FKA Twigs sarà in concerto al Fabrique di Milano il 29 novembre 2019. I biglietti sono in vendita su DICE.
C’è questo dipinto di Raffaello, la deposizione Borghese, in cui si vede Cristo morto che viene deposto nel sepolcro. La sua mano non è pendula perché è in quella di una donna con gli occhi gonfi. Il verdognolo morto della pelle di lui si appoggia sul rosastro vivo di lei—Maria Maddalena, la donna che dà il titolo al nuovo di FKA Twigs, MAGDALENE. La donna che amava Cristo, sminuita dalla Chiesa ed eliminata dalla storia occidentale. La donna che curava Gesù, lo ascoltava, lo rendeva felice e forse lo amava. La donna che, per vedersi ricordata con un’aureola in testa, è stata raccontata come una prostituta pentita.
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Tranne questo, tutti i quadri che la ritraggono la rendono una puttana sola, una casta amica o un peso terreno. Perché poi quando Gesù risorge, lei lo riconosce e far per stringergli di nuovo la mano, lui risponde noli me tangere: non mi toccare. Per intrecciare di nuovo quelle dita, lei deve fare penitenza. Perché quei figli non erano suoi, quell’amore non era suo. Era tutto il dono di un Dio maschio. E invece le sue erano “Le mani di una donna / Così buia, provocante / Un respiro premuroso che potrebbe accarezzarti”—quelle che Twigs canta su “mary magdalene”.
MAGDALENE, ha detto Twigs, vuole raccontare la sua esperienza di donna smangiucchiata e definita dal patriarcato. “[La figura di Maddalena] è una proiezione maschile, e credo sia il momento in cui il patriarcato ha preso il controllo del modo in cui le donne vengono raccontate”, ha detto, “E qualsiasi donna che ha mai fatto qualcosa può essere stata soggetto di questa logica. A me è successo.” E ancora: “Mi piacerebbe un sacco se scrivessero un pezzo su di me in cui il mio nome non è attaccato a quello di un uomo”.”
“Mi piacerebbe un sacco se scrivessero un pezzo su di me in cui il mio nome non è attaccato a quello di un uomo.”
FKA Twigs è una di quelle artiste che fanno così tante cose, e le fanno così bene, che è in effetti assurdo pensare di spiegarla tramite le figure maschili che l’hanno accompagnata. Quelle più dirompenti, ma quella di cui a noi importa di meno, sono i suoi ex fidanzati famosi, Robert Pattinson e Shia LaBoeuf, motivo per cui ancora oggi lei si trova dei paparazzi davanti a casa, forse i “mille occhi” di cui canta nel pezzo che apre il disco—ma “chiunque guarda quelle foto non ascolta la mia musica”, dice, e rincara: “La gente pensava fossi strana, finché un maschio bianco non ha convalidato la mia bellezza”.
Quelle che ci importano, invece, sono quelle con cui ha fatto MAGDALENE, un disco che non saprei come descrivere se non con la parola “contemporaneo”, nella misura in cui mette sperimentatori al servizio del pop e superproduttori al servizio dell’avanguardia. Sono Skrillex, Jack Antonoff, benny blanco, Cashmere Cat; sono Koreless, Oneohtrix Point Never, Arca e soprattutto Nicolas Jaar, che co-firma sette produzioni ma in realtà no, perché sul disco non c’è scritto. Lo ha suggerito lui stesso, a Twigs, di fare così: “Mi ha detto che metterci il suo nome non avrebbe sottolineato tutto il mio lavoro, specialmente in quanto donna e producer. Quando me l’ha detto mi sono messa a piangere”.
E così io, che ascolto “thousand eyes” e magari ai tre minuti mi dico “Questo si sente proprio che è Jaar, è proprio il brulicare di suoni di Sirens…”, sbaglio. Perché Twigs è la persona capace di ricordarsi di un suono lontano che le ricorda un gufo, sentito due settimane prima, e metterlo in un pezzo. Di passare due giorni con Skrillex a Los Angeles per mettere insieme 200 tracce e renderle “holy terrain”, a lasciarsi modellare da Arca, a permettere a Jack Antonoff di ficcarci dentro il naso per lasciare un sentore di pop. È lei, non sono loro.
