Sono un fan di Nex Cassel, aka Il Generale, da quando – a quattordici anni – ascoltai per la prima volta una sua strofa in The Best Out Mixtape vol. 1 di Noyz Narcos; il pezzo, per chi se lo ricorda, si intitola “Non è un gioco” e dentro c’è anche Giamma, aka Gionni Cash, aka Gionni Grano, aka Gionni Granaio, aka Gionni Sciabola e si potrebbe continuare per molte battute – che insieme a Gionni Gioielli e allo stesso Nex fa parte del trio dei Micromala.
Sono un fan di Er Costa (der Costa) da quando -a quattordici anni- ascoltai per la prima volta una sua strofa sempre nello stesso disco di Noyz Narcos, nella canzone “Keep your mouth shut” con Duke Montana al ritornello: ” come te metti, mo’, stronzo, come la metti quando calamo in venti a fari spenti e te sei sbronzo?”
Videos by VICE
Dai quattordici anni ai ventidue che ne ho adesso il rap italiano è cambiato profondamente, ma Costa e Cassel nel frattempo hanno continuato a fare quello che sanno fare meglio, i dischi.
Er Costa riesce a palleggiare sul beat come a Roma forse nessuno se non il compianto Primo Brown (R.I.P.), unendo un flow alla Deda MD con una attitudine sempre grezza molto familiare per chi è cresciuto a pane e Cor Veleno; Nex Cassel ha le migliori punchline di tutta Italia: sul quel podio ci sono lui, Guè Pequeno e Jack The Smoker (coi quali, in più occasioni, Nex ha collaborato – vedi qui e qui).
Ora, in otto anni succedono un sacco di cose ma in un anno e mezzo possono succederne anche di più, e più significative: un anno e mezzo è il tempo passato dall’incidente automobilistico che ha coinvolto Er Costa, incidente nel quale il nostro si è rotto entrambe le gambe (ne ha parlato in un pezzo, “Ossa Rotte”, uscito da un paio di mesi); poi però succede anche che Er Costa telefona a Nex Cassel, e gli dice: facciamo un disco; e succede che i due passano venti giorni in Veneto e partoriscono Doppio Taglio, un EP di sette tracce (interamente prodotto da St. Luca Spenish) il cui titolo richiama sia la combo regionale dei rapper sia il taglio di capelli distintivo dei coatti romani; e infine, succede questa intervista e chiacchieriamo un bel po’.
Ho approfittato di questa doppia chiacchierata per fare un po’ di ordine nella discografia dei due, offrendo ai lettori di Noisey dei pezzi che potrebbero aver perso per strada.
È davvero un peccato non aver potuto riprodurre in trascrizione i rispettivi dialetti, quello veneto di Cassel e quello romano di Roma Est der Costa: purtroppo il caporedattore mi ha vietato di essere filologicamente rigoroso, quindi prendetevela con lui, ma mi raccomando – mentre leggete fate un piccolo sforzo di immaginazione.
Noisey: Ho iniziato ad ascoltarvi nei dischi di Noyz Narcos. Ho conosciuto entrambi in questo modo quando ero in prima superiore.
Nex: Beh, hai cominciato presto. Quindi hai scoperto Noyz e poi hai cominciato a fumare stagnole di roba? (ride)
No no, capivo metà di quello che sentivo nei testi, figuriamoci… non sapevo neanche cosa fosse una stagnola…
Nex: Questo perché i ragazzini, anche oggi, ascoltano la roba senza capire bene cosa stanno ascoltando, i rapper hanno spesso fan veramente piccoli. Secondo me molta gente non capisce bene tutto quello che sente.
Er Costa: I rapper vengono sempre accusati di dare dei messaggi negativi ai più piccoli, perché c’è questa idea che il rap debba essere educativo. La gente dovrebbe rilassarsi un attimo e capire che il rap non è un manuale di istruzioni su come campare e andare in giro per strada. Se lasci i tuoi bambini di nove anni, di dodici anni, davanti alla televisione e alla Playstation, poi non ti puoi incazzare perché tuo figlio non capisce la differenza tra un videogioco e la vita vera; è dagli anni Sessanta che nella musica e nel cinema si trovano messaggi di un certo tipo, e se a dodici anni senti parlare di droga o di violenza magari il problema non è di chi ne parla. La musica rap è spesso semplice cronaca di quello che accade in giro per strada e nella vita reale: non parla del mondo come dovrebbe essere, ma del mondo com’è. E poi la musica è prima di tutto intrattenimento…
Non sai quanto sono contento che tu abbia usato la parola “intrattenimento”. Quando rompono il cazzo ai Dark Polo Gang (e ci starebbero ventimila motivi migliori per cacargli il cazzo, se vuoi) perché sono volgari e materialisti mi cascano le palle per terra. Mi ricordo che era appena uscito GTA San Andreas, io avevo dodici anni e frequentavo i forum di videogiochi, al tempo pieni di gente che si lamentava dell’ipocrisia delle associazioni genitoriali che si scagliavano in continuazione contro i videogiochi violenti. Sono solo videogiochi, scrivevano giustamente gli utenti, non è che domani uscirò per strada e inizierò ad accoltellare delle prostitute solo per desiderio mimetico. Quelle stesse persone me le sono poi ritrovate a intasarmi la filter bubble scagliandosi contro la maleducazione della Dark Polo (Federico Sardo ha analizzato proprio questo aspetto, sempre su Noisey, parlando di Sfera Ebbasta).
