era essere presa ancora in giro, un'ingiustizia che non volevo subire un minuto di più. Il fantasma di Melissa, o il suo rifiuto, mi tormentava, impedendomi persino di prendere in considerazione la possibilità di provarci un'altra volta.

Almeno fino a ora. Finalmente, a 31 anni compiuti, penso di poter accettare la persona che sono e coltivare questo mio lato. Perché sono troppo vecchia per avere paura. Ma il fatto stesso che sia così vecchia, e così priva di esperienze, mi porta automaticamente a dover affrontare altri problemi. Ora cosa faccio?

Un sacco di amiche mi dicono di esere bi, ma non le ho mai viste con una donna. È solo un modo per fare colpo sui ragazzi? O anche loro hanno paura? Non lo so. So solo che non mi piace parlare con loro del nostro interesse condiviso per la vagina. Chiedere a qualcuna di loro di uscire? Mai.

Non solo non sono brava come bisessuale, ma non riesco nemmeno a identificarmi in questa categoria. Ogni volta che il mio amico consapevolmente omosessuale Guy mi implora di accettare un'etichetta come "queer" mi sento a disagio. In quanto persona non completamente gay (gli uomini mi piacciono eccome, anche se forse finora non avevo dato quest'impressione), mi sembra una scelta ipocrita.

Per come la vedo io, quello di queer è un titolo che ti guadagni. Non un titolo che ti viene dato così. Io? Io sono una codarda. Nessuno mi ha mai creato problemi per la mia sessualità. La mia famiglia non mi ha ostracizzata perché sono fatta in un certo modo. Né io stessa l'ho vissuta con difficoltà. Non nel senso canonico, almeno. Non è stato innamorarmi di Melissa a crearmi tutte quelle insicurezze, ma l'essere rifiutata. Non mi sono mai sentita in colpa o in imbarazzo per la mia semi-omosessualità. Fatto che, unito alla mia mancanza di esperienza, mi fa sentire una truffatrice bella e buona.

Lo so, non è una gara. Ma sarebbe bello avere almeno un po' di competenze su cui fare affidamento. L'altra sera un'amica mi ha invitato da lei perché, come ho scoperto una volta arrivata a casa sua, le piacevo. Dopo averlo scoperto gli occhi mi sono balzati fuori dalle orbite come succede nei cartoni animati. Ho cercato di placare l'eccitazione facendomi fuori una bottiglia di vino.

Ma poi sono scappata prima che la situazione si facesse seria. Perché? Poteva essere la volta buona! Anche a me piaceva, e non c'era la possibilità di essere rifiutata. Anzi, era tutto l'opposto. Ma avevo paura. Forse perché non avevo la minima idea di quello che stessi facendo? Perché sono una principiante di 31 anni? Gesù. Se solo comportarsi da queer fosse facile quanto esserlo.

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