Il rapporto di una qualsiasi ragazza del Sud con la cucina milanese, almeno all’inizio, è per forza di cose conflittuale: il risotto al dente al quale non eri abituata che temi possa spaccarti il molare; l’insostenibile pesantezza dell’ossobuco; i mondeghili che non saranno mai paragonabili alle polpette di melanzane di tua nonna.Stiamo parlando di preparazioni molto complesse; i milanesi stavano chiusi in casa ore e ore a preparare i piatti della tradizione. La cassoeula devi sgrassarla per giorni, a fuoco lento: non è una cucina intuitiva.
Ma cerchiamo di superare la retorica di cucina del Sud vs cucina del Nord, che ha un po’ stancato e fa ridere solo se vedi i video di Casa Surace la domenica mattina in hangover. Il problema è quando si va sui social e leggi un retorico “guarda qua, tenetevi il risotto voi milanesi” sotto un video su come si fa la carbonara; questo rende lampante come la cucina milanese sia poco conosciuta, poco amata e, se vogliamo, molto facile da bullizzare.“La cucina milanese è un po’ bistrattata per diversi motivi. Innanzitutto stiamo parlando di preparazioni molto complesse; i milanesi stavano chiusi in casa ore e ore a preparare i piatti della tradizione. La cassoeula devi sgrassarla per giorni, togliere il grasso che emerge a fuoco lento: non è una cucina intuitiva. E negli ultimi 20 anni la gente ha sempre meno tempo per cucinare”. Gabriele Zanatta è uno scrittore e un giornalista gastronomico, milanese di nascita, sebbene i genitori non lo siano per niente. Come spesso accade a Milano: qui si viene per lavoro, poi si resta e si mette su famiglia, ma in casa si mangiano cose che di milanese hanno ben poco. “Pensa che io non so parlare milanese, l’unico che ha lavorato al libro e che conosceva il dialetto è Cesare”.
Cesare Battisti, chef del Ratanà e co-autore del libro Cucina Milanese Contemporanea
Insieme allo chef Cesare Battisti, Gabriele ha scritto un libro proprio sui piatti meneghini: Cucina Milanese Contemporanea (Guido Tommasi Editore). Il volume, illustrato da Gianluca Biscalchin, ha come obiettivo quello di costruire una nuova idea di cucina milanese, o quantomeno mettere un punto su quella del 2020, con ricette che raccontano la tradizione attraverso stagionalità e qualche piatto veloce, tipo l’Insalata di Nervetti o il Ris ed erborin (riso e prezzemolo), senza però rinnegare i classici, come il Risotto Giallo e la Costoletta.
Pubblicità
“Altro tema per cui la cucina milanese non è amata, o conosciuta, è che Milano non è un trampolino ma una destinazione: siamo una città che accoglie, non siamo mai andati a colonizzare con i nostri ristoranti altre regioni. Però con questo libro vogliamo dire che Milano non è solo la città del sushi e insegne alla moda”, continua Gabriele.
Cassoeula d'oca
“Non esistono neanche troppi libri sull’argomento: uno degli ultimi al riguardo è quello di Fabiano Guatteri - La Cusina a Milan. Nel nostro volume, però, abbiamo cercato di proporre ricette veloci, realizzabili da chiunque, alcune sono capace di farle anche io, pensa.” confessa Gabriele.
Un altro tema è quello dei prodotti e degli ingredienti: il mito del ‘C’avete solo la nebbia’ ha tratto in inganno per molti anni, facendo sembrare Milano solo un ricettacolo di frutta a verdura che arriva dalle altre parti d’Italia. Cesare Battisti, che oltre ad essere cuoco è un grande “spacciatore” e conoscitore di prodotti lombardi, dice: “Milano, forse la gente non lo sa, è la più grande città agricola d’Italia. Il parco agricolo a sud è vastissimo e sta cambiando anche pelle, con giovani laureati che tornano e trasformano le aziende di famiglia. Si parla di 48mila ettari coltivati e la maggior parte ci tiene a lavorare in maniera etica”. Cesare è un grande promotore della stagionalità degli ingredienti - cosa che si rintraccia benissimo nel libro - e per questo tiene molto al discorso del “anche a Milano ci sono le stagioni e ci sono dei buoni prodotti”.Leggendo il libro ho scoperto che la cucina milanese sa essere anche molto pulp.
Pubblicità
La Cassoeula; illustrazione di Gianluca Biscalchin
Ma uno dei problemi principali quando si parla di Milano e del suo cibo tipico è la mancanza di ristoranti di cucina milanese, ristoranti buoni ovviamente, dove ricredersi o almeno contemplare quanto ricco possa essere un menu da queste parti. Il fatto che quasi nessuno in città sia milanese al 100% porta alla mancanza di indirizzi tradizionali? Probabile.Uno dei consigli che mi sento sempre di dare è l’Osteria dell’Acquabella, in zona Porta Romana, indirizzo molto semplice, ma onesto nel cibo e nei prezzi. Per il resto faccio sempre molta fatica quando mi chiedono dove mangiare un buon Ossobuco. Così chiedo a Gabriele altri indirizzi. “Ratanà, il ristorante di Cesare Battisti; Trattoria Nuovo Macello; Osteria Brunello, dove fanno un risotto e una costoletta da manuale; Testina; Trattoria Masuelli, anche se loro essendo originari del Piemonte fanno anche piatti della loro regione; Da Martino in via Farini”.Se di una città non hai tanti posti da suggerire per parlare della sua cucina forse c’è un problema; noi cercheremo di risolverlo con piatti che Cesare Battisti vuole riportare in auge, e che in parte si trovano nel suo ristorante, come la Frittata con le rane, le Lumache in vino rosso o il Riso in Cagnone, pietanza a lungo dimenticata, come si legge nel libro, dove “cagnum” in dialetto significa larva d’insetto a causa dell’aspetto che i chicchi assumono dopo essere stati bolliti. Leggendo il libro ho scoperto che la cucina milanese sa essere anche molto pulp.Segui Roberta su InstagramSegui MUNCHIES su Facebook e Instagram