Ho scoperto di soffrire di endometriosi nel 2015. Come tante altre persone nella mia situazione, avevo a lungo sottovalutato i sintomi e mi ero rivolta ai medici solo quando il disagio era talmente forte da non poter essere più ignorato. Per questo ho dovuto subire un intervento che, per quanto non invasivo (in laparoscopia), è pur sempre di tipo chirurgico.
L’endometriosi colpisce una donna su dieci in età fertile (ma riguarda ovviamente anche persone non-binary e trans, per cui il processo di diagnosi può essere ancora più complicato). È una malattia cronica, potenzialmente invalidante, senza cause certe e cure note. Ma in cosa consiste? Con l’endometriosi, un tessuto simile a quello endometriale che riveste l’utero si sviluppa fuori da quest’ultimo, in altre aree del corpo. Quelle più comuni sono l’addome, gli organi riproduttivi e la cavità pelvica, ma può interessare anche polmoni, diaframma, ghiandola surrenale, appendice, nervo sciatico o cavità nasale—in casi molto rari, anche l’occhio e il cervello.
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Il problema è che, pur trovandosi in zone che non gli competono, questo tessuto continua a comportarsi come nell’utero e durante ogni ciclo mestruale si ispessisce, si irrora di vasi sanguigni e poi si sfalda. Ma non ha modo di uscire dal corpo tramite le mestruazioni, e così si creano lesioni, lacerazioni, accumuli, cisti e infiammazione cronica della zona interessata.
“Oggi la diagnosi è più veloce,” spiega la ginecologa Letizia Parolari quando le chiedo perché, nonostante la casistica, il percorso che porta alla diagnosi sia spesso accidentato. “Molti casi sono di endometriosi ovarica che, se c’è anche una storia di dolori mestruali o dolori comparsi improvvisamente durante i rapporti, con l’ecografia sono facilmente identificabili. In altri casi la diagnosi è più difficile perché ci possono essere lesioni più piccole e non visibili all’ecografia, ma molto diffuse e invalidanti; molto dipende anche dai medici e dai centri a cui si rivolge.”
A seconda dello stadio di gravità, degli organi interessati o della storia clinica personale, la malattia può presentarsi in maniera molto diversa. Per l’occasione, ho raccolto altre esperienze di vita con l’endometriosi.
“Tutti i disagi legati al ciclo mestruale vengono normalizzati”
Le mestruazioni non mi avevano mai impedito di fare nulla, ma nel 2015 ero arrivata a imbottirmi di antidolorifici solo per stare in piedi. Dopo la diagnosi sono stata messa subito sotto terapia farmacologica, dove per terapia non intendiamo qualcosa di guaritivo ma una sorta di palliativo, cioè l’assunzione di pillole progestiniche che mira (non sempre riuscendoci) a tenere a bada la situazione.
All’inizio mi sentivo impotente. Non potevo fare programmi perché non sapevo se di lì a qualche giorno sarei stata in grado di gestire gli effetti collaterali della terapia ormonale e quelli della malattia stessa, che nel frattempo continuava ad abitare in me, perché una cura non esiste. Per reagire, avendo dei canali social piuttosto seguiti, ho pensato di girare un video che è diventato il primo di una serie.
Rispetto a qualche anno fa se ne parla di più e in maniera più libera, ma l’informazione è ancora poca e legata a vecchi retaggi. C’è ancora l’idea che le mestruazioni debbano far soffrire le pene dell’inferno, come se fossimo predestinate. Di conseguenza, tutti i disagi legati al ciclo mestruale vengono normalizzati, compreso il dolore, anche quando è sintomo di qualcosa che non va. Le mestruazioni non sono una malattia, i sintomi invalidanti devono essere considerati un campanello d’allarme: magari non si ha l’endometriosi, ma è il segnale che è il momento di prendersi cura di sé!—Chiara, 37 anni
“Ho faticato a trovare un medico che mi ascoltasse”
Ho avuto le mestruazioni molto presto, a dieci anni. Fin da subito ho sofferto di forti dolori, nausea, diarrea e svenimenti. A 28, mentre ero in Francia, una ginecologa amica di mia madre mi ha detto che poteva trattarsi di endometriosi. Al ritorno in Italia ho cercato di fare degli esami, ma ho faticato a trovare un medico che mi desse retta.
Per fortuna la mia è una forma molto leggera e quindi i disagi mestruali “spinti” sono il mio unico sintomo. Il consiglio della ginecologa (donna, voglio precisare) è stato: “O stai sotto pillola contraccettiva oppure fai un figlio.” In quel momento non avevo nessuna voglia di procreare, ma nemmeno di prendere la pillola. Lei è stata molto dura: “Non capisco le ragazze di oggi che vogliono soffrire, ti do la soluzione, prendila.” Per qualche anno mi sono adeguata e ho interrotto le mestruazioni, ma la terapia mi creava sbalzi ormonali. Solo due anni fa, con l’accordo della ginecologa, ho deciso di sospenderla. I dolori sono un po’ diminuiti, e anche se ne sono contenta non so a cosa sia dovuto questo miglioramento.
