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Brucia l'arte e mettila da parte

Il rogo del dipinto al CAM di Casoria ha indicato la via. Ecco cos'altro si potrebbe incendiare per fare del bene alla cultura italiana.

L'altro ieri, Antonio Manfredi, direttore del CAM, museo d’arte contemporanea di Casoria (NA), ha dato pubblicamente fuoco a una delle opere custodite dal museo stesso. L’aveva annunciato: "Se la pubblica amministrazione continua a minacciare di chiuderci, io inizio a bruciare i lavori degli artisti che dovremmo salvaguardare." Un po’ per coerenza logica estrema (tipo “se gli operatori della cultura non ci sono, tanto vale disfarci proprio della cultura”), un po’ per ripicca (“Ah, tu mi licenzi? E io ti brucio il patrimonio artistico”), Manfredi ha incenerito quella che, parole sue, non è che la prima vittima della sua protesta.

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Coerentissimo, coraggiosissimo. Una cosa però non mi torna: il quadro in questione, dipinto dalla francese Severine Bourguignon, era una ciofeca pazzesca. Una crosta inutile e bruttissima che uno non solo si chiede cosa cazzo ci facesse in un museo, ma anche se c’è davvero qualcuno che si dispiacerà di averla perduta per sempre. Ad eccezione, ovviamente, dell’artista, che ha pure seguito l’evento in diretta internet e si è detta “molto triste.”  È effettivamente seguito il rogo di una seconda opera, talmente schifosa che manco si sa di chi è, né se l’artista abbia pianto.

Ora, senza perdere tempo a chiederci perché CASORIA abbia un museo dell’arte contemporanea e Milano no (il Museo del Novecento non conta e il PAC non ha una collezione permanente), cerchiamo di capire quale può essere l’effettiva utilità di un gesto del genere. Una sola risposta mi giunge in mente: epurazione. Togliere di mezzo le vaccate mascherate da arte contemporanea di cui i musei italiani sono pieni, svuotandone una buona parte in modo tale da richiedere meno spazi e minor dispendio di risorse. In questo, il caro direttore Manfredi si è dimostrato un vero genio del risparmio e della razionalizzazione. Ci siamo permessi, quindi, di compilare una breve lista motivata di suggerimenti a uso e consumo dei direttori dei maggiori musei di arte contemporanea, a cui va il nostro accorato appello: vi preghiamo, siate più selettivi.  Francesco Clemente - Ave Ovo - 2005 - Napoli, MADRE

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Prendersela col povero Clemente non serve a granché. Non ha nessuna colpa: in quanto “esponente” della transavanguardia, la sua fama non è altro che un sottoprodotto della scalata al potere di Achille Bollito Oliva, quel geniaccio che si è costruito un'intera carriera sulla “scoperta” di una “corrente” di “artisti” che non avevano un cazzo in comune né, per lo più, un cazzo da dire. Loro sono diventati famosi, lui ancora di più, e difatti è ancora lì che spara boiate a raffica. Mi verrebbe da dire che l’opera in questione starebbe bene sui muri di una scuola elementare per adulti ripetenti, ma mi sembra quasi un complimento. Magari prima di darle fuoco staccatela, eh. I piccioni di Maurizio Cattelan

Non serve che stia qui a spiegarvi chi è Cattelan, per cosa è famoso e chi si è trombato. Quello che mi preme dire è che, in un certo senso, la sua intera opera potrebbe essere riassunta così: mettere oggetti in posti “strani” o “scomodi”—cercando magari di passarci da eroe perché ha mostrato il medio a Piazza Affari, e una volta ha fatto incazzare Matteo Salvini. In alcuni casi è innegabile che i suoi accostamenti abbiano funzionato, ma non si può dire lo stesso dell'opera con cui ha partecipato alla mostra "Illuminazioni", al padiglione centrale dell’ultima Biennale. Trattasi di piccioni impagliati, appollaiati artificialmente sul soffitto. Dei Piccioni. Solo dei cazzo di piccioni! Sicuramente combustibili… Jeff Koons - Untitled  - 2005 - Napoli, MADRE