Twigs è solo Twigs, la cantante punk, la ballerina, la pole dancer, la praticante di arti marziali cinesi, la malata di fibrosi, la disciplinata, la leader di una band, la scrittrice, la musicista. Twigs è questo disco così bello perché chiaro nei suoi intenti: rendere accessibile la complessità (sentimentale, musicale, estetica) della sua autrice. Cosa che i primi EP di Twigs e, soprattutto, LP1 facevano solo a tratti, dato che a lavorarli erano persone più concentrate sul messaggio artistico che sulla quantità di persone capaci di riceverlo. Oggi, la figura di Maria Maddalena come fil di ferro che tiene unita la paglia di queste canzoni è quasi un di più rispetto al puro valore musicale del loro insieme.
Twigs, la cantante punk, la ballerina, la pole dancer, la praticante di arti marziali cinesi, la malata di fibrosi, la disciplinata, la leader di una band, la scrittrice, la musicista.
Ascoltando MAGDALENE si notano quasi più i vuoti che i pieni. Il suo è un pop di spazi: “thousand eyes” è come dovrebbero suonare le messe per farmici andare, “sad day” si apre e chiude a intervalli regolari come la membrana di una medusa, “mary magdalene” ha un finale che è come un’esplosione improvvisa in uno scenario bucolico ma buio, “home with you” e “cellophane” hanno solo l’ombra di una struttura ritmica, “holy terrain” prende il Future migliore— quello dei tape prima di DS2, quello svuotato di sentimenti che cerca di capire come e perché ha sofferto e fatto soffrire così tanto—e gli toglie la trap da sotto i piedi.
Lo stacco qualitativo con LP1 sta proprio lì, nei vuoti. Twigs ha dichiarato che lavora per sottrazione, ma mai come ora le era venuto così bene—e mai come ora aveva riempito i buchi con linee vocali così avvolgenti e testi così intimi. Le sue parole descrivono come sempre momenti di sentimento applicabili a qualsiasi relazione, ma stavolta sono puntellati da dettagli solo suoi. E grazie a questi MAGDALENE sembra un lavoro più umano del suo predecessore.
“Le mie dita, attive / Il mio cunnilingus, falso / I miei piatti, sporchi / I miei desideri, tanti”, canta Twigs in “daybed” di un pomeriggio passato a masturbarsi a letto. “Mele, ciliegie, dolore / Inspira, espira, dolore / No, no, novocaina / E ancora mantengo la mia grazia”, dice in “home with you”, e quei frutti sono le fibrosi tumorali che le sono state rimosse dal corpo nel 2016, proprio mentre lei stava imparando a fare pole dance—quando Spike Jonze le chiese di partecipare a un video promozionale per la Apple, e lei disse di sì, e si sentiva strappare i punti sulla pelle mentre si esibiva.
Perché il punto e il valore di Twigs, oggi, è l’ammettere che forza e vulnerabilità devono coesistere. Può anche sentirsi sola, osservata, depressa—e lo dice, eccome—ma senza mai smettere di combatte la “guerra di una donna / in una storia non occupata”, come canta in “mary magdalene”. “Viviamo in un’era ossessionata dai supereroi, siamo pieno di franchise enormi che fanno film fantastici. Ma prendendo la cosa da un punto di vista femminile, non ho ancora visto un personaggio femminile splendidamente forte e perfetto, ma che abbia anche dei difetti, e prenda dentro tutto lo spettro dei sentimenti”, ha dichiarato.
Il punto e il valore di Twigs, oggi, è l’ammettere che forza e vulnerabilità devono coesistere.
E io, leggendo le sue parole, mi rendo conto che in fondo non sta a me definire la musica e la persona di Twigs. Mi basta condividere con voi che leggere la bellezza delle sue parole, del suo lavoro, del senso di questo MAGDALENE—uno dei dischi più importanti del 2019, ma anche dei nostri tempi.
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