E se le tue convinzioni sull’amore fossero da sempre tutte sbagliate?

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Tutti anelano a una ricetta: nel sesso, in cucina, dal dottore, nelle relazioni. In quest’ultimo caso, soprattutto, i “come fare per” sono un filone, da “come conquistarlo/a” fino a “come scongiurare un tradimento”, come se la crescita, l’errore o la semplice volontà dell’altro fosse sempre e comunque un problema tuo e tu fossi al centro del suo mondo. La ricetta ovviamente non c’è, ma qualche lettura davvero in grado di cambiare la nostra prospettiva su amore, coppia e relazioni, sì. Tra queste c’è La trasformazione dell’intimità del sociologo Anthony Giddens. Pubblicato nel 1992, il libro è una storia sentimentale delle società moderne e spiega come il cambiamento dell’intimità—intesa come l’insieme di vicinanza affettiva, amore e sessualità—possa avere un impatto sovversivo sulle istituzioni e farsi carico di una vera e propria rivoluzione.

La parte più interessante è quella sull’amore romantico e su come questo rappresenti soltanto uno dei possibili approcci alla questione e, secondo Giddens, di certo non il migliore. L’ideale a cui tendere e successivamente da superare, perlomeno nella fase storico-culturale che stiamo attraversando, viene invece identificato nell’amore convergente.

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Secondo Giddens, l’amore convergente è “un amore attivo, contingente, che non fa rima con i ‘per sempre’ e gli ‘unico e solo’ tipici del paradigma dell’amore romantico,” e dove la ricerca della persona speciale lascia il posto a quella della “relazione speciale.”

L’amore romantico non è sempre esistito, ma è emerso a fine Settecento in perfetta concomitanza con la nascita del romanzo e il mutamento della condizione femminile. In quel momento l’amore si fa racconto e prende le forme di un riconoscimento di unicità: il protagonista incontra l’altro, lo identifica come “speciale” e gli dedica la sua vita. Questo, nella lotta tra i sessi, legittimava le donne a sacrificare la loro vita per un ideale più alto senza che l’ordine sociale venisse in qualche modo alterato.

L’amore convergente, invece, “presuppone la parità nei conti del dare e dell’avere affettivo e si basa sull’accettazione da parte di entrambi i partner del fatto che ciascuno trae dalla relazione sufficienti benefici da ritenere che valga la pena continuarla.” Il “ti amerò per sempre” lascia spazio al “ti scelgo ogni giorno,” per cui si sta insieme solo finché sussistono le condizioni migliori per entrambi. L’amore si configura quindi come un contratto, che è continuamente rinegoziabile e i cui termini (sicurezza, passione, stima, interessi in comune…) variano da coppia a coppia e nel tempo, all’interno della stessa coppia.

Questo tipo di amore produce inevitabilmente degli effetti significativi sulla vita sessuale: basandosi su un rapporto di effettiva parità, il raggiungimento reciproco del piacere diventa un elemento chiave per la continuità o l’interruzione della relazione. Tutti hanno la possibilità di essere sessualmente esperti e la sessualità del soggetto è un fattore da contrattare all’interno del rapporto.

Sembra una svolta, no?

Ecco: come ci ha spiegato la psicoterapeuta e sessuologa clinica Vittoria Bottelli, la relazione proposta da Giddens sembra dotata di una libertà per cui non siamo socialmente ancora pronti e che presuppone una maturità davvero difficile da conquistare.

Secondo l’esperta, inoltre, questo tipo di relazione potrebbe avere implicazioni non sempre piacevoli: “Se da un lato la possibilità di vivere un rapporto continuamente negoziabile e quindi rescindibile favorisce un senso di leggerezza e preservazione della propria autonomia, dall’altro crea una paradossale condizione di ansietà, soprattutto sessuale.”

La sensazione di poter essere lasciati da un momento all’altro perché “non abbiamo fatto del nostro meglio” o “in noi qualcosa non va,” genera spesso una paura di fallire e un’ansia da prestazione che, nel mondo femminile, si possono ad esempio tradurre in “ricerca del piacere a tutti i costi, anorgasmia e calo del desiderio coperti da tentativi di finzione per non deludere il partner.”

Secondo la psicologa Lynn Jamieson, l’amore contingente non inoltre tiene conto di un fatto molto importante, cioè che le relazioni domestiche e parentali sono spesso legate a questioni finanziarie e materiali che contaminano il concetto stesso di parità, rendendo difficile stabilire chi ha fatto cosa e chi deve a chi.

Le critiche all’idea di amore convergente non sono mancate nemmeno tra i colleghi di Giddens. Se, da una parte, i sociologi Neil Gross e Solon Simmons attribuiscono a Giddens il merito di aver colto una de-tradizionalizzazione dei legami affettivi a favore di una maggiore libertà del singolo, dall’altra ritengono che la costruzione e il mantenimento di un legame fondato sulla misurazione di quanto si riceve non sia realistico. Mentre De Singly lancia la stoccata finale: un amore davvero contingente e paritario non esisterà, finché le relazioni saranno viste come modi per tutelarsi e provvedere, ognuno, alla sicurezza dell’altro e della vita comune.

Ciò non significa che il concetto di amore convergente non possa, in una certa misura, portare beneficio a una relazione.


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Un approccio efficace potrebbe essere, suggerisce Bottelli, “dissipare l’ansia costruendo un canale di comunicazione che si opponga al mondo del non detto, avere aspettative sulla base di quello che già conosciamo del partner e non su come dovrebbe essere ma non è, e non fare del sesso la sola chiave della felicità.”

Per capire se il contratto “funziona”, occorre necessariamente fare il punto su ciò che vogliamo da noi, dalla nostra vita e dal nostro rapporto, essere attivi e consapevoli piuttosto che passivi e ignari. Questo implica una maggiore conoscenza di sé e un affinamento delle doti comunicative, aspetti senz’altro fondamentali per migliorare la qualità della vita nel suo complesso.

Quanto al resto, quello che possiamo fare è prenderci l’impegno di fare del nostro meglio per adattarci ai cambiamenti e alle scosse che vivremo e restare in ascolto di sé e dell’altro nella piena consapevolezza che siamo tutti liberi sì di andare, ma soprattutto di restare.