Dietro la bufala sull’eredità lasciata a Berlusconi c’è un mistero enorme

Faccio mea culpa: ci sono cascato. Qualche giorno fa, per sostenere la mia teoria che gli animali domestici abbiano rovinato l’umanità, ho mandato a un mio amico un articolo di Repubblica su Pilù, il gatto che aveva ereditato un milione di euro. Peccato che fosse una bufala.

Ma questa è solo una delle storie strane a tema soldi ed eredità uscite nelle ultime settimane un po’ ovunque, anche su siti di quotidiani affidabili come il Correre della Sera, La Repubblica, La Stampa. C’è la storia del tizio di Roma che aveva scoperto di aver ricevuto in eredità tre miliardi di lire ora che non è più possibile convertirle. C’è la storia del maxi-risarcimento ottenuto dai figli di un uomo infettato per sbaglio con l’epatite C durante una trasfusione. C’è la storia del tizio calabrese che aveva trovato in un mobile un Bot del 1954 che ora varrebbe 500mila euro, ma non può riscuoterlo. E l’ultimo caso, di un paio di giorni fa: la storia della vecchietta dell’Aquila che lascia tre milioni di euro di eredità a Berlusconi.

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Se si leggono gli articoli che le raccontano si scopre che tutte queste storie hanno alcune caratteristiche comuni, praticamente uno schema di Propp. Si parla sempre di soldi ricevuti in eredità o ritrovati in casa, c’è sempre un qualche impedimento legale che ne preclude la riscossione, non vengono mai dati dettagli sull’identità dei protagonisti e soprattutto la fonte è sempre la stessa: la fantomatica “Fondazione Italiana Risparmiatori.”

Tanto per cominciare la Fondazione Italiana Risparmiatori non è una vera fondazione. Nonostante abbia sede a Milano, non risulta nell’elenco delle fondazioni registrate in Lombardia. Sul suo sito—che, come ha scoperto il debunker David Puente, risulta registrato pochi mesi fa in Repubblica Cecanon compaiono informativa sulla privacy né statuto né codice fiscale né partita Iva e l’ente si definisce “un’associazione di consumatori e utenti, liberamente costituita, autonoma, senza fini di lucro ed a base democratica e partecipativa” con lo scopo di “promuovere, assistere, tutelare, rappresentare e difendere i diritti individuali e collettivi dei cittadini e degli stranieri, nonché consumatori di beni e degli utenti di servizi e comunque gli interessi diffusi dei consumatori e degli utenti in genere.”

Una perifrasi piuttosto fumosa, completata da una parte in grassetto che spiega che la Fondazione si occupa di assistere chi vuole recuperare titoli bancari, postali o di Stato mai riscossi.

Gli unici contatti indicati sul sito della Fondazione sono un indirizzo email e un numero di cellulare a cui risponde un certo avvocato Andrea Rossi. Puente è riuscito a rintracciare due vecchi annunci online ormai scaduti in cui compare quel numero. Nel primo un certo Giacinto mette in vendita un appartamento a Roma, mentre nel secondo sempre Giacinto si propone per organizzare feste di addio al nubilato specificando “mi avete visto a Striscia la notizia canale 5.”

Secondo Puente, questo Giacinto comparso a Striscia la notizia sarebbe l’avvocato Giacinto Canzona—un personaggio che è impegnato da un decennio a creare bufale e spacciarle ai giornali per fare pubblicità alle sue attività. Secondo Puente, anche la voce dell’avvocato Andrea Rossi sarebbe incredibilmente simile a quella di Canzona.

Canzona è solo l’ennesimo personaggio che è riuscito a costruirsi una notorietà e una carriera mandando comunicati stampa con notizie interessanti alle redazioni dei giornali e facendo pubblicare notizie false che poi sfruttava per i suoi fini.

Nel suo caso, il gioco va avanti almeno dal 2005, quando Repubblica Scuola&Giovani parlava di un giovane avvocato che, dopo essersi laureato in anticipo sui tempi, si era visto contestare il titolo quando aveva già finito il praticantato e aveva “patrocinato in circa 300-400 processi.” Una storia assurda, sorprendentemente simile a un’altra finita sui giornali lo stesso anno. Il nome del giovane avvocato in questione era Giacinto Canzona.

