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Enrico Brignano, il più grande equivoco della comicità in Italia?

Da tempo, Brignano è considerato un "fuoriclasse" della comicità capace di presentare con leggerezza le sfumature e i tic degli italiani. Ma come ha dimostrato il suo intervento a Sanremo, nei suoi sketch non c'è granché di leggero.

Aggiornamento del 19/12/2017: In questi giorni sono sorte diverse polemiche sull'intervista che Enrico Brignano ha rilasciato al Corriere della Sera, in cui prende le difese del regista Fausto Brizzi—accusato di aver molestato diverse attrici—e dichiara cose come: "Bisogna stare attenti a catalogare tutto come molestia, se no anche io vengo sempre molestato." Per l'occasione, dunque, riproponiamo la nostra analisi sul comico romano.

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"Mentre gli italiani tra un po' finiranno di raccattare gli ultimi avanzi nel cassonetto dell'umido, i nostri onorevoli deputati, nei prossimi tre anni prenderanno lo stesso identico, scandaloso stipendio che hanno preso finora! Ma dico, cari onorevoli, non vi fate un po' di schifo da soli?" - Brignano, Le Iene

Nel 2014, quando Enrico Brignano era stato ospite a Sanremo con un tributo ad Aldo Fabrizi, in molti si erano lamentati di un omaggio poco riuscito e privo di senso, convinti che sarebbe stato meglio se il comico si fosse limitato ai suoi sketch.

Nell'edizione del 2016, dopo aver annullato una data del suo nuovo spettacolo teatrale Evolushow 2.0 e scatenato la rabbia dei fan, che lo hanno accusato di aver "tradito la 'sua' Roma," Brignano è tornato all'Ariston. Non ha cantato e non c'erano libri o programmi in tv da pubblicizzare—al massimo il sopracitato spettacolo—eppure non è difficile immaginare perché sia stato invitato per la seconda volta in tre anni.

Da qualche tempo infatti il comico romano è universalmente considerato un "fuoriclasse" della comicità italiana, giudizio confermato dal successo dei suoi tour, dalla massiccia presenza televisiva—che lo ha portato a guadagnarsi uno show del sabato sera—e da un importante seguito social, che lo ha trascinato in un gorgo di viralità e battute anti-casta che ne hanno fatto un "paladino della gente."

L'immaginario al quale è associato, sia dalla critica che dal pubblico, è quello del ragazzotto semplice che dice le cose come stanno, che si tratti di scontrini della Camera dei Deputati o di rapporti interpersonali tipici della quotidianità, con uscite di facile comprensione e fondate su un senso comune socialmente riconosciuto.

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Sul palco di un'edizione di Sanremo caratterizzata dalla discussione pubblica e politica sui diritti gay, e dalla protesta dei nastri colorati, Brignano si è lanciato in un monologo pieno di stereotipi sulla vita di coppia, partendo dal primo incontro fino ad arrivare a descrivere il rapporto padre-figlio.

In questo racconto, il maschio-alfa della storia continua a chiedere a una donna con insistenza—anche eccessivamente ossessiva—di cedere alle sue avances: "Te l'appizzo e vado via. Te lo appoggio e nemmeno te ne accorgi." Lei si nega per poi concedersi, mostrandosi disinibita ("di' che sono la tua maiala"), a rievocare uno degli incrollabili classici del machismo italiano: fanno tanto le santarelline, ma poi sotto sotto sono tutte porche (tranne mamma).

Sulla stampa, il suo monologo—che passa poi ad analizzare il bello e il brutto dell'essere padre "bamboccione", come definito dalla critica—diventa un pezzo che "fa ridere e commuovere", che spazia "dall'ironia alla poesia".