Er Costa: Sì fratè, io sono cresciuto negli anni Novanta e se avessi fatto anche solo la metà delle cose che sentivo nei dischi a quest’ora ero in galera, e ci sarei rimasto per tutta la vita. Però a quel punto che ti devi sentire, Gianni Morandi? Pure se ascolti certa musica rock e segui alla lettera le parole finisci in comunità o dentro una bara. Se ti piace Full Metal Jacket non è che esci di casa e cominci a sparare alla gente. Ripeto, se uno approccia il rap come una cronaca di ciò che c’è in giro per strada, allora non lo si può assolutamente prendere come istigazione ad un certo tipo di comportamenti.
Qual è il vostro pezzo preferito del disco?
Er Costa: Il mio è senza dubbio “Zona mia”, al 100 percento. Lo sento un po’ più “mio” degli altri, anche a livello di sonorità. Il beat l’ho praticamente prodotto insieme a Spenish, l’abbiamo escogitato insieme in hotel, e anche la mia parte di barre, il ritornello ecc. si sono scritti da soli, mi sono venuti di getto. Mi piace un sacco anche “House Party”, questa roba un po’ dal suono classico e divertente.
Nex Cassel: Sì, questa roba un po’ chillin’. Comunque, anche io direi “Zona mia”. Il disco ha tutto un suo equilibrio, ogni pezzo un suo ruolo, sono tutte canzoni allineate anche se ognuna ha un suo ruolo e una sua personalità. Ma se dovessi dirne uno direi “Zona mia”.
Quando ero pischello e vedevo qualcuno col doppio taglio cambiavo marciapiede, perché avevo i capelli lunghi e mi bullizzavano per strada.
Er Costa: Il doppio taglio l’ha sempre portato una certa categoria di persone quando ero un ragazzino, adesso lo portano tutti ma prima era un taglio di quartiere. Oramai è diventato un po’ universale, nel senso che ho visto anche delle donne portarlo per esempio, o gente di qualsiasi estrazione sociale, ma fino a qualche annetto fa era una cosa di estrazione prettamentte popolare. Ci vedevi più gente in tuta che in camicia, col doppio taglio, non so se mi spiego.
Avete collaborato spesso, voi due, ma le vostre discografie sono totalmente diverse: quella di Nex è caotica e dispersiva, ci si orienta male, invece Costa nella tua si naviga bene: tu hai fatto Una storia italiana X con Matt Er Negretto, poi Nudo e crudo, il tuo primo disco ufficiale, più un sacco di collaborazioni sparse (con Noyz Narcos, Gente de Borgata, eccetera): nel 2014 esce la raccolta Tutto tranne che Nudo e crudo, che contiene… tutto, tranne che Nudo e crudo. Adesso, partendo da te, offriremo ai lettori di Noisey una retrospettiva sui vostri pezzi migliori. Uno dei tuoi pezzi che preferisco è “Caschi male”, te lo ricordi? Con Saga e Matt Er Negretto.
Er Costa: Quel pezzo non posso scordarmelo, perché è stato il secondo che ho scritto e fatto uscire (il primo pezzo in assoluto è quello che sta in Musica seria del Turco, “Appartiene alle strade”). Tra i due pezzi c’è una differenza abissale, quando sento “Appartiene alle strade” quasi non riconosco la mia voce e dico: porca troia regà, ma ero io? Era il primo pezzo in assoluto e non ero proprio capace a registrare, non ero mai stato in studio. Invece in “Caschi male” già un po’ sapevo quello che stavo facendo in fase di presa voci ed è stato uno dei miei pezzi che ha girato di più e già si sente il miglioramento. Alla fine, la cosa bella del rap come s’è fatto a quel tempo era proprio quello. Se ti metti a pensare: chissà come verrà presa, chissà come verrà interpretata questa canzone, allora non combini più niente. Forse adesso ci si pensa un po’ troppo a questo, ma si tratta pur sempre di canzoni: uno la spara grossa perché sta in quel mood lì, e se io dico una cosa nei pezzi non è che per forza il pischello di sedici anni deve andare a fare quella cosa – è il discorso che facevamo prima sull’intrattenimento.
