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Cibo

Ecco perché non dovreste perdervi Terra Madre Salone del Gusto

Ogni due anni a Torino l'evento più importante di Slow Food. E una visita dovreste farcela anche voi, se vi piace il cibo e volete assaggiare cose molto buone.
Giorgia Cannarella
Bologna, IT
Paolo Properzi / Archivio Slowfood

Nel 2012 ho avuto la fortuna di fare uno stage all'ufficio stampa di Slow Food. Ho vissuto tre mesi a Bra preparando la comunicazione del Salone, e poi ho passato cinque, meravigliosi giorni a Torino. Il mio quindi è un punto di vista interno e decisamente poco neutrale sull'evento.

Dal 20 al 24 settembre 2018 a Torino si svolge il Salone del Gusto. Anzi, per essere più precisi e chiamarlo con il vero, ma meno utilizzato, nome, si svolgerà Terra Madre Salone del Gusto 2018.

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È l'appuntamento più importante per Slow Food, che non dovrebbe aver bisogno di presentazioni ma che per brevità possiamo presentare come: l'unica associazione del cibo che valga la pena conoscere.

Fondata nel 1989 da Carlo Petrini a Bra, misconosciuto paesino langarolo, e da lì arrivata in tutto il mondo promuovendo il cibo "buono pulito e giusto", Slow Food sta cercando di rivoluzionare il modo in cui mangiamo, consumiamo e concepiamo il cibo. Il Salone del Gusto, organizzato ogni due anni e giunto alla sua dodicesima edizione, riunisce circa un milione di persone nei cinque giorni di evento. Un milione. Vale la pena farci un salto e capire cos'è, no?

Alessandro Vargiu / Archivio Slowfood

Alessandro Vargiu / Archivio Slowfood

Nel 2012 ho avuto la fortuna di fare uno stage post laurea all'ufficio stampa di Slow Food. Ho vissuto tre mesi a Bra, sede operativa dell'associazione, preparando la comunicazione del Salone, e poi ho passato cinque, meravigliosi giorni a Torino. Il mio quindi è un punto di vista interno e decisamente poco neutrale: è stato un periodo bellissimo della mia vita, che ha cambiato per sempre il mio modo di approcciare il cibo e la mia futura carriera.

7000 persone da oltre 140 paesi

Durante il Salone si ha l'opportunità di incontrate un'umanità varia e bellissima: circa 7000 persone da oltre 140 paesi arrivano qui per condividere le loro storie e raccontare i loro prodotti. Sono contadini, pescatori, pastori, insomma, artigiani del cibo, dalle Ande cilene alle spiagge della Piccola Martinica, dalla campagna messicana al Mar Bianco russo. Ci sono tutti i rappresentanti della comunità di Terra Madre, persone che magari hanno pochissimo in comune, non parlano la stessa lingua e non sono mai uscite dal loro paese, ma hanno lo stesso obbiettivo: salvaguardare la biodiversità, ricercare un'indipendenza economica e in molti casi - come le tante comunità di donne o di indigeni marginalizzati - un riscatto sociale, mantenere tradizioni millenarie.

Francesca Cirilli / Archivio Slowfood

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Francesca Cirilli / Archivio Slowfood

Sto diventando retorica? Lo spero. Non posso non commuovermi, indignarmi o infervorarmi quando parlo di questi temi. A voi parole come sovranità alimentare o biodiversità lasciano non dico indifferenti (mostri!) ma tiepidi? Il Salone potrebbe essere un'opportunità per redimervi (sto scherzando, sto scherzando) ma anche partecipare ad attività comunque piacevoli.

È il momento di assaggiare la pecora Navajo e lo Yak

Ci sono forum di approfondimento su cambiamento climatico e antibiotici nella carne, scanzonati laboratori sullo champagne o il vermouth, degustazioni di formaggi alghe pane e altre squisitezze, e perfino cene, con sconti particolari per gli under 35. E poi, quando mai vi ricapita di assaggiare il formaggio di yak, l'umbù brasiliano e la pecora dei Navajo, a pochi metri di distanza nella stessa giornata?

Paolo Properzi / Archivio slowfood

Paolo Properzi / Archivio Slowfood

L'hashtag di Terra Madre Salone del Gusto quest'anno è #foodforchange. Banale, ma potentissimo ed efficacissimo nella sua banalità.

Non so voi, ma in tempi in cui ogni tipo di impegno politico mi sembra non dico tempo perso, ma quantomeno tempo speso male, l'idea di poter fare un cambiamento almeno con le scelte alimentari che compio è allettante. Di più: mi dà speranza. E la speranza è roba rara, quanto il mandarino del Khasi o il miele del vulcano Wenchi.

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