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Niente più lacrime né fiducia - Abitanti di Beirut raccontano il trauma dell'esplosione

“Ho trovato casa mia completamente distrutta. Le finestre e le porte erano tutte sfondate."
Giacomo Stefanini
traduzione di Giacomo Stefanini
Milan, IT
Automobile distrutta esplosione di Beirut Libano
L'auto di Chris. Foto per concessione dell'intervistato

Ieri sono stata svegliata dal pianto di mia madre mentre guardava il telegiornale. Piange da martedì, da quando un’esplosione di proporzioni apocalittiche ha colpito la capitale libanese Beirut, lasciandosi dietro una scia di morte e distruzione. Ieri mattina piangeva per i silos di grano distrutti. Contenevano cibo per l’intera nazione, in un momento in cui la popolazione ha fame, provata com’è dal collasso dell’economia. Ora i silos non esistono più. Mercoledì, il Ministro dell’Economia Raoul Nehme ha dichiarato che le scorte di grano del paese possono bastare per meno di un mese, ma non crediamo più a nessuno.

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Lo stesso giorno, hanno anche annunciato che l’esplosione sarebbe stata causata da composti chimici pericolosi stoccati al porto senza adeguate misure di sicurezza. A quel punto la tristezza si è trasformata in rabbia. Cosa ci facevano in un porto pieno di lavoratori e di merci? Cosa ci facevano così vicino alla città? Di chi è la colpa?

Beirut, oggi, è coperta da un velo di tragedia. Ogni cosa è triste. I morti, i feriti, gli ospedali che traboccano, le case distrutte, il grano al porto. Tutte le nostre paure si sono concretizzate in pochi secondi. Io ho vissuto la guerra di luglio del 2006, quando Hezbollah ha ucciso dei soldati israeliani e Israele ha bombardato il Libano e invaso la parte sud del paese. Ho vissuto la rivoluzione, quando centinaia di migliaia di libanesi sono scesi in piazza per chiedere un governo più giusto e meno corrotto, e gli è stato risposto con la repressione violenta e i gas lacrimogeni. Eppure questa esperienza non ha paragone.

Non sono la sola a pensare che stavolta abbiamo toccato il fondo. Le perdite sono troppo grandi, non c’è compensazione possibile. Molti dei miei amici hanno perso la casa, la macchina, il posto di lavoro. Alcuni sono gravemente feriti. La mia amica Juliana, 28 anni, vive nel quartiere di Ashrafieh, vicino all’esplosione. È una delle aree più vecchie della città, con una intricata rete di stradine e palazzi dalle facciate bellissime. Non tornerà più come prima. “Ho trovato casa mia completamente distrutta,” mi ha detto. “Le finestre e le porte erano tutte sfondate.”

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A luglio, il Libano ha ufficialmente raggiunto l’iperinflazione, con un tasso d’inflazione mensile del 52,6 percento. Questo significa che i beni di prima necessità sono ormai costosissimi, perché la moneta locale perde valore rispetto al dollaro a una velocità spaventosa. È la prima nazione nel Medio Oriente e Nord Africa a raggiungere questo triste record. “Non abbiamo proprio i dollari per rimpiazzare tutto”, ha detto Juliana. Ristrutturare casa sua le costerebbe un minimo di 650 dollari, che al cambio corrente equivalgono a 5,2 milioni di lire libanesi, più o meno il valore di sei mesi di affitto.

Maya, 30 anni, dal quartiere Al Hamra nella parte ovest della città, era a casa con sua madre quando ha sentito il boato. Le finestre sono andate in frantumi, ferendo entrambe. Hanno provato a chiamare la Croce Rossa ma non c’erano ambulanze disponibili; gli ospedali erano pieni e non le avrebbero fatte entrare. Le è giunta voce che alcuni ospedali fuori Beirut accettavano feriti, così hanno guidato per mezz’ora a sud fino alla città di Sidone, dove le hanno curate dopo una lunga attesa. “È stata l’esperienza più terrificante che mi sia mai capitata, un trauma che non potrò mai dimenticare,” mi ha detto.

Kevin, 31 anni, vive nell’area di Geitawi, vicino al porto. Era a casa quando c’è stata l’esplosione. “Quando penso a quello che ho perso, e ai soldi che mi serviranno per riparare tutto quello che è stato distrutto, mi viene da piangere, ma non ci riesco,” ha detto.

Chris, 33 anni, è di Mar Mikhael, quartiere famoso per la vita notturna e proprio accanto al sito dell’esplosione. Martedì si trovava a casa della sua ragazza nella stessa zona per aiutarla a traslocare. All’inizio pensavano che fosse ricominciata la guerra con Israele, dato che la tensione tra i due paesi non si è ancora placata e ci sono spesso scontri al confine—il più recente è stato il 27 luglio.

“Credevamo di dover scappare da un bombardamento. Il rumore diventava sempre più forte, finché l’esplosione più grande ci ha scaraventati a terra,” racconta Chris. La casa è stata completamente distrutta.

Ma l’esplosione ha distrutto molto di più dei palazzi. Ha distrutto il porto, la via principale di commercio con il resto del mondo, rendendo ancora più difficile far entrare nel paese cibo, beni essenziali e materiali per la ricostruzione. Ha distrutto la poca fede che ci era rimasta nel fatto che il nostro governo potesse accompagnarci fuori da questa crisi. Beirut ne ha passate così tante: guerra e distruzione, povertà e rivoluzioni, divisioni e solidarietà. È difficile trovare l’energia per ricominciare da capo.