Andrebbe fatta prevenzione nelle scuole per spiegare alle ragazze giovani che il dolore mestruale è normale fino a un certo punto. Stessa cosa per le donne che soffrono durante il sesso. Se sei una ragazza giovane puoi pensare che sia la norma, lo accetti ed è una tortura. Credo che sia molto sottovalutata, nonostante provochi dolori invalidanti anche nelle forme più leggere. Per me, se fosse una malattia ‘maschile’ esisterebbe una cura da 20 anni—Eva, 33 anni
“Vorrei dire a chi soffre di endometriosi non aver paura di intraprendere una terapia anche per gli effetti sulla salute mentale”
Ho scoperto di soffrire di endometriosi in piena pandemia e sono diventata subito portavoce della Fondazione Italiana Endometriosi. Nell’ultimo anno e mezzo avevo dolori allucinanti, mestruazioni che erano vere emorragie e dolore durante i rapporti. Ho temporeggiato per via della situazione sanitaria, ma poi sono andata a farmi controllare. Per fortuna! Avevo già un’emorragia del corpo luteo e i primi focolai di endometriosi, con tutte e due le ovaie interessate. Ho iniziato subito a prendere il Visanne e a seguire le linee guida alimentari della Fondazione. Prendo anche la pillola (ovviamente) e sei compresse di integratori al giorno: i costi sono elevati e non tutti possono permetterseli, perché quando non si è in fase acuta—l’unica per cui è prevista esenzione—la terapia si basa su prodotti di Fascia C, non mutuabili.
Mi sono sentita dire: “Vabe’, hai solo dolori durante il ciclo.” Non è così. L’endometriosi può comportare svenimenti, vomito, dolore durante i rapporti, acne, aumento di peso, sbalzi d’umore, affaticamento… La mia paura più grande è di non poter condurre una vita all’altezza delle mie aspettative, perché a volte il cervello vuole fare delle cose che il mio corpo non gli consente. A questo proposito, ricordo che l’endometriosi influisce anche sulla salute mentale, non solo perché provoca sbalzi d’umore, ma anche per l’impatto davvero pervasivo che ha sulla vita quotidiana. È normale sviluppare sintomi come depressione, ansia o—come nel mio caso—attacchi di panico, quindi vorrei dire a chi ne soffre di non aver paura (o vergogna) di intraprendere una terapia anche in questo senso—Giulia, 25 anni
“Avrei compiuto 25 anni da lì a poco, e di endometriosi non avevo mai sentito parlare”
Ho scoperto di soffrire di endometriosi in una circostanza assurda. Ero in ospedale per la nascita della mia cuginetta, e ho chiesto alla ginecologa se era possibile fare un controllo, dal momento che non avevo mestruazioni da un paio di mesi. È stata la prima volta durante una visita medica in cui ho visto la faccia di un medico incupirsi improvvisamente. Panico. Avrei dovuto fare altri esami: “Mi raccomando, quando sarà fuori di qui non vada in bici, nessuno sforzo, no rapporti sessuali.” In sintesi, avevo una cisti ovarica molto grande e il rischio era che esplodesse, con perdita dell’ovaio ed emorragia interna. Bellissimo! Avrei compiuto 25 anni da lì a poco e fino a quel momento di endometriosi non avevo mai sentito parlare.
Ho sempre avuto un ciclo molto doloroso. Da adolescente un medico mi disse di prendere un antidolorifico prima che il dolore si manifestasse, e sono andata avanti così per anni, “ignorando” il problema. Se avessi approfondito forse ci saremmo accorti prima dell’endometriosi e adesso non avrei una cisti gigante che non vuole andare via.
Dopo la diagnosi mi si è aperto un mondo di ricerche su Google piene di pareri contrastanti, e penso sia proprio conseguenza della scarsa sensibilizzazione sul tema—Lorena, 28 anni
“Una sera, dopo aver fatto sesso, ho sentito una fitta atroce”
Quando i ginecologi mi chiedevano se avevo dolori durante le mestruazioni rispondevo: “Sì!”, con orgoglio stoico di donna che sopporta il dolore alla grande. Pensavo fosse normale, che mi preparasse al dolore del parto. Non prendevo nemmeno antidolorifici.
