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Musica

"Please Kill Me" compie vent'anni

Abbiamo parlato con gli autori Legs McNeil e Gillian McCain di come ci si sente a scrivere il libro sul punk più importante di tutti i tempi.

"Ogni volta che cercavo di mettere i dischi che mi piacevano, tutti pensavano che mi stessi comportando da immatura. Immatura e stramba.

Ma io pensavo: 'Perché?' Solo perché mi piace la buona musica? Solo perché sto cercando di farvi scoprire del buon rock'n'roll? Io cerco di comunicarvi qualcosa e voi pensate che io sia matta? Be', io penso che siete dei borghesi, e non mi piacete per niente. Ciao."
—Bebe Buell, Please Kill Me

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La prima volta che ho incontrato Legs McNeil, qualche mese fa, una sigaretta pendeva dalle sue labbra mentre tracciava le parole "I'm God!" con un evidenziatore rosa sulla mia copia consunta del suo libro Please Kill Me: The Uncensored Oral History of Punk.

A essere onesta, l'ispirazione per la scritta è arrivata da me. Aveva appena concluso un reading nell'East Village e se ne stava fuori a fumare, firmando in modo informale i libri di chi lo approcciava.

"Il tuo libro è la cosa più vicina a una bibbia per me", gli ho detto mentre gli stringevo la mano, "Grazie".

Lui ha riso, scrollando un po' di cenere sul marciapiede. Appoggiata la sigaretta tra le labbra, ha preso il mio amato e usurato libro tra le mani e lo ha aperto alla pagina iniziale, armato di pennarello rosa. "Be', se questa è la tua bibbia", ha detto, "io devo essere Dio!"

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Please Kill Me è entrato nella mia vita tredici anni fa, quando ne avevo quattordici. Passavo i miei pomeriggi in un negozio di dischi nel Sud della Florida, dove sono cresciuta, e a un certo punto i commessi decisero di prendermi sotto la loro ala. Uno di loro, Chris, strappò un pezzo di carta da un blocchetto che teneva dietro il bancone. Ci scrisse sopra le parole "Please Kill Me" e me lo diede. "Va' in libreria e procurati questo libro", mi disse. Apprendista nerd musicale quale ero, obbedii senza fare domande.

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E così entrai nel mondo del punk a partire dalle sue origini, raccontato da chi le aveva vissute. Legs McNeil—che, scoprii in seguito, fu uno dei fondatori di Punk magazine, da cui il genere musicale prese il nome—e Gillian McCain, una poetessa newyorkese, avevano messo insieme la tradizione orale del genere, intervistando centinaia di persone strumentali al suo sviluppo: artisti, fotografi, manager, groupie e, soprattutto, musicisti. Comincia dalla metà degli anni Sessanta con la nascita dei Velvet Underground a New York, dà un assaggio di Detroit e dei musicisti che sarebbero diventati gli MC5 e gli Stooges/Iggy Pop, e poi torna a New York in tempo per la comparsa di New York Dolls, Ramones, Patti Smith, Richard Hell, Television e tutti gli altri. Il libro segue vite, morti, sogni e disavventure delle persone che contribuirono a istituire la musica definitiva della loro generazione.

Per la piccola me compulsivamente ambiziosa, Please Kill Me divenne una via di fuga. Improvvisamente, grazie a questo libro, non mi trovavo più nei corridoi di una scuola in Florida a combattere contro le zanzare e i voti troppo bassi: camminavo per Bowery Street a New York, davanti al leggendario CBGB, fumando una sigaretta e aspettando che ricominciassero a suonare i Ramones per risentire il rumore del chiodo di pelle di Johnny che sfrega contro la sua chitarra. Ero al cospetto di Patti Smith che recitava poesie alla chiesa di St. Marks accompagnata da Lenny Kaye, mettendo in ginocchio il suo pubblico a forza di versi ispirati da Rimbaud. Ero un'altra persona, mi trovavo da un'altra parte, in mezzo a gente creativa che era in grado di disegnare la vita che voleva vivere, cosa che, a quei tempi, non avrei mai pensato di essere in grado di fare. Quel libro rappresentò per me ciò il punk rappresentò per chi ci era coinvolto: una via d'uscita.

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Gillian McCain e Legs McNeil all'Ace Hotel. Foto dell'autrice.

La seconda volta che incontro Legs McNeil, è a casa di Gillian McCain a Chelsea. Spero che non si ricordi della fangirl con la vocetta acuta della galleria d'arte, e fortunatamente è così. Lui, Gillian e io ci accomodiamo nella sua biblioteca. Legs porta una maglietta a righe e un giubbotto di jeans e si siede accanto a me, incrociando le gambe avvolte nei jeans strappati. Gillian, con i suoi occhiali di un rosso acceso e la frangia bionda sugli occhi, sta su un divano di fronte a noi.