Le critiche non sono ovviamente mancate, ma tra queste c'era comunque chi trovava qualcosa da salvare nella sua prestazione. Giornalettismo parla per esempio di "delusione": "Lo abbiamo sentito tante volte riuscire a cogliere le sfumature e i tic degli italiani. La prima parte del suo intervento è veramente 'moscia', stanca, tirata via," criticando, dunque, la performance da un punto di vista più tecnico che contenutistico. L'Unità, invece, definisce la sua esibizione "neosessista e veteromaschilista," sostenendo poi che "una parte di noi—parlo dei maschi, naturalmente—continua a sognarsi come l'ha dipinto Brignano."

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In sostanza, anche chi critica l'esibizione del comico, lo fa spesso riconoscendogli il merito di rappresentare una grossa fetta della popolazione, di essere—come il Festival, appunto—nazionalpopolare. E in un certo senso, di potersi permettere di dire in prima serata, sulla rete nazionale, nel principale show della stagione, che nella vita quotidiana di una famiglia i padri sono naturalmente riconosciuti come quelli che devono limitarsi a comprare l'omogeneizzato, e che le madri hanno il compito di badare a tutto il resto.

Questo perché da anni Enrico Brignano incarna quello che potremmo definire un grande equivoco: viene invitato sui più important palcoscenici e presentato come l'esegeta della vita di tutti i giorni che interpreta con leggerezza i 'tic degli italiani'. Ma nella realtà un intervento come quello di Sanremo non ha niente di leggero, così come non ce l'hanno molti degli sketch che l'hanno reso famoso.

Secondo George Carlin, quando sei di fronte a un pubblico e lo fai ridere, "ne abbassi le difese," li colpisci a cervello aperto. "È a quel punto che puoi inculcargli nuove idee." In molti degli spettacoli di Brignano ci sono piccoli dettagli, riferimenti, battute, a volte quasi buttati lì, in chiusura o in un passaggio tra i vari argomenti, che stupiscono per la loro grossolanità, intarsiati tra una pausa-risata e l'altra per un'uscita di basso livello, e che spesso passano inascoltati nel montante brusio degli applausi.

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Sebbene nelle sue interviste prenda le distanze dall'ironizzare sulla politica ("Guai a quel Paese che ha bisogno di comici per denunciare le malefatte della politica, ai politici non voglio dare un palcoscenico, non voglio parlare di loro"), infatti, sempre più spesso tratta "fenomeni di costume" con una retorica che sembra facilmente collocabile in una tabella degli schieramenti politici. Diventando egli stesso uno di quei fenomeni.

Nel 2011 una sua esibizione alle Iene sui costi della casta è diventata uno dei contenuti più virali della storia di Facebook in Italia, accompagnata da frasi del tipo "Guardate qui prima che il governo censuri questo video!" e citazioni estasiate che riprendono quel prima o poi "noi italiani" vi manderemo tutti "a 'fanculo senza auto blu".

Ufficialmente, Brignano non si schiera mai apertamente in nessuna questione, stando attento a non sbilanciarsi troppo—anche in cose meno impegnative, come la questione tra Valentino Rossi e Marquez.

In qualche modo, però, riesce a portare al pubblico certe istanze interpretando il sentimento popolare, come a voler dire che non è lui a esprimere un parere di parte, un giudizio troppo forte, ma il "Buon Senso"—come quando darà ragione alla protesta dei Forconi del 2012 in un monologo delle Iene, o si intratterrà coi manifestanti del Fronte Romano Riscatto Popolare (all'epoca erroneamente identificati con CasaPound) che protestavano davanti alla sede della Rai, giustificandosi col fatto che "non trovava parcheggio."

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Anche nei suoi monologhi ricorrono temi che si potrebbero definire genericamente populisti, ma che a ben guardare hanno una connotazione precisa: tra riferimenti a moglie e suocere e i semplici giochi di parole, Brignano si diverte a commentare i fatti di cronaca, celando al suo interno riferimenti non proprio super-partes. Memorabile è il monologo sui black bloc andato in onda in prima serata durante Le Iene, nel quale Enrico Brignano si cala nei panni del cittadino incazzato, dando forma a un pezzo che è un'escalation di complotti e confusione culminata in una neanche troppo velata minaccia alle 300 "teste di casco" che "non valgono un solo romano definitivamente incazzato che dalla macchina black-bloccata tira fuori il crick."

