“La nostra storia è fatta di migrazioni. Fanno parte della nostra discendenza. Quello che sta succedendo oggi è già avvenuto nel passato, e ce la siamo cavata tranquillamente.”
Hélène Rougier, antropologa della California State University, non ha dubbi: decine di migliaia di anni fa, la situazione non era molto diversa rispetto a quella attuale.
Videos by VICE
L’antropologa ha realizzato, insieme a una squadra internazionale di archeologi, biologi e scienziati esperti di altre discipline, una delle analisi più ampie mai condotte su campioni di materiale genetico appartenente a uomini preistorici, e risalente fino a 45.000 anni fa.
Così facendo, i ricercatori hanno tracciato l’albero genealogico degli europei di oggi, percorrendo a ritroso la storia fino ai tempi dei loro più antichi antenati.
La ricerca ha portato a un fiume di scoperte, che mostrano come i primi europei si siano spostati durante l’era glaciale e si siano mischiati con i nuovi arrivati, giunti a più riprese nel corso dei millenni.
Gli esperti affermano che i risultati, pubblicati di recente sulla rivista Nature, contengono lezioni preziose per gli attuali abitanti del continente. E siano una sorta di risposta ‘storica’ alle posizioni xenofobe contro i migranti e i rifugiati in arrivo dal Medio Oriente e dal Nord Africa, i quali hanno percorso migliaia di chilometri per arrivare in Germania, Grecia, Italia e altri paesi.
Secondo i ricercatori, alcuni dei primissimi europei avrebbero vissuto in quello che oggi è il Belgio — stando a quanto riscontrato analizzando un fossile di 35.000 anni fa.
Gli scienziati hanno scoperto anche che i primi europei avevano gli occhi marroni e la pelle scura. Sono stati i contadini del vicino Oriente a portare gli occhi blu e la pelle chiara sul continente.
“Questo rappresenta un messaggio sociale molto importante,” dice Ian Tettersall, curatore emerito della Divisione di antropologia del Museo americano di Storia Naturale, che non ha lavorato allo studio. “Siamo tutti dei meticci.”
Leggi anche: Il cambiamento climatico potrebbe ridurre in povertà 100.000 persone entro il 2030
Gli arrivi dal vicino Oriente sono iniziati circa 14.000 anni fa, quando il clima è diventato più caldo. Secondo Rougier, anche oggi simili fenomeni naturali – come l’aumento del livello del mare, le siccità e le tempeste catastrofiche – stanno costringendo le persone a cambiare la propria vita.
“Stiamo parlando di un periodo in cui il clima è cambiato in maniera significativa,” dice. “Ci sono stati periodi in cui era davvero inospitale. Alcune popolazioni si sono ridotte, altre si sono spostate verso climi più caldi, e poi si sono espanse di nuovo.”
La Siria, per esempio, è stata colpita da una siccità estrema negli anni che hanno preceduto le rivolte del 2011, contribuendo a dare inizio alla guerra civile nel paese. Quella siccità ha provocato infatti la distruzione dei raccolti, le migrazioni di massa verso le città, e la discordia sociale che ha scatenato il conflitto.
Lo studio racconta la storia di diversi gruppi il cui nome deriva dai siti archeologici in cui sono stati ritrovati i loro resti.
Gli Aurignaziani, che in Francia hanno dipinto le famose immagini nelle caverne, hanno dominato l’Europa e poi sono scomparsi circa 30.000 anni fa quando un altro gruppo, quello dei Gravettiani – cacciatori di mammut – è arrivato nel continente.
Gli scienziati non riescono a ricostruire con certezza gli spostamenti degli Aurignaziani, ma 19.000 anni fa i loro geni sono riapparsi sulla penisola Iberica all’interno di un altro gruppo, quello dei Magdaleniani — noti per le incisioni effettuate con le corna di renna.
I Magdaleniani si sono spostati a nord quando i ghiacciai dell’era glaciale hanno iniziato a ritirarsi. Poi sono arrivati i gruppi del vicino Oriente.
Lo studio ha scoperto anche che i geni dei Neanderthal nei primi uomini europei si sono ridotti dal 3-6 per cento di a 45.000 anni fa – quando i Neanderthal erano ancora attivi in Europa – al 2 per cento di oggi.
Gran parte degli umani si sono probabilmente accoppiati con i più primitivi Neanderthal prima di arrivare in Europa, quando erano stanziati in Africa, nella culla dell’umanità. I ricercatori affermano che il DNA dei Neanderthal era leggermente “tossico”, e ha probabilmente provocato tra loro morti più frequenti, mentre la selezione naturale ha contribuito a ridurre le loro tracce di DNA negli umani di oggi.
Leggi anche: Saccheggi e razzismo: la ‘scoperta’ di una città perduta ha scatenato una mare di polemiche
Lo studio ha usato i resti di sole 51 persone. Stando ai ricercatori, tuttavia, questo numero è dieci volte più alto rispetto alle molte altre ricerche che hanno studiato il DNA preistorico.
Robert DeSalle, direttore di sistematica molecolare al Museo americano di Storia Naturale – che non ha contribuito allo studio – dice che 51 potrebbe sembrare un numero trascurabile, e che sarebbero certamente graditi più campioni, ma che è comunque una quantità sufficiente per arrivare alle conclusioni contenute nella ricerca.
I ricercatori sono riusciti a estrarre i geni preistorici dalle ossa non ancora fossilizzate, separando i batteri dal DNA umano, dice DeSalle. “È una tecnologia spettacolare. Se 10 o 15 anni fa mi avessero raccontato che tutto questo sarebbe stato possibile, avrei detto ‘Siete pazzi,’” racconta DeSalle.
Lo studioso ritiene che la stessa spinta che porta gli scienziati a imparare cose nuove sulle popolazioni preistoriche potrebbe anche aver portato i primi umani a indagare il mondo intorno a sé.
“Siamo una specie a cui piace molto muoversi ed esplorare,” dice DeSalle. “Questa è una delle cose che più ci distingue dalle altre [specie]. Siamo anche una specie molto consapevole della nostra storia; non [sappiamo solo] dove andiamo, ma anche da dove veniamo.”
Segui VICE News Italia su Twitter, su Telegram e su Facebook
Segui John Dyer su Twitter: @johnjdyerjr