Quest'anno è il ventesimo dall'uscita di Please Kill Me, e McNeil e McCain lo festeggiano con un'edizione speciale del libro. Contiene altre ventidue pagine di interviste e fotografie tagliate. Inoltre è stato organizzato un tour di letture e presentazioni che attraverserà tutti gli Stati Uniti e un audiodocumentario di due ore intitolato Please Kill Me: Voices from the Archives, che utilizza le registrazioni delle interviste originali che sono poi state trascritte nel libro oltre alla musica dei soggetti intervistati come Iggy Pop, Debbie Harry, i Ramones e molti altri. Lo si può ascoltare in due parti, The Pioneers of Punk and The Punk Invasion.

Un fatto interessante è che quando McNeil e McCain cominciarono a lavorare al libro nei primi anni Novanta, il punk era una cosa di dieci anni prima, difficile da considerare con una prospettiva storica. L'idea del libro scaturì da Dee Dee Ramone, che contattò McNeil subito dopo aver lasciato i Ramones, con l'intenzione di scrivere un libro sulla sua esperienza. McNeil cominciò a intervistare Dee Dee, ma McCain, che aveva conosciuto McNeil tramite un amico comune, suggerì un'idea di libro molto più ampia rispetto a un solo Ramone. Cominciarono a intervistare quelli che diventeranno i protagonisti di questa oral history, diverse centinaia di voci che raccontavano la grande storia del punk. "Quando abbiamo intervistato queste persone, nessun altro si interessava a loro", racconta McNeil. McCain aggiunge: "Non era nemmeno detto che il libro sarebbe uscito!"

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Ma dopo quattro anni di lavoro, il libro uscì, eccome. Alla sua pubblicazione, nel 1996, venne chiamato "un ritratto bohemién immensamente divertente" dal famoso critico musicale Robert Christgau nel New York Times Book Review, venne citato in Vanity Fair e inserito nella top ten dell'anno da Time Out New York e dal New York Daily News. "Credo sia stato uno shock per tutti", dice McNeil. "Conviene andarsi a prendere le storie quando a nessuno importa". E poi improvvisamente a tutti importava.

Please Kill Me oggi è pubblicato in almeno altri dodici Paesi, tra cui l'Italia, la Russia, il Giappone, la Francia e la Cina. È considerato uno dei libri di musica migliori e più importanti di tutti i tempi, il primo a documentare l'epoca punk, che oggi è costante oggetto d'interesse. Ogni anno sembra che esca una nuova guida su qualche rivista di moda allo "stile Patti Smith" o che una pubblicazione culturale pubblichi immagini dimenticate del CBGB. Anche l'interesse del pubblico sembra costante ed infallibile, come se il punk dovesse essere amato per sempre e la gente vorrà sempre farne parte, e Please Kill Me è uno dei modi più semplici per avvicinarvisi.

"Penso che abbiamo creato un mondo", dice McNeil. Perché non c'è nulla di punk in un libro ordinario, in una pigra cronologia. "Non volevamo che il libro parlasse di punk, volevamo che il libro fosse punk", dice. "È diverso, sai? Ed è molto importante. Non volevamo scrivere una cosa tipo 'La scena punk è iniziata nel…' Per noi era così: 'Ci vediamo davanti a Discount Records per sputare alle macchine'". Ogni personaggio sembra così vicino e vivo che ti sembra di vivere la stessa esperienza. È un posto fantastico in cui perdersi se ti va di sfuggire alla tua vita per un po'.

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"Penso che ciò che rende speciale il libro è che parla di un gruppo di persone che non avevano assolutamente niente e hanno creato qualcosa", dice McNeil. In questo modo, le persone che si sentono di non avere nulla leggendolo possono trovare la forza per cambiare marcia. Per McNeil e McCain non è una novità sentire qualcuno dire loro "Questo libro mi ha cambiato la vita" o "Ha funzionato meglio di un anno di psicanalisi", anche se non capiscono bene perché.

McCain mi chiede che cos'è che secondo me fa sì che le persone si affezionino così tanto al libro: "Pensi che sia il contenuto o i personaggi? Che cos'è che cambia la vita delle persone? È perché fa sembrare certe cose possibili?"

Penso alla mia copia di Please Kill Me a casa mia, con la copertina strappata e le pagine ingiallite, con varie sfumature di evidenziatore su diversi passaggi, accumulate negli anni. Ricordo gli amici che ho conosciuto al negozio di dischi leggendolo. Parlare non è facile, ma alla fine ci riesco.

"Forse ci ha semplicemente fatto sentire meno soli."