Perché 'Capitan Planet' era una bomba

FYI.

This story is over 5 years old.

Tecnologia

Perché 'Capitan Planet' era una bomba

Capitan Planet ci ha insegnato che inquinamento = brutto, un concetto che andrebbe ripetuto anche oggi.
Giulia Trincardi
Milan, IT

Sono diverse le cose che hanno contribuito a plasmare la bambina che ero in un'adulta che si sente in colpa se non fa la raccolta differenziata. Tra le tante, c'è stata la campagna alla presidenza di Al Gore nel 2000. Ero piccola, sì, ma non troppo piccola per cogliere il suo impegno nella causa ambientalista e rimanerne affascinata.

Anche i documentari sugli animali massacrati dai disastri petroliferi hanno fatto la loro parte, ma lo strumento più efficace della mia conversione all'ecologia è stata la serie animata Capitan Planet e i Planeteers. Pur essendo caratterizzato da un'estetica e una tecnica terribili, questo cartone si merita il titolo di perla dell'animazione americana degli anni Novanta per la sua storia, che coinvolge filantropi miliardari, teorie lombrosiane e messaggi ecologisti che oggi farebbero gridare al cospirazionismo da scie chimiche.

Pubblicità

Per chi non avesse ancora chiaro l'argomento, ecco la sigla di Capitan Planet e i Planeteers, palesemente riesumata da un nastro magnetico consunto.

Le prime 3 stagioni di Capitan Planet — quelle che hanno lasciato un segno nella mia infanzia e di cui mi interessa parlare in questa sede — sono state prodotte in America dalla DiC Entertainment tra il 1990 e il 1992, e sono state trasmesse in Italia su Rai 1 e Rai 2 a partire dal 1992. La serie è nata da un'idea di Ted Turner, fondatore del primo canale televisivo americano attivo 24 ore su 24, la CNN. Turner è uno di quegli strani quanto rari personaggi che riescono a incarnare contemporaneamente la figura del magnate uomo d'affari che fa i soldi portando il wrestling in TV, e quella del filantropo che sgancia letteralmente miliardi di dollari per cause umanitarie e ambientaliste.

Capitan Planet è stato pensato per fornire un'educazione ecologista alle nuove generazioni e proprio per questo era dotato di una storia semplice e diretta. Nel primo episodio, lo spirito di Gaia, risvegliatosi dopo un pisolino di circa un centinaio di anni, si rende conto che la razza umana, nel frattempo, ha devastato il pianeta, tra inquinamento, sfruttamento delle risorse, e barbarie varie ed eventuali. Per risolvere il problema, decide di arruolare cinque giovani dall'animo nobile in giro per il pianeta, assegnando a ognuno un anello magico con cui è possibile evocare gli elementi naturali — aria, acqua, fuoco, terra — e il cuore, ovvero quel sentimento empatico necessario per far andare tutti d'accordo (elementi naturali ed esseri umani).

Pubblicità

Il gruppo, di puntata in puntata, deve affrontare petrolieri senza remore, scienziati spietati e mostri radioattivi con le infradito nei piedi, tentando di proteggere la Terra dalle loro malefatte. Quando la situazione si complica troppo (cioè ad ogni puntata), i cinque giovani Ecodifensori combinano i poteri dei loro anelli per invocare in aiuto Capitan Planet, amico di vecchia data di Gaia che, oltre a tutta una serie di super poteri incredibili, sfoggia anche una specie di bikini rosso fiammante e una pettinatura a triglia verde smeraldo (estetica disgraziata, dicevamo).

Immagine via

Per quanto praticamente tutti gli episodi replichino lo stesso schema narrativo, cosa che fa di Capitan Planet una serie noiosa — forse persino per dei bambini — dal punto di vista del valore d'intrattenimento sul lungo periodo, sono i dettagli a render interessante un suo recupero oggi, a distanza di oltre vent'anni dalla sua messa in onda.

In un mondo dello spettacolo e dell'intrattenimento attuale in cui le minoranze etniche non sono ancora rappresentate equamente (né dignitosamente) e in cui si promuovono troppo spesso stereotipi estetici e di genere negativi, una serie animata come Capitan Planet sembra quasi il prodotto di un universo parallelo. I cinque personaggi principali provengono da parti del mondo non solo diverse — Quam dall'Africa, Willy da New York, Gi dall'Asia, Linka dalla Russia e Matias dalla foresta amazzonica — ma anche politicamente o socialmente significative.

Pubblicità

L'unico americano della serie viene da Brooklyn, un quartiere storicamente problematico (almeno a quei tempi), dove passa il tempo a fare a botte con i criminali nei vicoli. Linka, all'inizio della serie (quando l'URSS era ancora intera), è descritta come una giovane appassionata di matematica proveniente dall'Unione Sovietica. I due sono coinvolti sentimentalmente, anche se mai in modo del tutto esplicito, e la Guerra Fredda è nominata tra i motivi del loro rapporto di odio/amore.

L'idea che due personaggi provenienti da paesi con un rapporto politico problematico collaborino tra loro per il bene del pianeta è un'idea potente per un cartone animato, che va oltre la semplice diversificazione estetica dei personaggi. È interessante anche il fatto che il potere "più importante di tutti" sia in mano a Matias, personaggio che proviene dalla foresta amazzonica — una parte del mondo notoriamente danneggiata dagli interessi economici e industriali di potenze mondiali.

Matias, immagine via

I cattivi della serie, dotati di anelli dai poteri opposti a quelli degli Ecodifensori, rappresentano una fiera dei peccati della società moderna e capitalista, come si evince dai loro nomi e dalle loro fattezze: Mr. Virus, che rappresenta il consumismo moderno, ricorda un maiale deforme; Rody Rogna rappresenta il crimine organizzato e ha le fattezze di un topo di fogna; la nemesi di Capitan Planet, Capitan Flagello, è la copia speculare dell'eroe, ma caratterizzata da colori acidi e pelle in putrefazione.

Pubblicità

Per quanto questo modello reiteri la discutibile morale delle produzioni mainstream per cui i cattivi sono necessariamente brutti, bisogna ammettere che immagini semplici come queste esercitano un fascino potente su un pubblico pre-scolare, che deve limitarsi ad assorbire il concetto base per cui l'inquinamento è brutto perché fa male al pianeta.

La serie è stata recentemente oggetto di parodia sul canale Funny or Die, in uno sketch in cui l'amore di Capitan Planet per la natura sfocia in fanatismo e l'eroe trasforma mezza umanità in alberi, sotto lo sguardo orripilato dei suoi amici Ecodifensori. Questa parodia, per quanto leggera, in qualche modo dà voce alla paura provocata dall'altra faccia dell'ambientalismo, quello che agisce secondo un'agenda il più delle volte cieca e disinformata.

Capitan Planet è chiaramente un prodotto che promuove un pensiero politico e sociale tanto progressista quanto idealista nelle sue storie e nei suoi personaggi. Questi ultimi incarnano una vera e propria utopia politica, dove, seppur simbolicamente, le forze mondiali sono in grado di accordarsi e collaborare su tematiche ambientali che dovrebbero riguardare il pianeta intero.

Magari una nuova stagione di Capitan Planet ambientata ai giorni nostri — dove il dibattito sull'esistenza del cambiamento climatico e sull'impatto dell'uomo è tutt'altro che risolto — potrebbe essere un esperimento interessante.

Go Planet.