Se dovessi scegliere il tuo pezzo preferito in assoluto, tra quelli che hai fatto? Quale diresti?
Er Costa: Ammazza che domandona, fratè. Io faccio sempre un po’ fatica a rispondere a questa domanda, perché a volte il pezzo preferito può essere quello che tu all’interno percepisci in una maniera diversa a come lo percepiscono gli altri. “A regazzì” sicuramente è uno dei pezzi miei più riusciti, la gente lo conosce di più, a distanza di anni ancora mi fanno i complimenti per quel pezzo, addirittura la gente mi ringrazia perché è un pezzo che l’ha aiutata. Io c’ho un’attitudine mista comunque, mi piacciono sia i pezzi con contenuto, conscious, sia quelli in cui si sparano le cazzate. Anche se poi magari incontri qualcuno per strada o che ti scrive online e ti dice “grazie Cla’, quel pezzo m’ha salvato la vita perché m’è successo questo, questo e quest’altro e in quella canzone ho trovato la forza per reagire” e io ancora resto un po’ incredulo quando succede, e nonostante sia molto meno conosciuto (perché ho fatto l’enorme cazzata di non girare il video) il pezzo mio più soggetto a questo tipo di situazioni è “A testa alta”, prodotto da Sine. Forse è il mio migliore di sempre.
Secondo te il rap nudo e crudo lo abbiamo perso? Il rap in cui era importante la delivery e l’impatto delle barre su un ascoltatore?
Er Costa: Secondo me il punto è che il tipo di rap in cui quell’aspetto lì è curato semplicemente non va più. Questo è un discorso lungo ed è difficile affrontarlo senza attaccare missili infiniti, ma guarda il tipo di rap che piaceva a me quando ero più giovane: c’era una difficoltà proprio tecnica nel riuscire a farlo in modo competitivo. Prima c’era il culto della rima e il culto della tecnica, e solo per iniziare a pensare di farla quella cosa ci dovevi avere una capacità che ti richiedeva sforzo e allenamento. E anche avendo quelle caratteristiche poi non era automatico che vincevi, ma se non ce le avevi era impensabile anche solo partecipare. Adesso non voglio dire che sia meglio o che sia peggio, è solo diverso. Tanti oggi vanno perché il loro immaginario funziona un botto e il loro personaggio funziona un botto, e poi magari non gliene frega un cazzo a nessuno se invece di cantare fanno le doppie sul disco. Certa musica che adesso va un botto fa schifo anche a livello tecnico, magari, e però poi magari in qualche modo fa presa, e da fenomeno di internet arriva a funzionare anche dal vivo, pure se il tizio oggettivamente non è capace a rappare, non ti so dire, boh. Cioè, la differenza tra il rapper che vende un botto e il meme vivente, il fenomeno di internet, secondo me s’è un po’ troppo assottigliata. D’altronde l’Italia è l’unico paese nel mondo in cui il lolrap spesso fa più numeri dei rapper normali.
A proposito di scrittura, Nex, tu sei un rapper molto raffinato. Hai una cosa tutta tua, cioè l’utilizzo delle false rime equivoche (le stesse parole con accezioni diverse, significanti uguali ma significati diversi) e tantissime rime interne. “Vi togliamo le armi” secondo me è un po’ il tuo manifesto: “Rappresento per la gente che non abbassa la testa / non abbassa il volume alla prossima festa / non abbassa le armi, non abbassa la guardia / anzi alza il pugno quando passa la guardia”; “no, no, non entri senza mandato, di’ a chi ti ha mandato che ti ci ho mandato”.
Nex: Ti ringrazio perché invece c’è sempre l’ignorante di turno che dice “questo non fa neanche le rime”, quando in realtà questo è il miglior modo di chiudere una barra, perché fai rima con tutte le silabe della parola. Meglio di così…
Il vostro modo di scrivere in questo senso ha delle somiglianze, se non a livello di scrittura quantomeno di attitudine (anche se Costa fa tantissime rime interne anche lui). Date molta importanza alla delivery, al modo di consegnare le barre a chi le ascolta, un aspetto che ormai sembra non contare più molto.
