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Tecnologia

Le scuole in Italia cadono letteralmente a pezzi

Il rapporto di Save the Children mostra che il 45% delle scuole italiane non siano a norma, e nel frattempo a Torino le facoltà umanistiche non hanno sedi per colpa dell'amianto.
via Wikipedia

In quasi tutta Italia oggi ricominciano le scuole, evviva—ci sono un sacco di bei motivi per andare a scuola, il primo tra tutti è che per la maggior parte degli anni da frequentare si tratta di scuola dell'obbligo, il secondo è che in genere andare a scuola serve ad evitare di finire sotto un ponte prima del tempo. Due ottimi motivi che questa mattina avranno fatto svegliare bene i quasi nove milioni di studenti italiani.

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Ma non temete: non c'è nulla di cui essere felici, perché con tempismo maniacale qualche giorno fa Save the Children ha pubblicato il suo report annuale sullo stato dell'educazione in Italia, e non siamo per niente in forma.

Il problema è quello della povertà educativa, ovvero della carenza di infrastrutture fisiche—come le scuole—o virtuali—come le competenze—adatte a garantire un'educazione ai bambini e agli adolescenti italiani.

Di fatto il problema parte dalle fondamenta dell'istituzione scolastica, ovvero la frequentazione di essa: infatti, secondo il rapporto, "solo il 14% dei bambini tra 0 e 2 anni riesce ad andare al nido o usufruire di servizi integrativi, il 68% delle classi della scuola primaria non offre il tempo pieno."

E le cose non migliorano quando si tratta di attività extrascolastiche di base, quelle che molti di noi hanno avuto la fortuna di percepire ai tempi come superflue, "il 48,4% dei minori tra 6 e 17 anni non ha letto neanche un libro nell'anno precedente, il 69,4% non ha visitato un sito archeologico e il 55,2% un museo, il 45,5% non ha svolto alcuna attività sportiva."

Il rapporto prosegue evidenziando quanto il divario tra nord e sud incida anche in questo ambito, "le ragazze e i ragazzi meridionali sono maggiormente svantaggiati sia in matematica che in lettura rispetto ai coetanei settentrionali: la percentuale delle ragazze che non raggiungono le competenze minime in matematica è del 32% al Sud, il doppio delle coetanee del Nord (16%) e la stessa differenza percentuale si riscontra per i maschi meridionali (28%) e i loro coetanei settentrionali (14%)."

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Se poi vogliamo esagerare possiamo buttare un occhio anche alla tecnologia e scoprire che "in diverse regioni la percentuale di aule non connesse supera il 30% (Basilicata, Piemonte, Veneto, Lazio, Friuli Venezia Giulia), con una punta di quasi il 40% in Calabria." Benvenuti nel 2015.

Bello, vero? E pensate che il peggio deve ancora arrivare.

Il dato realmente preoccupante che emerge dal rapporto riguarda l'infrastruttura scolastica. Se fino ad adesso infatti abbiamo parlato di dati relativi ad aspetti virtuali dell'educazione, quello che in Italia davvero manca è una scuola sicura.

Abbiamo alle nostre spalle uno storico piuttosto tragico per quanto riguarda gli edifici scolastici, dal caso Vito Scafidi, alla scuola di San Giuliano in Molise, passando per le decine di casi minori che sempre più spesso vengono documentati.

In altri casi si potrebbe parlare di "allarmismo mediatico," ma in Italia il 45 percento delle scuole—che per capirci significa quasi la metà degli edifici scolastici presenti in Italia—è privo di un certificato di agibilità o abitabilità.

Ovviamente il problema si estende anche alla normativa anti-incendio, non rispettata nel 54 percento degli edifici, e alla normativa anti-sismica, ignorata nel 32 percento delle scuole—e il fatto curioso è che il 40 percento delle scuole in Italia si trova in zona a rischio sismico.

"Ciò che emerge dall'analisi è che il 60% degli alunni di 15 anni frequenta scuole non adeguate a garantire la qualità dell'apprendimento."

