Foto dei minuscoli monolocali di Parigi e dei ragazzi che ci abitano

L’autore nel salotto di casa

Prima di trasferirmi a Parigi vivevo nel bel mezzo del deserto californiano, e con 200 euro al mese potevo tranquillamente permettermi una baracca di sei stanze. Prima ancora abitavo a la Réunion, dove vivere con un tetto sopra la testa è un concetto tutto particolare. Ora è quasi un anno e mezzo che vivo a Parigi, in un appartamento microscopico che mi costa un occhio della testa. Cerco di stare fuori il più possibile, ma ogni volta che entro in casa ho l’impressione che i muri potrebbero schiacciarmi da un momento all’altro. È proprio riflettendo sul mio ristrettissimo spazio vitale che ho pensato a un progetto fotografico su questi monolocali e la gente che ci abita.

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Le chambre de bonne, come vengono chiamati, sono spazi ricavati all’ultimo piano di un palazzo introdotti più o meno intorno agli anni Trenta dell’Ottocento. All’epoca rappresentavano una specie di nuova gerarchia sociale cittadina: i ricchi occupavano i grandi appartamenti dei piani inferiori, mentre il personale domestico viveva più in alto. Oggi queste piccole stanze sono occupate per lo più da giovani, molto spesso studenti, e lavoratori con stipendi da fame.

Questi monolocali sono spesso al limite della superficie abitabile consentita dalla legge francese, con un minimo di 9 metri quadrati o un volume di 20 metri cubi. Curioso di capire che tipo di persone abitino in questi spazi, ho fatto un giro di chiamate ad amici e perfetti sconosciuti per poi andarli a trovare.

Cathé, studentessa, nel suo appartamento di 9 metri quadri. Affitto: 480 euro al mese + spese.

Cathé viene dall’Uruguay. Vive a Parigi da quattro anni, e quest’anno si è diplomata all’accademia d’arte. L’anno prossimo si trasferirà nel Sud-Est asiatico, perché a Parigi “la gente va più veloce del tempo, si muove tutto troppo in fretta e io devo uscire da questo tornado.” Ci conosciamo da un anno, ma era la prima volta che andavo a casa sua. È vedendo tutte le immagini psichedeliche che tappezzano i muri del suo monolocale che ho capito che è effettivamente troppo “rilassata” per una città come Parigi.

Arnaud, studente, nel suo appartamento di 10 metri quadri. Settimo piano senza ascensore. Affitto: 350 euro + spese.

Il gioco mi ha subito contagiato: ero ansioso di scoprire come sono queste stanze, chi ci vive e come si pagano l’affitto. Arnaud è il terzo soggetto che ho fotografato. Nella vita Arnaud ha due passioni: le feste e l’arrampicata. La possibilità di accedere al tetto era stata una condizione fondamentale nella firma del contratto d’affitto: i tetti parigini si prestano tanto all’esplorazione urbana quanto alle birre con gli amici. Quando l’ho fotografato non aveva nemmeno una birra in frigo, e nessuno dei due aveva voglia di farsi sette piani di scale per andarle a comprare, quindi ci siamo limitati a farci un giro sui tetti.

Johanna, studentessa svedese, nel suo appartamento di 12 metri quadri. Nono piano con ascensore fino all’ottavo. Affitto: 470 euro + spese

Di tutte le persone che ho incontrato, Johanna sembra quella più organizzata. In effetti il suo non sembra nemmeno un monolocale da 12 metri quadrati: è ben arredato, il soffitto è alto e c’è una bella finestra da cui entra un sacco di luce. Johanna dispone di un’ottima vista sulla città, e può addirittura cenare sul tetto. È quello che abbiamo fatto quando l’ho fotografata.

Dominique nel suo monolocale di 9 metri quadri. Quarto piano.

La distribuzione dello spazio varia in base all’età degli inquilini: più invecchiano, più ci sono oggetti che si accumulano. Anche se nel mondo delle chambre de bonne, è il minimalismo a farla da padrone. Dominique è l’inquilino più anziano che ho fotografato. Fa l’illustratore e arrotonda con un sacco di altri lavori. L’appartamento è suo. Per lui pagare l’affitto significa semplicemente “buttar soldi in un pozzo senza fondo.” Dopo averlo comprato, qualche anno fa, ha rimesso a nuovo tutto lo spazio. È persino riuscito a farci stare una vasca da bagno. Mi ha confidato che ogni tanto gli è anche capitato di guardare la tv mentre si faceva il bagno.

Clara, ragazza alla pari, nel suo monolocale di 10 metri quadrati. Terzo piano con ascensore.

Clara è una ragazza alla pari svedese e si interessa di moda. La sua situazione è un po’ quella delle chambre de bonne ottocentesche: lavora per gli inquilini del primo piano, e non paga l’affitto. In cambio deve occuparsi dei figli della coppia, che le danno l’alloggio e un po’ di soldi extra.

Ghislain, studente, nel suo monolocale di 10 metri quadri. Quinto piano senza ascensore. Affitto: 450 euro + spese.

Ghislain è stato disponibilissimo quando gli ho chiesto di fotografare il suo monolocale, ma non capiva proprio perché nella foto avrebbe dovuto esserci anche lui. Gli ho spiegato che le foto non avrebbero avuto lo stesso impatto senza gli inquilini. Senza di lui, la camera avrebbe perso tutto il suo interesse.

Roksana, receptionist in un hotel, nel suo monolocale di 8 metri quadri. Sesto piano con ascensore fino al quinto. Affitto: 490 euro.

La legge impedisce di affittare spazi inferiori ai 9 metri quadri, a meno che il volume non sia almeno di 20 metri cubi. È il caso del monolocale di Roksana, che resta comunque molto simile a una gabbia. In condizioni del genere, ogni centrimetro ha una sua funzione. Roksana è polacca e le piace molto cucinare e avere ospiti a cena, ma gli spazi non glielo permettono.

Anca, giornalista, nel suo monolocale di 17 metri quadri. Quinto piano senza ascensore. Affitto: 600 euro + spese .

Anca è americana, e ha trovato questo monolocale “per puro caso.” Sono passato a trovarla prima di andare in ufficio, alle 9 e mezza di mattina. La sua stanza è la più spaziosa tra quelle che ho fotografato: ha a disposizione ben 17 metri quadrati. Un lusso.

Victorienne, modella, nel suo monolocale di 14 metri quadri. Quarto piano senza ascensore. Affitto: 600 euro.

Non ho potuto non ammirare la dispozione meticolosa, per non dire perfetta, degli averi di Victorienne. Mi sono accomodato su una sedia facendo attenzione a non spostarla e ci siamo bevuti un tè. Era tutto perfettamente simmetrico, ed è questo aspetto che ho voluto immortalare nella foto che le ho scattato.

La serie di Félix continua; se volete contattarlo, fatelo qui.