lavori studenti pandemia
Illustrazione di JANGOJIM.
Attualità

Tre studenti parlano dei lavori che si sono 'inventati' durante la pandemia

Tre studenti-lavoratori che si sono ritrovati senza entrate a causa del coronavirus raccontano come guadagnano ora.
Fatima Jabateh
Spa, BE
Gailor Kiaku
Brussels, BE
J
illustrazioni di Jangojim

La pandemia ha avuto un impatto profondo sulla vita e la socialità degli studenti in tutto il mondo, e ha decimato quel mercato del lavoro che di solito li sosteneva.

Alcuni sono riusciti ad arrangiarsi con soluzioni molto creative. VICE ha parlato con tre studenti che si sono creati fonti alternative di reddito nei settori più disparati.

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Cécile*, 27 anni, studentessa di archeologia. Vende online la sua biancheria intima usata.

VICE: Prima di cosa ti occupavi?
Cécile:
Ero addetta alla vendite in una boutique in Costa Azzurra.

Quando hai perso il tuo lavoro avevi già un piano di riserva?
Avevo già cominciato a vendere la mia biancheria intima, visto che non guadagnavo abbastanza col lavoro. All’inizio però non si trattava di una necessità, ma di un qualcosa di interessante da fare. Tutto è cambiato quando ho perso il lavoro mentre stavo ancora studiando.

Come ti è venuta l’idea?
Otto anni fa ho scoperto un sito che vendeva biancheria usata, grazie a una influencer che in quel momento stavo seguendo. Non ero ancora una studentessa, ma anch’io ho cominciato a vendere le mie cose. In parte lo facevo per divertimento, ma anche per avere qualche soldo in più. Tra l’altro, senza i rischi legati alle forme di sex work in presenza.

Quali sono le sfide principali di questo lavoro?
Non avevo messo in conto l’enorme quantità di tempo che richiede ogni vendita: i video, le foto da realizzare e tutto il resto. I clienti vogliono conoscere le ragazze da cui stanno ordinando la biancheria intima. Quindi il compito più importante, e il più dispendioso in termini di tempo, è quello di legare con il compratore. Devi personalizzare i singoli ordini a seconda dei desideri dei clienti e mantenere dei buoni rapporti. Questo li fidelizza e porta recensioni positive, che a loro volta attraggono nuovi potenziali acquirenti.

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E da un punto di vista più personale?
Occupa un sacco di tempo della mia vita privata. Avevo un ragazzo prima della pandemia, e non era molto contento della mia attività. Quindi ho mollato per qualche anno. Ma ora come ora ci sono moltissime persone che usano piattaforme simili.

La tua attività si è rivelata un successo sin dall’inizio?
Il sito è improntato alla promozione delle nuove iscritte, quindi è andato subito tutto benone. A dirla tutta, per essere visibile ho dovuto mettere meno impegno all’inizio di quanto non debba mettercene ora. Credo anche che sia dovuto al fatto che un sacco di acquirenti apprezzano la “novità” delle ultime arrivate.

Pensi di continuare a farlo, anche dopo la pandemia?
Sì, perché se messo a confronto con altri lavori concede un sacco di libertà. Per me è importante soprattutto avere la possibilità di muovermi come e quando voglio, pur conservando delle entrate relativamente stabili. In più mi piace.

Aristo, 24 anni, studente di e-business. Ha avviato una start up

VICE: Cosa facevi prima della pandemia?
Aristo:
Lavoravo in un supermercato. Ma non era una mansione considerata un’attività essenziale, per cui sono rimasto senza lavoro per un periodo di tempo indefinito e ho capito di essere in guai seri.

Da dove ti è arrivata l’idea per la tua start up?
È stato mio fratello ad avere l’idea. Mio fratello, mio cugino e io abbiamo sempre voluto lanciare un progetto insieme. Abbiamo pensato che potevamo dare una seconda vita alle scarpe usate, visto che non tutti possono permettersi scarpe nuove quando sono sporche o danneggiate. È anche un’attività eco-friendly: mostriamo alle persone che il consumo eccessivo può essere evitato, che è possibile riparare gli oggetti invece di buttarli via.

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Come sei riuscito a farti un nome?
Ci siamo giocati tutto sui social media e siamo anche riusciti ad avere un trafiletto su un giornale cartaceo. Nel primo mese il progetto è totalmente decollato. Siamo molto orgogliosi di come è andata.

Hai in programma di continuare dopo la pandemia?
Sì, vorremmo provare ad espanderci.

Hai utilizzato le nozioni apprese studiando?
Un po’. Studio e-business e gestisco la parte relativa alla comunicazione. Ma ho anche imparato un sacco di cose da solo, studiando business plan e strategie di marketing. Per avere successo non devi avere paura di commettere errori.

Lucile*, 24 anni, studentessa di fotografia. Vende sigarette e alcol dopo il coprifuoco.

VICE: Che lavoro facevi prima della pandemia?
Lucile:
Ho lavorato in diversi ristoranti per cinque anni.

Come hai reagito quando hai perso il tuo lavoro?
All’inizio pensavo che la pandemia non sarebbe durata troppo, quindi ho usato i miei risparmi per pagare l’affitto, la spesa, le bollette e l’erba. Ma il tempo passava e nulla sembrava cambiare e quindi ho cominciato ad andare nel panico. Stavo sprecando soldi in attrezzature per i miei progetti fotografici futuri. Ho deciso di tornare a vivere con i miei genitori. Si è trattato di un brutto colpo. Non ero preparata all’idea di perdere la mia indipendenza.

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Come sei finita a fare quello che fai ora?
A essere onesti, non sono una persona molto intraprendente. Cercavo qualcosa di facile, che non mi avrebbe costretta a spostarmi troppo. All’inizio ho creato un account su OnlyFans per vendere foto dei piedi, ma non ha funzionato.

Poi una sera ero a casa di un amico, eravamo sprofondati sul divano a guardare il tg. Quando hanno passato la notizia delle nuove regole relative alla pandemia e al lockdown, il mio amico ha detto, “Cosa farò quando avrò esaurito il tabacco o le cartine?” In quel momento è scattato qualcosa. Ho pensato, “Ho una macchina e un po’ di soldi. Posso consegnare un po’ di roba.” Il giorno successivo, siamo andati a fare scorte.

Come gestisci la tua attività?
Ho creato un account Instagram e uno per Snapchat, e chiedo semplicemente di condividerli e pubblicizzarli entrambi nelle story, senza specificare che si tratta di me. Il passaparola fa il resto. È stato un successone. Ogni fine settimana vengo contattata da festaioli che non seguono le regole del coprifuoco.

Quali sono le sfide?
Evitare la polizia, soprattutto, perché ricevo ordini anche a notte davvero inoltrata, senza che io abbia un’autorizzazione o un documento firmato da un datore di lavoro.

Hai in programma di continuare a vendere questo tipo di prodotto anche dopo la pandemia, quando non ci sarà più il coprifuoco?
Magari una volta ogni tanto per i miei clienti più affezionati, ma non è una fonte sicura di reddito. Inoltre, voglio ricominciare a studiare e avrò bisogno di dormire la notte per potermi concentrare a dovere.

*Nomi cambiati per questioni di privacy.