pianta pomodoro antico in aridocoltura
Foto dell'autrice ove non specificato.
agricoltura

Gli agricoltori nel Salento che hanno deciso di coltivare utilizzando meno acqua possibile

Due generazioni di agricoltori pugliesi mi hanno raccontato come si fa a coltivare senza irrigare. E come spesso accade, le buone pratiche ambientali vengono dal passato.

In un momento storico cruciale, in cui i cambiamenti climatici non possono più essere ignorati, ogni azione che sostiene l'ambiente va valorizzata e conosciuta meglio. Da quando ci siamo 'svegliati dal torpore' - forse ancora non abbastanza - ogni giorno veniamo bombardati da consigli e pratiche per diminuire il nostro impatto sull'ambiente, vediamo addirittura comparire strani piatti realizzati con foglie sulle nostre home di Facebook e Instagram. Ma, se alcune pratiche a favore dell'ambiente, si basassero sul solo recupero di antiche tecniche dimenticate nel corso dei decenni? È il caso dell'aridocoltura.

Pubblicità

L'aridocoltura è una tecnica recuperata, il Salento è una regione priva di corsi d'acqua. C'è acqua, ma è tutta sotterranea. Oggi ci sono i pozzi, ma un tempo bisognava centellinare ogni litro d'acqua, per esempio la stessa bacinella d'acqua in cui si lavavano 5 persone, veniva poi riutilizzata per irrigare i campi.

Di pari passo al cambiamento climatico, aumenta anche la popolazione mondiale e di conseguenza la domanda di cibo, mentre la disponibilità d'acqua per coltivare si riduce. Come riferisce il WWF, in tutto il mondo si stanno prelevando quantità d'acqua superiori alla capacità del suolo di rigenerarle, mettendo in serio pericolo le falde acquifere. Oltre a questo, gli impatti ambientali connessi all'agricoltura intensiva sono tanti e devastanti. Sempre secondo il WWF, l'attività agricola consuma mediamente il 46% delle risorse idriche, contro il 19% della produzione elettrica, il 18% delle forniture idriche, e il 17% dell’industria.

campo in aridocoltura

Campo di pomodori in aridocoltura della Masseria Sant'Angelo. Foto dell'autrice ove non specificato

L’aridocoltura comprende un insieme di pratiche agricole da adottare in condizioni di limitate disponibilità idriche, senza dover ricorrere all’irrigazione, ma lavorando il terreno con lo scopo di ottimizzare lo sfruttamento delle fonti idriche naturali, come la pioggia e le acque presenti nel sottosuolo.

L'ho scoperto nel Salento, dove per la scarsità di corsi d'acqua e il clima arido, questa tecnica era un tempo parte delle normali pratiche agricole. E sempre nel Salento ho avuto la fortuna di incontrare e parlare con alcuni agricoltori che hanno recuperato l'aridocultura, dandogli nuova vita.

Pubblicità

L'aridocoltura ha semplicemente bisogno di continue sarchiature: le si fa utilizzando una zappa, smuovendo il terreno, perché all'interno ci sono dei cunicoli, dove l'acqua contenuta nel terreno evapora. Intervenendo con l'attrezzo si ostruisce il cunicolo e l'umidità si preserva nel terreno più a lungo.

Il primo agricoltore con cui parlo è Rocco Avantaggiato: la sua masseria è poco lontana dal centro di Corigliano d'Otranto, un paese in provincia di Lecce. Siamo nel bel mezzo della Grecìa salentina: i greci hanno lasciato tracce indelebili del loro passaggio ancor oggi, come il Griko Salentino, una lingua che deriva dal greco antico, che continua ad essere usata soprattutto dagli anziani.

Teatro greco in Salento

Il teatro greco ricostruito da Rocco all'interno della Masseria.

Arrivo alla Masseria Sant'Angelo, il regno di Rocco, dopo essermi persa tra le campagne. La masseria si compone di diverse abitazioni sparse in mezzo al verde e una struttura centrale più grande, sono rispettivamente gli appartamentini che Rocco affitta e il ristorante. Il tutto è circondato da tanti orti, frutteti, ulivi e un parco tematico dove sono ricostruite alcune architetture antiche del salentino.

