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Tecnologia

I cicloni è più facile studiarli sulle bolle di sapone

C'è chi guarda i fondi di caffè, chi le bolle di sapone.
Fonte: Via Brocken Inaglory/Wikimedia Commons

Se pensate che le bolle di sapone siano solo un gioco per bambini vi sbagliate, ci giocano anche gli scienziati. Loro però—gente seria—non lo fanno per divertirsi. Alcuni le usano addirittura per studiare i meccanismi con cui si formano i cicloni. In un insolito quanto innovativo esperimento, un team di ricercatori francesi ha analizzato i vortici che si creano sulle bolle di sapone, trovando una similitudine con le dinamiche meteorologiche che regolano la formazione dei cicloni tropicali.

Lo studio, pubblicato su Nature Scientific Reports, rientra nel vasto campo delle simulazioni meteorologiche, ma i metodi usati sono in controtendenza col resto del settore. Le moderne scienze climatiche di norma utilizzano potenti supercomputer per creare modelli virtuali che simulano il comportamento delle turbolenze terrestri—o di altri strani posti. Invece, i ricercatori dell'Università di Bordeaux, in collaborazione con la lontana Université de la Réunion, si sono fatti bastare mezza bolla di sapone. Riscaldandola dal basso e controllandone la rotazione, hanno potuto osservare la nascita, il comportamento e la durata dei singoli vortici colorati che si creavano sulla sua superficie, simile per curvatura all'atmosfera terrestre.

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“Le misurazioni mostrano che questo sistema sperimentale presenta alcune caratteristiche, come l'intensificazione dei vortici e il moto trocoidale, comuni nei fenomeni naturali che si creano durante le tempeste tropicali,” sostengono gli autori. Un ulteriore aspetto li ha convinti della fattibilità di questa simulazione. “Dato che sia i nostri vortici che quelli naturali sono molto grandi rispetto allo spessore della superficie su cui si formano—lo strato di sapone liquido e l'atmosfera terrestre—possiamo considerarli come due oggetti bidimensionali.”

I risultati devono comunque essere presi con cautela, data la differenza tra i meccanismi in gioco nei due casi, il modello sperimentale e il fenomeno naturale. D'altronde sono bolle di sapone, non sfere di cristallo.

(a) Lo strumento che controlla la bolla. (b) Immagine a infrarossi e (c) immagine a colori CCD dei pennacchi di calore che precedono il vortice che (d) si forma sulla bolla e (e) si colora. (f) Simulazione della convezione termica che crea i vortici. (g) Particolare di un singolo gorgo. Fonte: Nature Scientific Report

Riuscire a prevedere l'intensità e la durata della vita di cicloni, tifoni e uragani è un obiettivo chiave per la meteorologia. Non solo per poter far fronte in modo più consapevole alle tempeste che periodicamente si scatenano sulla Terra, ma anche per dare una spiegazione a fenomeni più generali, come i cambiamenti climatici.

In Italia, è il Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici (CMCC) a occuparsi di “realizzare studi e modelli del nostro sistema climatico e delle sue interazioni con la società.” Per farlo, data la complessità dei dati da analizzare,si avvalgono di appositi super-computer. Dalle loro ricerche emerge che lo studio dei meccanismi che causano i cicloni tropicali sta diventando un elemento fondamentale per comprendere il cambiamento climatico.

Ma non sono solo le tempeste tropicali terrestri a far passare notti insonni agli scienziati. Ci si mettono anche quelle su altri pianeti. Su Giove, per esempio, un'enorme tempesta—grande quasi tre volte la Terra—chiamata Grande Macchia Rossa, dura da centinaia di anni. Dal giorno della sua scoperta, questo fatto assilla gli astronomi di tutto il mondo perché, in base alle nostre conoscenze in materia, la tempesta si sarebbe dovuta estinguere dopo alcuni decenni, non certo dopo secoli.

Prevedere il comportamento di una tempesta è un compito davvero arduo. È necessario trovare dei metodi sperimentali per studiare le proprietà generali di questi sistemi e le caratteristiche delle singole tipologie di vortici. Le difficoltà, spiegano i ricercatori francesi, provengono dal fatto che “bisogna prendere in considerazione tantissimi fattori, come l'interazione con l'ambiente, la struttura stessa del ciclone, e la velocità di rotazione dei vortici.” L'unico modo per farlo sembrava essere quello di immettere enormi quantità di dati in qualche super calcolatore. Nessuno si aspettava che anche le bolle di sapone potessero fare la loro parte.