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Addio Irina, e grazie per tutte le bralette

Un commosso tributo alla pubblicità di Intimissimi con Irina Shayk che ci ha migliorati come esseri umani e come società tutta.
Tutte le foto di Vincenzo Ligresti.

Fino a mercoledì c'era un'Irina alla fermata dell'autobus che prendo ogni mattina, sei Irine giganti che mi si paravano davanti scendendo dalla 90, un'altra Irina nel tragitto da lì all'ufficio. In totale penso mi capitassero davanti agli occhi una dozzina di Irine al giorno.

"Irina" non è uno strano fenomeno ottico tipo la Fata morgana, un Pokèmon o un nuovo sistema di rilevamento del traffico. È proprio Irina Shayk nell'ultima campagna di Intimissimi.

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Prima di quei cartelloni non avevo ben chiaro chi fosse Irina Shayk—dopotutto ho difficoltà a identificare gli attori nei film, figuriamoci le persone sui cartelloni—mentre adesso potrei vederla in qualunque contesto e la riconoscerei al volo. Ovviamente, prima della campagna di Intimissimi non sapevo nemmeno cosa fosse una bralette.

Invece ora lo so.

irina shayk intimissimi campagna milano

Un cartellone in fase di disfacimento.

Non sono l'unico ad aver vissuto questa situazione—questa introduzione all'ideologia della bralette tramite gigantografie che sembrano una versione di 1984 in cui il Grande Fratello è una giunta militare formata da Audrey Hepburn, Coco Chanel e Franca Sozzani. In tutta Italia l'onnipresenza di Irina ha causato le più varie reazioni. A partire da quella di Selvaggia Lucarelli, l'unità di misura del dibattito culturale nazionale: "Siamo drammaticamente a una settimana dalla prova costume. Amici di Intimissimi: levatecela dai coglioni, grazie."

A Genova per colpa del manifesto si sarebbero rischiati incidenti stradali, perché "qualche automobilista al vedere quella gigantografia si è esaltato a sua volta e ha indugiato un po' troppo sull'immagine." Sempre a Genova alcuni manifesti sono stati imbrattati per censurare la scollatura di Irina e Il Secolo XIX ha fatto un vox pop tra i genovesi chiedendo loro un parere al riguardo. Un ragazzo intervistato ha detto che "non è pericoloso ma ogni volta che ci passi l'occhio ci cade per forza di cose."

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Anche a Reggio Emilia il manifesto è stato coperto, stavolta "con il velo islamico"—"Una goliardata o un segnale di integralismo islamico?" si chiede Il Giornale, rispondendosi che "non è dato saperlo" e che la Digos sta facendo chiarezza. Invece a Palermo Marianna Caronia—una politica locale—ha usato la febbre per Irina Shayk a fini elettorali, mettendo la sua faccia sul corpo della modella (LiveSicilia ci informa che l'immagine "dopo centinaia di condivisioni […] si trova sulle bacheche di moltissimi palermitani).

irina shayk intimissimi campagna milano

Infine, un articolo di Wired che ho visto girare molto nell'ultima settimana ne ha fatto un caso di orgoglio nazionale. "Non stiamo esagerando?" si chiede l'autore. L'onnipresenza di Irina Shayk "è qualcosa su cui riflettere? Io penso di sì." Tutto perché un suo amico americano è stato in Italia in questo periodo e la cosa che gli è rimasta più impressa sono stati i cartelloni con Irina Shayk in reggiseno bralette.

Il problema non è Irina ma la città, il Comune, chi lascia che queste pubblicità giganteggino ovunque, dominino il panorama urbano fino a diventarne l'elemento distintivo. […] Ne faccio una questione di identità e senso della misura.

In realtà l'unica cosa che mi sembra francamente esagerata sono tutte queste reazioni isteriche a quella che in fondo è una pubblicità come tante con una modella per protagonista. Sì, i modelli in genere hanno un aspetto che attira l'attenzione, altrimenti farebbero un altro lavoro. Sì, le pubblicità tendono a essere ovunque. È quello il punto di una pubblicità. Perché tutto questo casino?