1560868257402-rocco-masseria-santangelo

Rocco Avantaggiato

Rocco è nato qui, in Salento. Da bambino, mi racconta, ha respirato la campagna, l'agricoltura ed è legatissimo alla musica e alla lingua Grika. Ha studiato da perito agrario, ha lavorato e vissuto per diversi anni a Roma, occupandosi sempre di agricoltura, ma le sue radici sono sempre state salde nel Salento: "Dopo 10 anni sono tornato nella mia terra e ho iniziato a ristrutturare la masseria in cui sono nato e cresciuto. Anno per anno, un pezzo alla volta, utilizzando quasi esclusivamente materiale riciclato e recuperando dalle demolizioni della zona la pietra leccese. La masseria sfrutta anche l'energia solare, grazie ai pannelli." Per Rocco, la Masseria dev'essere come una cellula autosufficiente: "Qui si è autonomi: ci si fa da soli pane, olio, verdure, formaggio. Tutto ciò che serve per vivere. Ma nulla rispetto a un tempo, in cui le masserie erano fornite di scuola e cappella. Ci abitavano più famiglie e operai stagionali, che venivano chiamati nel periodo della vendemmia, della mietitura…"

Pubblicità
Masseria Sant'Angelo

La struttura centrale della Masseria.

La tecnica dell'aridocoltura è strettamente legate alle Masserie; era uno dei pochi metodi che i contadini avevano a disposizione per coltivare, quando l'acqua era poca. Rocco mi spiega: "L'aridocoltura è una tecnica recuperata, il Salento è una regione priva di corsi d'acqua. C'è acqua, ma è tutta sotterranea. Oggi ci sono i pozzi, ma un tempo bisognava centellinare ogni litro, per esempio la stessa bacinella d'acqua in cui si lavavano 5 persone, veniva poi riutilizzata per irrigare i campi. L'unica fonte di approvvigionamento era l'acqua piovana, recuperata da strade, terrazze e convogliata in cisterne. Dopodiché veniva distribuita per bere, cucinare e abbeverare gli animali."

Pianta pomodoro antico in aridocoltura

Piantina di pomodoro in aridocoltura.

Ci incamminiamo nel campo di pomodori, è fine Aprile e il sole primaverile inizia a riscaldare le piantine facendole crescere a vista d'occhio; Rocco mi fa notare che non c'è nessun impianto d'irrigazione. Gli chiedo che tipo di accortezze bisogna avere nei confronti di questa tecnica di coltivazione e come funziona: "L'aridocoltura ha semplicemente bisogno di continue sarchiature: le si fa utilizzando una zappa, smuovendo il terreno, perché all'interno ci sono dei cunicoli, dove l'acqua contenuta nel terreno evapora. Intervenendo con l'attrezzo si ostruisce il cunicolo e l'umidità si preserva nel terreno più a lungo. Una volta utilizzavano anche i clatodi, le pale dei fichi d'india, che venivano piantate a mo' di riparo, dalla tramontana, il vento più secco che rende arido il terreno. Così si manteneva un microclima sempre umido."

Pubblicità

Ma quali sono i vantaggi di coltivare in questo modo? Rocco me li illustra: "Prima di tutto sono tecniche in armonia con l'ambiente, si risparmia energia, acqua e sopratutto non si va ad intaccare le falde acquifere, che non sono inesauribili." Secondo Rocco le prossime battaglie nel mondo non saranno più per il petrolio, ma per l'acqua. Poi continua: "la pianta diventa più resistente alle malattie, riesce a combattere meglio gli attacchi parassitari, mentre quelli fungini si eliminano proprio, perché sorgono solo in presenza di alta umidità, dovute all'acqua e alle continue irrigazioni. Per cui la pianta cresce molto più sana."

Chiedo se ci sono lati negativi nell'utilizzare questa tecnica: "Non ti nascondo che la quantità del prodotto diminuisce, ma la qualità è decisamente più elevata. Si tratta in genere di un 40% in meno di produzione."

Rocco vuole sensibilizzare tutti sull'argomento dell'acqua, sopratutto le generazioni future: "Questa è anche una masseria didattica, quando vengono i bambini gli spieghiamo che nel futuro l'acqua sarà un problema e che già da adesso è importante risparmiarne ogni giorno, attraverso piccoli e grandi gesti."

Pittule salentine

Pittule salentine del Ristorante della Masseria Sant'Angelo.