Nex: A me personalmente la scrittura raffinata, a livello di tecnica, piace molto. Il rapper che va dritto e basta mi annoia. Qualcosa di geniale ci deve sempre essere da qualche parte, che sia nelle cose che dici o che sia nel modo di dirle. Un marchio di fabbrica uno ce lo deve avere: sono buoni tutti a dire “scopo la tua troia”, la cosa difficile è mettere giù questa cosa in maniera obliqua, laterale.
Vi piace qualcuno della nuova scena? Cosa ascoltate, ultimamente?
Nex: Sì, non so se possiamo definirlo nuovo ma facciamolo lo stesso: direi Lazza. Anche Axos. Loro c’hanno questa cosa di sbattersi nella scrittura. Poi ce ne saranno mille altri che non mi vengono in mente adesso, e ce li teniamo per la prossima intervista.
Er Costa: Io ultimamente ascolto solo James Brown e Frank Sinatra.
Nex, la tua discografia invece è molto più dispersiva. Hai collaborato con chiunque (anche “con i meglio, sì però quand’erano un po’ meglio”), da Fedez a Esa.
Nex: Sì, ero proprio un fanatico. Soprattutto prima. (ride)
Fare un bilancio è un po’ difficile, ci provo. Due dischi e un mixtape coi Micromala, tre volumi di Tristemente noto, due dischi ufficiali, due tape estivi con Gionni Grano, e sto sicuramente dimenticando qualcosa. Facciamo un po’ di ordine e andiamo a recuperare qualche banger che si potrebbe essere perso in questo mare magnum. Iniziamo da una delle mie preferite, “Game over” con Jack The Smoker: “Non ho l’Impala, ma la tua troia l’ho impalata”.
Nex: Quelle frasi da tatuaggi, no? Farsi un bel tattoo con una frase così. (ride) Sono cose che rimangono nella storia. Avevo fatto anche un altro pezzo che mi piace parecchio, sempre con Jack, e si chiama “Non noi”. Sta in Tristemente Noto parte due. Mixato un po’ a caso, ma adoro quel pezzo. Poi… dai, dimmene un paio tu che io c’ho un po’ di confusione in testa, non riesco mai a capire quali sono i miei banger.
Sicuramente “Paura e soldi”, sempre da Tristemente Noto parte due: “se capisci come / va la tua nazione / puoi capire dove accendere la ribellione“. Poi “No di nuovo”, con Gionni Grano.
Nex: Oh, non riesco a farlo live quel pezzo. Sarebbe fattibilissimo da rappare, però non riesco a ricordarmelo e quindi non l’ho mai fatto dal vivo, purtroppo. Ma mi piace molto, è uno di quei pezzi di rime a pioggia.
“Non chiamarmi nemmeno” è clamorosa, soprattutto l’inizio della seconda strofa. Trascrivo anche questa perché vale la pena di essere letta: “Per scrivere un disco passo a casa mesi / ma controllo queste strade come i Casalesi / io faccio rap, non faccio merda dance / quando arriva Nex vi manda a casa lesi”.
Nex: Quello che ho sempre cercato di fare io negli anni, soprattutto in quel periodo lì che ero in forma e avevo maturato il mio stile, era fare pezzi che potessero arrivare su due piani diversi. Cioè, quella canzone arriva anche ad un ascolto superficiale, però se poi uno è più appassionato ha sempre la possibilità di andare a vedere le tecniche al suo interno – ma non è necessario, capito? Non si tratta solo di finezze per nerd: le canzoni ti arrivano in faccia in maniera semplice, e allo stesso tempo però la loro struttura può essere più complessa.
Poi “Rap ogni minuto”, in Monkey Biznez vol. 4, un disco di Bassi Maestro che penso si sia perso nel tempo, saremo in dieci ad ascoltarlo ancora. “Io voglio Marra alla Rai, Inoki su Sky, i Dogo su MTV assieme ai GDB”.
Nex: Vedi, un po’ di quelle previsioni sono avverate, no? Noyz che “taglia uno su Italia1” ancora no, però. (ride) Quello era un brutto periodo, ero agli arresti domiciliari, Bassi mi ha chiesto se volevo partecipare a questo disco e poi mi ha mandato questa base bella hardcore. Mi ricorda anche un momento un po’ triste della mia vita, quindi, anche se ricevere quella base nella casella email mi diede molta felicità. Con Bassi ho anche fatto un altro pezzo, sempre con Jack The Smoker, “Get Retarded”. “Non faccio rap moscio, non faccio rap conscious”. In quel caso è stato lui a spingermi verso l’ignoranza. (ride)
Dove vi siete conosciuti?