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Negli anni Ottanta e Novanta, Koons ha letteralmente spaccato i culi del mondo dell'arte. Ha immortalato l’esplosione e la trasformazione totale dei mass media in una forma di ipersaturazione kitsch di stimoli sensoriali e vacui prodotti commerciali. Il problema, e grosso anche, è che quei tempi sono passati, mentre questo lavoro del 2005 è sempre il solito cazzo. Per uno fichetto come lui, per cui la moda è tutto, passare di moda è una roba grave. La morte civile, proprio. Facci il favore, Jeff, lasciati ardere. Ci importa una sega che sei stato sposato con Cicciolina. Alighiero Boetti - Mappa - 1971 - Rovereto, MART

Non fraintendetemi, la maggior parte delle robe di Boetti sono geniali. È stato un grande artista, uno serio. Però questa maledetta mappa mi ha sempre destato immensi grattacapi e fatto anche un po’ rodere il culo. Ok, è un planisfero in cui gli Stati hanno i colori delle loro bandiere, E ALLORA? Gli altri suoi lavori del ciclo degli arazzi spaccano, questo no. Sembra una pubblicità progresso dell’Unicef. Per di più ne esistono anche numerose versioni! Se non altro gli arazzi bruciano bene e in fretta, secondo me non serve nemmeno utilizzare nessun tipo di comburente. Mimmo Paladino - Montagna del Sale - 1990 - Varie Location

Per Paladino vale più o meno lo stesso discorso di Clemente. La sua fortuna è stata tutta nell’incontrare quel tizio là che ha mostrato il cazzetto sulla copertina di Frigidaire. In realtà, un po’ tutta la sua produzione meriterebbe di finire in un bel forno crematorio, ma tra tutte, ho optato per la più colossale. Questa cazzo di montagna di sale è da un bel po’ che ammorba le piazze d’Italia; nasce come scenografia teatrale, per poi sostare per qualche tempo in piazza del Plebiscito a Napoli, e infine capitare davanti al Duomo di Milano, dove è stata brutalmente aggredita da tifosi del Milan in festa. Insomma, una parte del lavoro è stata fatta. Però io di chimica non ci capisco niente per cui chiedo: il sale prende fuoco?

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Francesco Vezzoli - Amalia Traida - 2004 - Roma, MAXXI
The End Of The Human Voice - 2001 - Torino, Castello di Rivoli

Va be' che i video prendono poco spazio, ma quelli di Francesco Vezzoli ne occupano già più di quanto sarebbe necessario. E poi vuoi mettere l’elettricità sprecata per proiettarli? Vezzoli critica e sviscera la fama, il camp e il trash sguazzandoci dentro fino al collo; ovviamente, non è tanto questo il problema quanto il fatto che operazioni del genere avrebbero molto più senso se gli ultimi 40 anni di arte non fossero mai esistiti. Tutti i suoi lavori sono strapieni di gente famosa ma NOOOO, non è per farsi pubblicità, è una forma di ricerca artistica. Dai, su, che a dare fuoco a due dvd non ci vuole niente.

FUORI CONCORSO: Marina Abramovic - The Abramovic Method - 2012 - PAC, Milano.

A parte che, anche volendo, come si fa a bruciare una performance? Si dovrebbero bruciare i performer stessi. Ecco, appunto. In realtà non ho niente di niente contro la Abramovic, che rimane, a mio parere, una delle poche artiste celebri dotata di un minimo di coerenza e onestà intellettuale. Quelli che meriterebbero di essere accesi con il kerosene e spenti con la benzina, semmai, sono i “VIPs” che hanno fatto a gara per aggiudicarsi l’attestato di partecipazione al seminario di performance con lei. Di molti di questi decessi, o almeno ustioni gravi, il mondo italiano della cultura gioverebbe tantissimo. Per esempio, impedire a Fabio Volo di scrivere  un nuovo libro non sarebbe male. A quanto pare la stessa Marina ha già provato ad attentare alla salute degli illustri allievi, ma l’unico a dimostrare qualche cedimento è stato l’assessore alla cultura Stefano Boeri. Insomma, si può fare di meglio.

Qui finiscono i nostri consigli. Ora non ci resta che sperare. Cari signori direttori, vogliate per favore seguire il nostro consiglio. In cambio noi inizieremo a fare finta che le istituzioni con gli acronimi stupidi che dirigete non siano delle catacombe spoglie e noiose, incapaci di dialogare col mondo reale. Con pochi euro di benzina potete guadagnarvi la sopravvivenza.