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Comunque sia, adesso la campagna sembra essere finita o stare per finire. Ieri mattina sono uscito di casa e mi sono accorto che l'Irina che vedevo ogni giorno alla fermata dell'autobus non c'era più, sostituita da una pubblicità di Instagram. Nel primo pomeriggio, volendo indagare sul portato della campagna sulla mia città, mi sono fatto un giro per Milano camminando per ore da Porta Genova a Cadorna, e durante il tragitto non ho visto nemmeno un'Irina.

irina shayk intimissimi campagna milano

Il momento della rimozione del cartellone a Melchiorre Gioia.

Sono stato anche in alcuni posti dove mi era stata segnalata la presenza dei cartelloni, ma quando ci sono arrivato non ce n'era già più traccia. Nel tardo pomeriggio, in Melchiorre Gioia, ho visto un gruppo di operai intento a rimuovere un'Irina gigante da un cartellone per sostituirla con un manifesto di Radio Deejay. Poco oltre, un'altra Irina—l'unico cartellone in buono stato che ho visto in tutta la giornata. Ormai i suoi manifesti stanno diventando rari, stanno sparendo lentamente dai muri della città come i graffiti di Bros che piacevano tanto alle mie compagne del liceo.

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L'autore saluta il cartellone.

Tutto questo mi ha ispirato due riflessioni. La prima—ovviamente—sulla caducità della vita e di tutte le cose, su come qualcosa che oggi fa discutere e causa incidenti stradali domani non esista già più. Ma non è una riflessione esclusivamente legata a questi cartelloni, è più che altro la base della condizione umana, amen. La seconda, più ampia, verte su quello che ci ha dato e quello che ci lascia la faccenda.

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Quello che ci ha dato: dei manifesti per cui abbiamo potuto schiantarci con la macchina contro un palo perché troppo presi a fissare la foto; (a me personalmente) un aggiornamento sulla vita sentimentale di Cristiano Ronaldo, perché consultando Google ho scoperto che Irina Shayk e Ronaldo stavano insieme ma si sono lasciati cinque anni fa; una valanga di tweet tutti uguali di a) ragazze che dicono che la pubblicità le fa soffrire/abbatte l'autostima/le ha convinte a comprare una bralette;

b) ragazzi che ringraziano per la diffusione capillare dei manifesti/si lamentano delle difficoltà di guidare a Milano nell'ultimo periodo.

Quello che ci lascia: oltre a una serie di articoli che hanno declinato il fenomeno in termini morali-sociali-politici, una maggiore conoscenza dell'intimo femminile, nello specifico una nuova consapevolezza dell'esistenza della bralette (la cui comodità come indumento non sono in grado di giudicare con cognizione di causa, non avendo le tette). [ Giunto a questo punto mi pare necessario inoltre specificare che non sono pagato da Intimissimi. Per il mio intimo mi sono sempre rivolto al mercato di Bonola—e, dopo la sua chiusura, ai cestoni dei supermercati].

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L'autore con un raro esemplare di cartellone della campagna ancora intatto.

Sarebbe interessante andare a vedere quali sono stati i risultati effettivi per Intimissimi di una campagna di questo tipo. Ho fatto un rapido sondaggio tra le mie colleghe e tutte erano concordi nel dire che a un certo punto hanno pensato di volersi comprare una bralette (stessa cosa che mi ha detto la mia ragazza, btw) quindi è probabile che l'operazione abbia avuto riscontro.

Il che mi porta ad allargare il mio sguardo e a chiedermi cosa sarebbe successo se invece che di una pubblicità di un capo di intimo si fosse trattato di qualcos'altro—chessò, di qualche istanza sociale, visto che siamo in un'epoca in cui la Pepsi può fare una pubblicità che inserisce i suoi prodotti in dinamiche rivoluzionarie.

Se al posto della bralette Irina Shayk avesse pubblicizzato i diritti LGBT, le unioni civli sarebbero state approvate senza discussioni e senza compromessi politici? Se avesse pubblicizzato l'istituzione del reato di tortura, Gentiloni avrebbe annunciato alla nazione lo scioglimento delle forze armate italiane sull'esempio virtuoso del Costa Rica? Se avesse pubblicizzato l'uguaglianza sociale, tutto il potere sarebbe in mano ai soviet e gli autori di commenti negativi sotto questo post verrebbero deportati in Molise?

Invece che chiederci cosa ci lascia Irina, chiediamoci cosa avrebbe potuto lasciarci.

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