Nel 2009 invece Canzona ricompare come “avvocato 35enne con il senso della notizia” e viene intervistato dal Giornale su una serie di notizie assurde comparse sulla stampa in quel periodo, tutte relative a casi di cui si sarebbe occupato lo studio legale che gestisce insieme alla moglie Anna Orecchioni—si va dal caso della suora in topless su Facebook a quello delle tre suore beccate a 180 all’ora in autostrada. Nell’intervista Canzona spiega che fa pubblicità ai suoi casi perché così facendo si risolvono più velocemente e poi conclude con un’affermazione interessante: “è compito della stampa cercare riscontri. Noi diramiamo un comunicato, se l’agenzia lo pubblica così com’è, perché la notizia è succulenta, che possiamo farci’?”

Sempre giocando sulla stessa dinamica e sempre mandando comunicati stampa, nel 2012 Canzona arriva a una certa notorietà quando la storia della vittima della Costa Concordia che aveva abortito in seguito al naufragio e voleva farsi risarcire diventa virale e finisce in tv, a Domenica 5. È in quell’occasione che Canzona viene smascherato (per la prima volta) da Striscia la notizia: si scopre che era tutto finto, il nome della donna non figura nella lista dei passeggeri della Costa Concordia e quella che era andata in tv era un’attrice pagata da Canzona. La bufala gli era costata un provvedimento disciplinare e poco dopo Canzona aveva deciso di sparire dalla circolazione—diffondendo persino la notizia della sua morte.

Sempre nel 2012, intervistato da l’Espresso, Canzona aveva detto riguardo alle sue bufale: “fino al 2009, forse per un peccato di leggerezza, non facevamo una verifica […] Dopo il 2009 è tutto vero.” Le sue imprese in questo periodo (fino al 2011) sono ben documentate da un corposo dossier (parte 1, 2, 3, 4) del sito Malainformazione.it.

Negli anni successivi però Canzona si è evoluto. Se prima diffondeva le bufale a nome del suo studio legale—di cui, tra l’altro, affermava nel 2012 Vanity Fair, non si trovano tracce su internet—da un certo momento passa a utilizzare una finta associazione dal nome vagamente credibile: Agitalia, ovvero Associazione per la Giustizia in Italia.

Agitalia si può considerare l’antesignana della Fondazione Italiana Risparmiatori. Il modo in cui le due sigle operano è esattamente lo stesso: si tratta di mettere in circolo una serie di notizie false—nel caso di Agitalia, storie di persone che ritrovavano vecchi libretti di risparmio e volevano riscuoterli—per attirare clienti nella stessa situazione. Secondo l’Aduc (Associazione per i diritti degli utenti e consumatori) “questo metodo di pubblicità […] porta visibilità all’associazione e molto probabilmente agevola l’incasso di quote associative” di 110 euro. L’Aduc si spinge a denominarlo “metodo Canzona.”

Agli associati sarebbe stato poi proposto, pagando una cifra minima, di intraprendere una class action per sbloccare i libretti e moltiplicarne il valore adeguando le cifre all’inflazione.

È il caso dei “libretti antichi” che avrebbe coinvolto un gruppo di 900 risparmiatori di tutta Italia. Dopo aver letto le finte notizie sul tema lanciate da Agitalia e pubblicate da vari giornali italiani si sarebbero rivolti all’associazione di Canzona, che li avrebbe convinti a partecipare all’azione legale in cambio di un compenso minimo—150 euro a testa. Poi Canzona sarebbe sparito nel nulla per ricomparire tre anni dopo, a causa naufragata, chiedendo una parcella di circa 4000 euro a testa a tutti i clienti e offrendosi di chiudere tutto per 1500 euro. (Qui si troverebbero alcune testimonianze—di cui è impossibile verificare l’attendibilità—di persone coinvolte nel caso).

Tutta la cosa era stata portata alla luce ancora una volta da Striscia la notizia—di fronte a cui Canzona, che nel frattempo risultava nullatenente, aveva deciso di rinunciare a tutti i soldi.