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Uno dei casi più emblematici di questa situazione è quello di Palazzo Nuovo, a Torino. Costruito negli anni '60 nel centro della città è (era) oggi una delle sedi principali dell'Università di Torino e ospita diverse migliaia di studenti provenienti da Torino e provincia. Nonostante l'incredibile bruttezza dell'edificio in sé—è superfluo, ma non fa mai male ricordarlo—, Palazzo Nuovo, complice anche la sua posizione centrale, è diventato presto roccaforte di moltissimi universitari di Torino, nonché centro principale per le facoltà umanistiche.

Il fatto è curioso, infatti come spiegato da La Stampa, "[il pubblico ministero] Guariniello nel 2012 ha aperto un'indagine su Palazzo Nuovo in seguito alla morte di due docenti (più un terzo lavoratore, un ex bibliotecario, causata da mesotelioma."

Come raccontatomi da Jacopo Calzi, membro del senato accademico per Studenti Indipendenti, dopo l'inizio del 2013 si sono cominciate a consumare le prime mobilitazioni studentesche riguardanti il caso e il rettore dell'Ateneo, l'appena eletto Gianmaria Ajani, ha così inaugurato un tavolo di discussione con sindacati, lavoratori e studenti per discutere delle ispezioni e delle eventuali operazioni da effettuare. Dopo qualche settimana, però, del tavolo—e delle ispezioni—non si è saputo più nulla.

Avanti veloce al 2015, quando dopo un improvviso clamore mediatico vengono effettuati dei controlli all'interno della struttura—che ospita circa 16.000 persone tra studenti e indotto—. A seguito del rilevamento di tracce di amianto in alcuni uffici, l'Ateneo è stato interamente chiuso e Guariniello, il pubblico ministero, ha accusato il rettorato di omissione degli standard di sicurezza.

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Ad oggi la situazione è ancora incerta, ha continuato a spiegarmi Sara Vallerani, del CdA di Edisu eletta con Studenti Indipendenti: nel corso del tempo l'alternarsi di numerosi rettorati che hanno ignorato o sviato il problema amianto non ha fatto altro che rendere il caso recente estremamente complicato da sbrogliare. A seguito delle prime ispezioni nel 2012, la questione amianto ha generato una serie di impedimenti logistici che hanno peggiorato, di fatto, la qualità del servizio offerto dall'Università, fino a culminare con la chiusura totale dell'intera struttura.

Sara e Jacopo mi hanno spiegato che "l'allarme amianto" è nei fatti una rilevazione che ha avuto riscontro positivo solamente in alcuni locali dell'università, e che a seguito di alcune operazioni di bonifica—una delle quali relativa all'impianto di aerazione—ha permesso a buona parte della struttura di tornare agibile in (quasi) sicurezza, prima della chiusura definitiva di aprile.

Il caso di Palazzo Nuovo è un unicum tutto italiano: una sede principale che ospitava quasi 16.000 persone chiusa nella sua interezza e martoriata da aree e locali chiusi per quasi 3 anni.

Il caso di Palazzo Nuovo è un unicum tutto italiano: una sede principale che ospitava quasi 16.000 persone chiusa nella sua interezza e martoriata da aeree e locali chiusi per quasi 3 anni, che oggi, a ridosso dell'inizio delle lezioni, si ritrova a pubblicare orari dell'anno precedente e a non riuscire a informare i suoi studenti sul dove si svolgeranno effettivamente lezioni e esami—questi ultimi, negli anni precedenti, spesso effettuati in bar o segreterie.

La "povertà educativa" che il rapporto di Save the Children ha evidenziato è lampante in questo caso: una debacle mediatica e burocratica che sta, di fatto, azzoppando l'apparato universitario di un'intera città.

Gli sprechi e le mancanze mostrate nel rapporto sono figlie—anche—di anni di omertà su questioni di sicurezza e manutenzione, che come il caso di Palazzo Nuovo mostra, sono destinate prima o poi a venire a galla e a danneggiare profondamente la sovrastruttura scolastica di intere regioni.

Jacopo e Sara ad oggi sanno solo che le lezioni dovrebbero ricominciare il 28 settembre, ma non sanno se si terranno nelle aule di Palazzo Nuovo o in qualche cinema o biblioteca nei pressi dell'Ateneo, affittate per l'occasione per risolvere un problema che del semplice e banale rigore burocratico avrebbe potuto evitare.

Nel frattempo le nostre università sono fuori dalla top 100 mondiale.