Alle 20 di sabato, al JFK, il Central Diner del Terminal 4 è più simile a uno studio legale di fortuna che a un ristorante.
Da ore, 30 avvocati sono al lavoro per aiutare una decina di persone trattenute dalle autorità doganali come effetto dell’ultimo ordine firmato dal presidente Trump. Alcuni di loro sono specializzati in immigrazione, e quasi tutti sono professionisti accorsi volontariamente in risposta alla richiesta di aiuti legali lanciata dall’International Refugee Assistance Project.
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All’esterno dell’aeroporto è in corso una protesta. I presenti, circa un migliaio, agitano cartelli e scandiscono lo slogan: “No hate, no fear, refugees are welcome here.” Piccoli nuclei famigliari, per lo più di origine araba o persiana, aspettano i parenti accasciati sulle sedie di plastica.
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