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Il ‘#FertilityGame’ mi ha fatto passare la voglia di fare figli

La relazione tra lo Stato Italiano e la vita riproduttiva dei suoi cittadini è sempre stata complessa e ambigua, da un lato caratterizzata da una certa ingerenza della prima sulla seconda, dall’altro da un certo menefreghismo istituzionale post-partum. L’Italia è un paese che osanna la famiglia, ma che si guarda bene dallo spendere i fondi ed estendere i diritti necessari per rendere più facile la vita a chi decide di immolarsi alla causa e portare avanti la specie per tutti.

Ogni volta che sento parlare di iniziative istituzionali che riguardano la fertilità mi preoccupo: so che le probabilità di trovarsi davanti a una sorta di manifesto di inizio secolo (scorso) sulla riproduzione come obbligo sociale—l’ultima cosa che può invogliarmi all’atto riproduttivo—, privo della ben che minima consapevolezza sulle responsabilità dello stato stesso nel crollo demografico del paese, sono altissime.

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Ok, ma i soldi? Immagine via

Il rischio poi che questi manifesti siano accompagnati da qualche orrendo strumento ideato per accattivarsi l’attenzione dei più giovani è praticamente una certezza: d’altronde, come far sentire un nativo digitale davvero in colpa per non star salvaguardando la propria fertilità, se non con un videogioco o una app?

Proprio oggi, il Fertility Day indetto dal Ministero della Salute per il prossimo 22 settembre (ma non doveva essere il 7 maggio?) e che coinvolgerà tutti i comuni che avranno la forza spirituale di aderire, ha confermato puntualmente questi miei timori. Non solo nel documento ufficiale pubblicato dal Ministero della Salute si ricorda con un certo misticismo ai portatori di organi genitali del paese che “la ‘sessualità’ non è un accessorio del nostro comportamento avulso ed enucleabile dalla funzione riproduttiva, a cui biologicamente è destinata,” (è una sfida?), ma sul sito del progetto è comparso anche il Fertility Game, una sorta di Space Invaders senza munizioni dove l’unico obiettivo è schivare i pericoli per la fertilità, simboleggiati da piccole siringhe, sigarette, birrette e virus verdognoli.

Schivare piccole poltrone e minuscoli cocktail colorati con le freccette della tastiera non mi fa sentire in alcun modo più desiderosa di rinunciare ai miei vizi concreti.

Se vogliamo fare una rapida analisi semantica di questo gioiello del design interattivo, il messaggio che trasmette di base è piuttosto anti-scientifico: un ovulo che ingloba decine di spermatozoi e uno spermatozoo che insemina più di un ovulo appartengono infatti a qualche incubo infernale, non al reame del plausibile. Ma facciamo pure uno sforzo di immaginazione e cerchiamo di coglierne il senso astratto: nella vita devi prenderti cura dei tuoi preziosi gameti (non drogarti), e acchiappare più sperma (o ovuli) che puoi. Se provi a evitare sia i “mali” che la controparte fertile che nuota felice verso il tuo avatar, il gioco va plausibilmente avanti all’infinito, simboleggiando la mancanza di senso di una vita senza figli, come vuole un certo discorso socio-politico caro a questo paese.

Ci sarebbe piaciuto includere screenshot migliori di questo videogioco tripla A: purtroppo al momento della pubblicazione il sito è ancora in sovraccarico. :(

Se si approfondisce l’analisi un po’ di più, però, si nota che la meccanica base del gioco segue una logica parziale, che spinge la maggior parte dei giocatori a mentire per vincere una partita; se volessimo giocare a Fertility Game in modo sincero, infatti, il nostro spermatozoo/ovulo sarebbe morto alla prima sigaretta. Infine, è inutile dire che schivare piccole poltrone e minuscoli cocktail colorati con le freccette della tastiera non mi fa sentire in alcun modo più desiderosa di rinunciare ai miei vizi concreti, anzi.

La fertilità, un argomento complesso tanto in Italia quanto all’estero—tra aziende che propongono di congelare gli ovuli delle dipendenti e organi governativi che suggeriscono a tutte le donne in età fertile di non bere alcool perché non si sa mai che rimangano incinte—, sembra destinato a un ennesimo tentativo fallimentare di dibattito costruttivo di qui a poche settimane.

Il 22 settembre una catena di minuscole birrette sarà proprio necessaria, mi sa.