Le piantine di pomodoro non hanno ancora sviluppato frutti quando sono da lui, così sono curiosa di capire che varietà Rocco ha scelto di coltivare: "Da poco stiamo cercando di recuperare anche le varietà antiche, partendo dal pomodoro di Morciano. Poi, dal prossimo anno vogliamo piantarne altre tipologie. Questo lavoro lo abbiamo già fatto con il nostro frutteto, in collaborazione con la regione Puglia, per la conservazione del Germoplasma delle varietà antiche della zona." Chiedo se anche in questo caso ci sono dei vantaggi nel coltivare queste varietà: "Certo, essendo autoctone si ambientano meglio: sono più resistenti alle malattie e si adattano al clima. Inoltre, manteniamo viva la biodiversità." Poi, mi indica delle banali siepi e mi dice: "Quelle siepi ospitano tanti nidi di uccelli e puntualmente ogni anno tornano upupe, rondini, pipistrelli, è un indicatore per riconoscere che i terreni sono salubri, altrimenti loro non ci sarebbero."

Pubblicità

Rocco non si rifornisce di sementi da una banca dei semi istituzionale, ma crede nel passaparola tra i contadini: "Penso sia importante che in questo settore il passaparola sopravvivi. Viviamo in un mondo di regole assurde; un po' come il grano Senatore Capelli, che da secoli è stato coltivato qui nel Salento e ora per ottenerlo bisogna andare a prenderlo a Bologna, perché hanno acquistato il brevetto." Questo mi ricorda quando ero piccola e la nostra vicina di casa, contadina da sempre, ogni anno ci portava i semi delle sue zucchine antiche: chiara e striata, buonissima. Faceva crescere una zucchina così tanto fino a farle sviluppare i semi tra la polpa, dopodiché li prendeva e li faceva essiccare al sole, per poi seminarli e regalarli a contadini amici e a noi.

Rocco mi fa percorrere la masseria in lungo e in largo, spiegandomi ogni pianta che coltiva, le erbe selvatiche che raccoglie per cucinare e facendomi conoscere tutti i suoi animali.

Animali Masseria Sant'Angelo

Rocco con le sue capre.

Purtroppo si fa tardi; mi riaccompagna in paese dove proprio questo weekend si svolge la Fiera di San Giorgio, con animali, mercatini e tanta pizzica: il Salento in tutte le sue sfumature.

Queste terre sono caratterizzate da un'alta percentuale di argilla, dalla presenza di un complesso reticolato di canali e dal carsismo, ma la mancata riforma agricola ha portato, negli anni, ad una forte parcellizzazione delle proprietà e allo scavo di numerosi pozzi.

Pubblicità

A 15 km da Corigliano, nel paese Aradeo, c'è anche Roberta Bruno, della cooperativa agricola Karadrà, che ha recuperata l'aridocoltura. Purtroppo non trovo il tempo di passare a trovarla durante il mio soggiorno in Salento, ma riesco ad intervistarla qualche mese più tardi, via mail.

La cooperativa, mi racconta, è nata nel 2017, dopo l'incontro di quattro giovani ragazzi salentini: Roberta, Piero, Massimo e Roberto.

I ragazzi di Karadrà.

I ragazzi di Karadrà. Foto via pagina Facebook di Karadrà.

Le chiedo di spiegarmi com'è iniziata questa avventura con l'agricoltura: "Tornati a casa, nel Salento, le possibilità di lavoro erano scarse. La terra qui è sempre vista come una 'fatica' e non come una risorsa. Io e gli altri ragazzi decidiamo di fondare una piccola struttura sociale, e lo concepiamo come un luogo di aggregazione. Le anziane del posto ci parlano della loro vita nei campi, così iniziamo a studiare per cercare di rintracciare i motivi del ritardo storico del settore agricolo locale, consci dell'immenso tesoro di biodiversità che esso possiede."

Roberta non parla solo della storia della cooperativa, ma contestualizza il discorso mettendolo in relazione alla cultura agraria della zona: "In queste terre è sempre mancata una riforma agraria, un movimento cooperativistico e il sostegno politico. Tutto questo ha un risvolto culturale: non c'è stato solo il mancato sviluppo del settore, ma anche il rifiuto di considerare il lavoro agricolo con la dignità e il rispetto che gli sono dovuti."

Pubblicità
Campo pomodori Karadrà

Campo di pomodori in aridocoltura della cooperativa Karadrà. Foto via pagina Facebook di Karadrà.

