È ora di parlare seriamente di droni militari in Italia

Per noi occidentali cresciuti con una Guerra al Terrorismo che si combatte da 16 anni a migliaia di chilometri dalle nostre case l’idea che un oggetto volante pilotato da lontano vada a colpire i cattivi senza fare altri danni è inconsciamente rassicurante. Sempre meglio che vedere un conoscente partire in missione per l’Afghanistan — tanto le popolazioni locali in un modo o nell’altro morirebbero comunque, almeno limitiamo i danni. Questa asimmetria del conflitto non deve farci però dimenticare le migliaia di vittime civili dei droni militari. Vittime che spesso restano senza nome nei villaggi più sperduti del Pakistan o dello Yemen e di cui è impossibile fare una stima precisa, anche perché i governi continuano a mentire con dati approssimativi, parlando di operazioni chirurgiche e mirate.

Tra i morti c’è anche un italiano, Giovanni Lo Porto, ucciso nel 2015 dall’operazione di un drone militare della CIA in Pakistan. Nonostante si sia parlato abbastanza di questo caso — che si è concluso con la donazione di un milione di euro da parte degli USA alla famiglia, ma senza una vera assunzione di responsabilità — secondo un report dell’Archivio Disarmo il 40 percento dei nostri connazionali non è a conoscenza del dibattito sui droni. Eppure, l’uso di queste tecnologie militari pone tantissimi problemi di carattere etico e giuridico che dovrebbero riguardare anche la nostra opinione pubblica. La Guerra al Terrorismo non è portata avanti soltanto dagli USA, ma anche dall’UE.

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