“Molti marchi si vantano di fare la pasta con grano 100% italiano. Noi facciamo il pane con grano per l’80% iraniano.”
“La terra produce il grano. Ma l’uomo produce il sogno del grano, ed è il sogno che consente il realizzarsi delle cose,” dice un proverbio Indù. E io non saprei come spiegare meglio quello a cui ho assistito un mese fa a Nocciano, in Abruzzo.
Videos by VICE
A inizio luglio ho partecipato a un evento fra i migliori a cui abbia mai assistito, almeno da quando scrivo di cibo. Immagina Colline Abruzzesi, festa e quell’aria di piccola rivoluzione agroalimentare, quella dei campi, dietro l’angolo, anzi in parte già realtà. Adesso mi spiego meglio: ho partecipato al Mietitour di Forno Brisa. È stata una figata pazzesca, tre giorni di festa in cui ho conosciuto persone, imparato cose, bevuto molto e dormito in tenda.
Quello di Forno Brisa – panetteria bolognese di cui vi abbiamo già raccontato la genesi qui– in pratica è stato un tour per visitare i campi da cui proviene il loro grano in tempo di mietitura.
Il punto non è stato festeggiare la raccolta del grano, ma spiegare perché quel campo di grano è così importante per loro – e perché dovrebbe esserlo poi per tutti. Forno Brisa, con il grano coltivato in quel pezzo di Abruzzo, ci fa i tre quarti dei suoi pani e delle sue pizze.
Praticamente riescono a sostenere il carico di tre locali a Bologna con delle farine pazzesche, a filiera così corta, controllata, che più di così non si può. . Pasquale Polito, che si occupa del pane di Forno Brisa, lì c’è cresciuto; basta che chiami il vicino di casa per chiedere come sta il grano. La versione campagnola del vecchietto che guarda i lavori.
Comprare farine buone, come fanno tante ottime panetterie oggi, è giusto, ma farsele in casa è, in tutto e per tutto, una piccola grande rivoluzione. Almeno nel mondo della panificazione delle grandi città. E funziona così bene che Davide Longoni, panificatore di Milano, mentre eravamo lì, si è comprato qualche ettaro per iniziare anche lui.
Si abbattono i costi, la resa del grano è altissima, si fa girare la piccola economia e la terra viene trattata come più gli piace. E i ragazzi di Brisa, insieme ad altri panificatori cittadini, stanno lavorando a un progetto, i Panificatori Agricoli Urbani, che vuole riportare il grano anche in città. Per fondere agricoltura e spazio urbano come una volta. Insomma, a Nocciano, per tre giorni, alcune delle persone più impegnate eticamente nel mondo del cibo, del pane, del caffè e dell’agricoltura si sono riunite con lo scopo di raccontare, parlarsi, divertirsi, spiegare e beh, mangiare arrosticini a strafottere. Innaffiati da litri di vino naturale.
Questi ragazzi, che hanno già operato un grande cambiamento nell’ecosistema del pane bolognese, credono davvero in un cambio di rotta nel sistema della panificazione. Ogni anno chiudono i loro negozi a Bologna e partono alla volta di Nocciano insieme alle persone che lavorano con loro. Sono tre giorni importantissimi in cui si fa il punto della situazione, si stacca la testa e si imparano cose nuove. Trovatemi voi un’azienda che chiude e porta i suoi dipendenti a una festa in mezzo ai propri campi.
Questi ettari, che sono della famiglia di Pasquale da decenni, sono stati ripresi in mano per lo scopo più ovvio: abbiamo una panetteria, usiamo il grano di quei campi per le farine. E non è grano qualunque. Il campo di Forno Brisa in Abruzzo segue la filosofia del “Miscuglio Evolutivo“. Che si può riassumere così: avete presente le distese di grano con le spighe dorate e belle e tutte uguali? Ecco, ora toglietevelo dalla testa: in un campo di miscuglio evolutivo convivono diverse specie di grani, per la maggior parte antichi, che coesistono in perfetta armonia. Se una spiga è troppo corta, quella accanto, più lunga si piegherà naturalmente per proteggerla, una società dorata. Le piante si aiutano le une con le altre e in questo modo non c’è bisogno di trattamenti a base di merda chimica. Una volta mietuto il grano vengono piantati dei ceci, che ridanno al terreno vigore.