Anche loro, come Rocco, nella loro cooperativa, coltivano utilizzando l'aridocoltura: "Queste terre sono caratterizzate da un'alta percentuale di argilla, dalla presenza di un complesso reticolato di canali e dal carsismo, ma la mancata riforma agricola ha portato, negli anni, ad una forte parcellizzazione delle proprietà e allo scavo di numerosi pozzi artesiani. Nonostante tutto, però, il terreno mantiene intatta la sua ricchezza, l'acqua è abbonante ma si nasconde nella profondità dei terreni. Da queste informazioni abbiamo capito che si può praticare efficacemente l'aridocoltura."

Una volta raccolti, i pomodori si conservano fino a 10 mesi. Vengono messi, come facevano i vecchi del paese, nelle ramasole, tipici grappoli appesi al soffitto e tenuti assieme grazie a un filo.

cassetta pomodori Karadrà

I pomodori di appena raccolti. Foto via pagina Facebook di Karadrà.

I contadini anziani, sono il punto di riferimento di Karadrà, grazie ai quali sono state recuperate le sementi, mi racconta Roberta: "Ancor prima che nascesse la cooperativa, siamo partiti con sperimentare la coltivazione dei pomodori d'inverno appartenenti ad una biodiversità locale mai arrivata sui mercati. Abbiamo fatto ricerca sul campo, attraverso la riproduzione semenzai, campi sperimentali e in circa tre anni siamo riusciti a censire la varietà all'interno dell'almanacco delle Biodiversità della regione Puglia. Poi, abbiamo avviato le trattative con i proprietari di terreni per la concessione del comodato d'uso gratuito per la bonifica e messa a sistema."

Pubblicità

Da questi terreni, Roberta e gli altri ragazzi hanno recuperato anche i vigneti - fermi da più di 20 anni - e un parco arboreo: "Quando sono scaduti i comodati d'uso, nel luglio del 2017, abbiamo deciso di fondare la Società Cooperativa Agricola Karadrà."

Pomodori Karadrà

I pomodori appesi in grappoli nelle ramasole. Foto via pagina Facebook di Karadrà.

Poi, le chiedo ora quali tipi di piante vengono cresciute utilizzando l'aridocoltura: "Le piante pomodori di Aradeo, per esempio, crescono in sistema di trattenuta idrica. Una volta raccolti, i pomodori si conservano fino a 10 mesi, vengono messi, come facevano i vecchi del paese, nelle ramasole (in Salento chiamate Pende o Pendule), tipici grappoli appesi al soffitto e tenuti assieme grazie a un filo."

Com'è possibile che un pomodoro possa durare così a lungo? Roberta mi spiega: "La caratteristica resilienza della biodiversità selezionata e le caratteristiche del terreno permettono al prodotto conservarsi per lunghi periodi, mantenendo intatte le caratteristiche nutrizionali." Rifletto che questa è decisamente una buona alternativa al consumo di pomodori da serra nel periodo invernale.

Roberta conclude spiegando tutti i prodotti che la cooperativa coltiva: "Abbiamo un piccolo vigneto, numerosi alberi da frutta e ulivi. Ad oggi la rotazione colturale prevede lenticchie, ceci locali e grano duro, tutti cresciuti ovviamente in arido, più un piccolo orto in fase di sviluppo, in cui si lavora per diminuire l'uso dell'acqua."

Pomodori Karadrà

Foto via pagina Facebook di Karadrà.

Oltre alla questione ambientale, Roberta e Rocco mi hanno fatto riflettere sull'agricoltura e su chi ci sta dietro. Siamo abituati ad andare al supermercato e vedere solo cassette colme di frutta e verdura, forse questo ci ha fatto perdere il valore umano dietro quello che mangiamo. Non ci stupiamo più di comprare pere cilene e asparagi in Dicembre, non sappiamo nulla su quel prodotto e non c'interessa, ci basta riempire il carrello di fretta e correre a casa.

Ma quello che succedendo intorno a noi a livello ambientale ci sta facendo capire che c'è bisogno di consapevolezza. E queste due storie sicuramente hanno aumentato la mia.

Segui Camilla su Instagram

Segui MUNCHIES su Facebook e Instagram


Vuoi restare sempre aggiornato sulle cose più belle pubblicate da MUNCHIES e gli altri canali? Iscriviti alla nostra newsletter settimanale