Ma l'esempio perfetto, in questo senso, è il suo monologo sulla legittima difesa, trasmesso su Canale 5 qualche anno fa e andato in onda anche su Zelig, e che tuttora circola su Facebook veicolato dalle migliori pagine a trazione turbogentista.

In questo pezzo Brignano ironizza sulla poca libertà di cui un cittadino italiano godrebbe nel difendersi in casa propria, sottolineando la difficoltà giuridica di possedere una propria arma (che va "denunciata," come sottolinea con un picco di voce, quasi a voler dire che si tratta di qualcosa veramente fuori dal normale), e come i ladri invece siano liberi di fare ciò che vogliono, quasi privilegiati e facilitati nel loro compito.

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Ma se fin qui la battuta tende a solleticare il sentimento comune per cui lo Stato e la Giustizia si occuperebbero di cose inutili e dannose—come 'Dar da mangiare ai politici' e 'Difendere i cattivi' dai poveri cristi—è poco più in là che il messaggio si fa estremamente diretto, sormontato dalle ovazioni e racchiuso da un passaggio da perfetto manuale gentista: "Ovviamente non sono ladri italiani, ma ladri stranieri. Di ladri italiani non ce ne sono più perché si sono fatti tutti eleggere."

In una sola frase, in pratica, Brignano racchiude tutto un malcontento populista in modo sapientemente multitematico, riuscendo a toccare più corde possibili: disconoscimento delle istituzioni, disprezzo per la casta, così come per sindacati e sinistra rei di "essersi organizzati" e di "essere andati nei paesi stranieri" ad accogliere, anzi quasi a trascinare in Italia, il ladro forestiero. E dunque, in ultima istanza, l'attacco a qualsiasi cosa ricordi lontanamente un extracomunitario—con tanto di imitazione di parlata slava, volendo imitare un ladro. Su una tv nazionale. Tra gli applausi.

In quest'ultimo caso, l'esempio più plateale e al contempo sottovalutato proviene da uno dei brani più famosi del repertorio di Brignano: quello dei dialetti italiani. In un innocente gioco attoriale—non privo di un certo talento—il comico si mette alla prova recitando, uno dopo l'altro, alcuni dei principali dialetti muovendosi a saltelli su un'immaginaria penisola sul palco, da Nord a Sud.

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Arrivato in Sicilia e Sardegna, Brignano tende l'orecchio e finge di sentire dal vicino Nord Africa una nenia araba. A quel punto la faccia si fa infastidita, quasi disgustata, portandolo a esclamare un "No, davvero, quello non ci appartiene"—con tanto di gesto che sembra dire 'teneteveli voi' con le braccia.

Il messaggio è assimilabile a un 'padroni a casa nostra', ma a differenza dello slogan di destra è una frase estrapolata da un repertorio comico, che ricalca un pregiudizio, ed è andata in onda in prima serata su RaiUno, di sabato, davanti a una media di 5 milioni di persone.

Gli sketch di Enrico Brignano, insomma, sono molto spesso avvicinabili a un'ideologia destrorsa di stampo reazionario, verso i quali la preoccupazione delle 'sentinelle' dei critici e della stampa 'progressista' non si è però mai svegliata, accettandoli come voce di popolo—come una divertitissima Daria Bignardi, che nel 2013 ospita Brignano per parlare di "Stato Assassino" ed "Equitalia Boia"—e tanto da valergli l'eredità di Crozza nel nuovo Ballarò di Massimo Giannini.

I motivi di questo "equivoco" possono essere due: o Brignano è ritenuto irrilevante—cosa che non è, a giudicare dai suoi numeri Facebook, dai sold out in teatro e dalla presenza all'Ariston. Oppure si ha paura di criticare un "interprete della gente," uno che piace, proprio perché piace alla gente, perché parla esattamente come loro.

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