Una sera, a dicembre dell’anno scorso, dopo aver fatto l’amore con il mio ragazzo ho sentito una fitta atroce. Il giorno dopo stavo ancora male, così sono stata portata in pronto soccorso. Dall’ecografia i medici non hanno visto nulla, anche se dall’esame del sangue i miei globuli bianchi risultavano come impazziti. Mi hanno consigliato esami per la celiachia e una radiografia all’intestino, e con quella sono arrivate le parole del radiologo: “Lei all’intestino non ha nulla, però ha una ciste di 9 cm nell’ovaio sinistro.”
Come avevano fatto al pronto soccorso a non vederla? Più avanti ho capito che forse era così grossa che era stata scambiata per l’utero. Ho prenotato una visita privata, intanto il dolore andava e veniva, sentivo un grosso peso al ventre e facevo fatica a svuotare vescica e intestino. Secondo la ginecologa dovevo essere operata il prima possibile—mi è stato consigliato di tornare in pronto soccorso esagerando i dolori, perché altrimenti l’attesa sarebbe stata troppo lunga. Vergognandomi moltissimo, l’ho fatto. Sono stata operata in laparoscopia e anestesia totale, e da allora prendo la pillola senza interruzioni, anche se non avere più le mestruazioni mi fa sentire strana—Masha*, 36 anni
“Ho scoperto per caso l’esistenza dell’endometriosi e mi si è acceso un campanello”
Durante le mestruazioni, oltre a intensi dolori all’addome che duravano ben oltre i giorni di flusso, avevo male alla spalla destra, soprattutto quando respiravo più profondamente. Il ginecologo mi diceva: “Non si preoccupi, a lei fa male lì, a un’altra fa male la gamba, vedrà che quando rimane incinta le passa tutto.” Poi, per caso, ho scoperto l’esistenza dell’endometriosi e mi si è acceso un campanello.
Mi sono rivolta a una clinica con un’equipe specializzata e la diagnosi è stata immediata: endometriosi diaframmatica. Mi sono subito iscritta all’Associazione (oggi Fondazione), dove ho conosciuto persone con problemi simili e anche peggiori, come una donna che soffriva di endometriosi polmonare. Tantissime lamentavano di non esser state credute dai loro medici, che avevano ridotto i loro sintomi a “solite menate da donne.”
Avevo 35 anni e volevo un figlio. Per salvaguardare questa possibilità hanno tentato un’operazione in laparoscopia, ma la situazione era troppo complicata. Mi è stato detto molto freddamente che anche con la fecondazione assistita non avrei avuto molte speranze. Ho provato comunque, ma dopo due tentativi ho preferito non accanirmi e ho iniziato a prendere la pillola senza interruzioni.
Sono andata in menopausa molto presto, a 42 anni, e posso dire che ciò che molte temono per me è stata una liberazione: finalmente ho iniziato a vivere senza dolori. Mia figlia è stata adottata, ma in un certo senso i dolori del parto li ho vissuti. Più e più volte—Alessandra*, 50 anni
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Ogni storia, dicevamo, è diversa ma un aspetto ritorna in tutte: la tendenza a interpretare i primi sintomi come “banali dolori mestruali.” Mi sono molto riconosciuta nel racconto di Masha e nel suo atteggiamento iniziale, ma sopportare il dolore non è affatto la norma.
L’unico modo per farsi un’idea completa della situazione, in definitiva, è una laparoscopia esplorativa. “Solo così,” spiega la dottoressa Parolari, “si può valutare la presenza non solo di endometriomi, cioè di cisti sulle ovaie, ma anche di endometrio in altri distretti come la parete della vescica o il peritoneo, ed è possibile fare una biopsia per relativo esame istologico. Se però già l’ecografia e la risonanza magnetica permettono di fare un quadro che non necessita di un immediato intervento chirurgico, si preferisce procrastinare la laparoscopica e fare in prima battuta una terapia medica.”
Per un paio di anni dopo l’operazione, dato che ogni mio focolaio era stato eliminato, ho preso la pillola osservando l’intervallo di sette giorni che permette di simulare le mestruazioni. I dolori però erano ancora fortissimi, e soprattutto per me rappresentavano il segnale sensibile dell’endometriosi che si riformava indisturbata. Ho chiesto quindi io alla ginecologa di prendere la pillola senza intervalli. È una scelta che viene spesso definita “innaturale”, e la verità è che il ciclo mestruale, nonostante i progressi, è ancora avvolto da reticenze e tabù. Forse anche per questo di endometriosi si parla così poco.
*Alcuni nomi sono stati modificati su richiesta delle persone intervistate.
Correzione: una versione precedente del testo parlava di tessuto endometriale (e non simile a quello endometriale) che si sviluppa all’esterno dell’utero, dando luogo alla condizione. L’informazione è stata corretta. Ci scusiamo per l’errore.