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Cinque cose, dopo la frase sui vaccini, per cui avremmo preferito non riparlare di Letizia Moratti

Dopo un'assenza di dieci anni dalle scene politiche, l'ex sindaca di Milano è tornata subito a far parlare di sé. Ripercorriamo alcuni momenti salienti della sua carriera.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
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Letizia Moratti con il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana. Foto via Facebook/Attilio Fontana.

Quando a fine 2020 l’avevamo ritrovata nella docu-serie Sanpa, pochi potevano immaginare che Letizia Moratti sarebbe diventata una presenza molto più costante nelle nostre vite. Poi però ha sostituito Giulio Gallera come assessora al welfare della Regione Lombardia, e da allora il suo nome rimbalza di giornale in telegiornale.

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Proprio in questi giorni, per esempio, si sta discutendo in maniera piuttosto accesa di una sua uscita sulla ripartizione dei vaccini in base al reddito regionale. A parte i virgolettati imprecisi e una smentita di Moratti stessa, in un audio pubblicato da Fanpage lei stessa spiega che dovrebbero esserci quattro criteri per la distribuzione dei vaccini anti-Covid, tra cui “la densità abitativa, le zone più colpite, il tema della mobilità e il contributo che le regioni danno al Pil.”

Il ministro della salute Roberto Speranza ha detto chiaro e tondo che “tutti hanno diritto al vaccino indipendentemente dalla ricchezza del territorio in cui vivono.” Per chi conosce Moratti, tuttavia, una simile proposta non è un fulmine a ciel sereno. Moratti ha infatti alle spalle una lunghissima esperienza imprenditoriale e politica nelle file del centrodestra, che sembrava terminata nel 2011 dopo il primo mandato da sindaca di Milano—costellata da varie polemiche, compresa quella sulla “bat-caverna” del figlio—a cui era seguita la scomparsa dai radar.

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Per inquadrare meglio il personaggio e la sua carriera prima di questo incarico di peso (oltre all’assessorato, è anche vicepresidente del consiglio regionale), abbiamo pensato di ripercorrere brevemente un paio di momenti salienti.

La presidenza della Rai durante il primo governo Berlusconi

Nel 1994, dopo la “discesa in campo” e la prima vittoria di Silvio Berlusconi, Letizia Moratti viene nominata presidente della Rai—diventando così la prima donna a ricoprire quell’incarico. A pochi mesi dalla nomina, vista la marcata vicinanza all’allora premier, una sua dichiarazione provoca non poche polemiche: “La Rai può essere complementare alla Fininvest,” dice, visto che “sono due aziende attualmente in concorrenza sul mercato.”

La presidenza, durata fino al 1996, non inizia tranquillamente. Il consiglio d’amministrazione da lei nominato rischia di sciogliersi per l’opposizione di tre consiglieri, che minacciano di dimettersi in segno di protesta sulla gestione della tv pubblica. Lo storico Franco Cardini, all’epoca consigliere di minoranza, aveva addirittura parlato di “clima irrespirabile.”

Il periodo da Ministra dell’Istruzione nel secondo governo Berlusconi

Dal 2001 al 2006, ossia per tutta la durata del secondo governo Berlusconi, Moratti ha avuto il suo primo incarico politico da Ministra dell’Istruzione. Durante il suo mandato è stata approvata una riforma—passata alle cronache come “riforma Moratti”—molto controversa e criticatissima dall’opposizione, che parlava di “aziendalizzazione” della scuola.  

Contro la legge che portava il suo nome sono state organizzate molte manifestazioni in tutta Italia da parte del mondo scolastico, che ne chiedeva l’abrogazione. Il successivo governo, quello Prodi, l’ha infine eliminata.

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La prima sindaca donna di Milano

Finito il periodo da Ministra dell’Istruzione, nel 2011 Moratti si è candidata a sindaca di Milano con la coalizione di centrodestra. Al termine di una campagna elettorale faraonica (costata oltre 6 milioni di euro, contro i circa 700mila dello sfidante di centrosinistra), vince con il 52 percento dei voti.

Da prima cittadina del capoluogo lombardo Moratti ha ottenuto nel 2008 l’assegnazione dell’Expo 2015, e avviato progetti che sono stati completati dai suoi successori—su tutti la riqualificazione di vari quartieri, come Porta Nuova, e la costruzione di CityLife.

La sua amministrazione, però, è ricordata anche per diversi “scandali e scandaletti.” Nel 2007, ad esempio, ha annullato la mostra intitolata “Vade Retro - Arte e omosessualità” (con la scusa che “era brutta”); e per tutto il mandato ha portato avanti un’intensa campagna di sgomberi di spazi sociali e campi rom, gestita soprattutto dal vicesindaco di estrema destra Riccardo De Corato.

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Lo scandalo delle “consulenze d’oro”

A proposito di scandali: nel 2007, Moratti è stata indagata per un presunto abuso d’ufficio, con le accuse di aver mandato in pensione dirigenti del Comune di Milano per nominarne altri e di aver affidato incarichi a consulenti esterni—undici dei quali considerati “sospetti” per mancanza delle qualifiche.

L’inchiesta penale è stata archiviata nel 2010, poiché le modalità di rimozione dei dirigenti erano “censurabili,” ma non costituivano un reato. Tuttavia, rimanevano gli illeciti amministrativi: nel 2009 la Corte dei Conti della Lombardia ha condannato la giunta Moratti a risarcire il Comune per oltre 350mila euro; sanzione elevata a 591mila euro dalla Corte dei Conti centrale, nel 2017. La Corte di Cassazione ha infine respinto il ricorso dell’ex sindaca nel 2018, rendendo definitiva la condanna pecuniaria.

Il colpo basso a Giuliano Pisapia

Nel 2011 Moratti si ricandida per un secondo mandato a Milano, e l’intera campagna elettorale si trasforma in un meme. Lo sfidante, l’avvocato di sinistra Giuliano Pisapia, tra le varie cose è accusato di voler trasformare la città in un centro sociale a cielo aperto o in una specie di roccaforte “islamica.”

Oltre a questo, la campagna è ricordata soprattutto per due episodi: il primo è la trollata su Twitter della “moschea abusiva in via Giandomenico Puppa” nell’immaginario quartiere di Sucate, a cui lo staff della sindaca ha abboccato in pieno.

Il secondo è il dibattito televisivo finale di SkyTg24, dove negli ultimi 25 secondi Moratti ha accusato Pisapia di aver rubato un’auto nel 1978, lasciando intendere che fosse stato salvato dall’amnistia. In realtà, Pisapia era stato assolto nel 1986.

Nonostante questo “killeraggio mediatico” e l’ingente sforzo economico (più di 10 milioni di euro), Moratti alla fine ha perso contro Pisapia ed è sparita per circa dieci anni dalla scena politica locale e nazionale—fino al ritorno in grande stile di questi giorni.

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