Lo scorso gennaio però la Gazzetta di Mantova (luogo dove vive una parte consistente dei risparmiatori truffati da Canzona) ha dato la notizia di una nuova beffa per le vittime della “truffa,” che si sarebbero viste recapitare una sanzione di Equitalia da 900 euro a testa—per aver pagato in ritardo un contributo che era stato notificato allo studio legale di Canzona, che i truffati avrebbero eletto a loro domicilio. Due giorni dopo l’articolo, il giornale ha ricevuto un comunicato in cui Canzona inscenava (di nuovo) la propria morte.

Oggi Agitalia è inattiva. Il sito—che per motivi ignoti in testata ha una foto di un tizio che fa snowboard—esiste ancora e basta un’occhiata per notare importanti similitudini con quello della Fondazione Italiana Risparmiatori: le spiegazioni ugualmente vaghe sulle attività della società, ad esempio, ma anche dettagli più tecnici come lo stesso hosting.

Negli anni alcune delle false notizie di Canzona hanno fatto dei giri piuttosto ampi. L’ultima sulla finta eredita di Berlusconi ad esempio è stata ripresa dalla testata russa Sputnik News, mentre nel gennaio 2016 la finta storia di una donna che aveva trovato 15 milioni di lire e aveva vinto il diritto di farsele convertire in euro era stata ripresa dal Guardian. Nel 2014 una finta notizia di Agitalia su uno scambio di embrioni all’ospedale Pertini di Roma aveva tirato su uno scandalo di malasanità arrivato anche nei pensieri della politica.

A quanto pare, quindi, Canzona avrebbe deciso di ricominciare a far circolare notizie false, ancora una volta a tema economico, e la Fondazione Italiana Risparmiatori è la nuova sigla con cui le firma ora che Agitalia ha perso ogni credibilità. La domanda è: perché lo fa?

“Non è chiaro, non posso fare affermazioni in merito,” mi ha detto David Puente al telefono. Nel caso dei “libretti antichi” c’era una motivazione specifica—agganciare clienti da indirizzare verso la sua società. Qui invece ci sono due elementi che non quadrano: primo, sul sito della Fondazione c’è scritto che la prima consulenza è gratuita; secondo, le notizie che fa circolare sono semplicemente troppo assurde. “È assurdo pensare che la notizia del gatto diventato milionario per l’eredità della padrona possa spingere tante persone a contattare la Fondazione perché vogliono fare lo stesso,” mi ha detto Puente.

Tanto più che nelle ultime false notizie riconducibili a Canzona il nome della Fondazione non compare—la fonte è invece un certo avvocato Andrea Fabio Ferrari. “Inoltre ultimamente, a chi lo chiama e gli chiede conto di tutto questo, Canzona lo sfida a dimostrare che le notizie che diffonde siano davvero false. Cosa impossibile, sia perché spetterebbe a lui in primis dimostrarne l’autenticità, sia perché non porta mai alcuna documentazione al riguardo,” mi ha detto ancora Puente.

Anche il debunker Michelangelo Coltelli di Butac.it—probabilmente la persona che si occupa di Canzona e delle sue bufale da più tempo in Italia—mi ha detto di non avere idea delle motivazioni dietro tutto questo casino. “Sa benissimo quel che fa, è lucidissimo nei suoi articoli di fantasia e crea delle storie quasi perfette. [Che la FIR fosse un modo per trovare altra gente su cui guadagnare] lo credevo anch’io, mi ha anche minacciato di querela se non rimuovevo il primo articolo in cui li citavo, lo scorso dicembre. Ma poi non mi è arrivato niente. Quindi non so,” mi ha detto. “Purtroppo è impossibile dire se siamo di fronte all’ennesima truffa o solo a gente che ama la visibilità.”

Nel 2012 le bufale di Canzona venivano definite “una strategia di personal branding” spiegando che “dietro c’è naturalmente una critica al sistema mediatico, abile nel copia-incolla, pigro nella verifica delle fonti e assetato di scoop.” Nel febbraio 2013, poco dopo che era stato smascherato da Striscia la notizia sul caso della Costa Concordia, a Roma erano comparsi dei cartelloni pubblicitari a supporto di Canzona come candidato alle regionali. Sui manifesti c’era scritto “Ieri, grazie a Striscia la notizia, vi ha dimostrato le falle dell’informazione… domani, grazie a voi, dimostrerà le pecche della politica tradizionale italiana.”

https://twitter.com/stanzaselvaggia/status/284648097013972992
l’aveva già diffusa anni fa


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