“In 50 anni il grano è cambiato tantissimo e non lo capiamo più. Oggi la maggior parte dei prodotti è un ammasso di glutine che non riusciamo a digerire”
A raccontarci tutto queste cose – che ho semplificato in maniera brutale – è stato Salvatore Ceccarelli. Un uomo che ha passato più di 40 anni a studiare la genetica delle popolazioni di cereali per capire e aiutare intere famiglie di contadini. Ha passato buona parte della sua vita in Siria, a studiare e aiutare, insieme a sua moglie. E sì, è stato emozionante sentirlo parlare, sapere che esiste qualcuno che ha dedicato la vita per trovare il benessere alla radice, letteralmente sul campo. “Molti marchi si vantano di fare la pasta con grano 100% italiano. Noi facciamo il pane con grano per l’80% iraniano,” dice Pasquale tutto fiero.
La parola “pane integrale” non vuol dire più niente
Corsi sul miele con Andrea Paternoster di Mieli Thun, di specialty coffee coi ragazzi esperti del Forno Brisa e con Dario Faciani di Faro (l’unica caffetteria a Roma che ci fa un lavoro serio), la visita all’azienda agricola De Fermo, che più etica non si può. E poi i corsi sul pane con Pasquale, che ha insegnato a impastare pagnotte di due chili raccontandoci l’evoluzione del grano e della panificazione. “In 50 anni il grano è cambiato tantissimo e non lo capiamo più. Oggi la maggior parte dei prodotti è un ammasso di glutine che non riusciamo a digerire”. E ci ha spiegato come la parola pane integrale non voglia dire niente. “Se facessimo un pane completamente integrale saprebbe di cartone. La farina di tipo 2 è il massimo per farlo.” Perché mantiene i principi nutritivi e aiuta la digestione.
Da ottobre Forno Brisa farà partire un crowdfunding per aprire uno spazio nuovo**, grande,** con l’idea fissa di riuscire a fare un’impresa sana senza perdere mai di vista etica, persone e ingredienti. Un posto dove imparare a panificare, infornare, passare del tempo, capire e mangiare. In tre anni il fatturato è salito, sono arrivati premi e la soddisfazione più grande è il fatto che ci siano riusciti rimanendo fedeli ai loro principi. Pasquale e Davide sono le persone più ottimiste che conosca, hanno iniziato una piccola rivoluzione agricola vera che sembra diventare sempre più grande, importante.
Quando tutti sono andati via, sono rimasto una giornata in più; allo stesso tavolo a un certo punto c’erano seduti Davide Longoni, Giovanni Mineo, Pasquale Polito e Matteo Piffer, alcuni dei più grandi e moderni panificatori d’Italia, a discutere di un progetto per rifare da capo il mondo della panificazione. Con idee valide, prodotti validi e persone che dedicano la vita alla terra. Mi sembrava di essere a una riunione di carbonari, invece che a quella dei Panificatori Agricoli Urbani, che vogliono cambiare le cose attraverso una filiera pulita e cortissima.
E soprattutto mi sono sentito parte di quella cosa, anche se non ero nessuno.
“Pasquale, guarda che hai fatto. Quelli sono i tuoi dipendenti, hanno non più di trent’anni e ballano felici. Perché fanno e servono del pane,” ho detto a Pasquale a notte fonda, completamente sbronzo. “Ok il pane, ma questa è la vera rivoluzione.” Lui li ha guardati e ha sorriso, completamente sbronzo. Mai vista una persona così soddisfatta.
Segui Andrea su Instagram
Segui MUNCHIES su Facebook e Instagram
Vuoi restare sempre aggiornato sulle cose più belle pubblicate da MUNCHIES e gli altri canali? Iscriviti alla nostra newsletter settimanale.