Er Costa: Alla serata di Ministero dell’Inferno, a Milano, al Tunnel. Quella è stata una serata molto divertente e movimentata. È successo tutto e il contrario di tutto. Senza fare nomi ed entrare nello specifico, diciamo che un po’ tutti i presenti hanno dato del loro meglio, o del loro peggio. Di serate scalmanate ne ho viste tantissime nel corso degli anni, ma forse nessuna come quella sera. Un delirio.
Nex: Eravamo a Milano, al Tunnel. Quella serata ce la siamo fatta tutta insieme, da super amici. Ero lì con altri dell’Adriacosta, e noi non eravamo né sul palco né tra il pubblico quindi ci siamo trovati. Non ho mai trovato una serata di rap italiano così punk. La più assurda della mia vita. Gente che scopa sotto al palco durante il live… era proprio l’inferno, appunto. Poi tra il pubblico c’erano un sacco di alternative, metallari, punkabbestia, rocker, c’erano tutti tranne che rapper nel pubblico praticamente, era tutto un po’ mischiato.
Come nasce l’idea di fare un disco insieme?
Er Costa: Io ero già rotto, spaccato dall’incidente, e dovendo stare fermo mi sono detto: usiamo questo tempo per fare musica. Era un po’ di tempo che volevo fare qualcosa di nuovo ma, siccome sono stato fermo per parecchio tempo, ho pensato che sarebbe stato meglio un progetto breve, di poche tracce, con un altro rapper. Ho sempre ascoltato molto la roba di Nex e io e lui avevamo già collaborato ad alcuni pezzi, secondo me molto ben riusciti, e così l’ho chiamato. Ci sono stati dei ritardi enormi nell’uscita del progetto principalmente a causa delle mie condizioni di salute, perché mi avevano fatto credere che in autunno sarei stato in forma, contavamo di partire con gli in-store e le date in quel periodo, ma poi a Gennaio mi hanno rioperato ad entrambe le gambe e mo sto ancora con le stampelle, quindi a un certo punto abbiamo detto: vabbè, buttiamolo fuori e basta.
Almeno musicalmente però sei molto in forma.
Er Costa: Fratè, è difficile giudicare. Sono stato sicuramente più in forma di così. Poi, ripeto, io sono sempre stato un fan dei rapper che quando li vai a sentire dal vivo spaccano almeno quanto su disco. Quelli che dal vivo non mi trasportano non sono mai stati i miei preferiti, quindi l’idea era quella di fare dei live di Cristo. E non credo di essere in grado con le stampelle: tornerò alla ribalta quando potrò zompare sul palco e spaccare tutto. Sicuramente adesso le cose in studio le farò con un altro tipo di approccio, ma avere un problema così, dopo una vita di sport, dopo una vita di intensa attività fisica, è una cosa che un po’ ti cambia, e inevitabilmente questi cambiamenti entrano nella scrittura: quando appoggi la penna sul foglio e scrivi, si sente pure un po’ che stai a passà un periodo. ” Ossa rotte” l’ho fatto proprio per non ripetermi: la gente mi fermava, “oh come stai, oh fra quanto guarisci, oh che è successo”, ad un certo punto mi ero rotto il cazzo di spiegare cosa fosse successo e come, e così ho fatto ” Ossa rotte” per disperazione – così non ero costretto a raccontare sempre la stessa storia a chiunque me la chiedesse. Scritto in una notte, registrato il giorno dopo, mixato quello dopo, pubblicato quello dopo. Ed è anche mezzo andato bene.
È un po’ alienante raccontare una cosa simile su un beat trap.
Er Costa: Il mio ragionamento è stato: già l’argomento non è dei più allegri, già è un po’ un accollo, se lo senti ti potresti anche grattare le palle; se ci metti un beat lento riflessivo strappalacrime la gente cambia pezzo per disperazione; e allora mi serviva il beat per controbilanciare, dal tiro un più aggressivo per non farlo sembrare un piagnisteo. Quando risento quel pezzo mi fomenta. Tutto grazie a Frenetik Beat, Danielino, che mentre ascoltavamo alcuni provini di beat mi ha messo sta trappata ignorante e appena l’ho sentita mi sono detto: è questa. A brevissimo termine, in ogni caso, farò uscire qualcosa di nuovo prestissimo, nonostante la sofferta decisione di non esibirmi più dal vivo finché non sarò al 100% della forma fisica. Anche se quando l’ho fatto la gente era presa bene e molto coinvolta, prima di tutto devo divertirmi io, e non mi stavo divertendo per un cazzo.
Matteo è su Facebook.