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Foto spettrali dalle prime linee del conflitto nel Nagorno-Karabakh

karabakh Adrien Vautier

Non c’è certezza sul numero delle persone morte dalla ripresa del conflitto nel Nagorno-Karabakh alla fine di settembre. Secondo i funzionari della regione oggetto di contesa, collocata in Azerbaigian ma abitata in larga maggioranza da armeni e sostenuta dall’Armenia, le vittime sarebbero oltre 1.200, incluse decine di civili. L’Azerbaigian non ha fornito cifre sulle vittime tra i militari, ma a inizio novembre dichiarava almeno 90 morti tra i civili. A ottobre, il presidente russo Vladimir Putin ha parlato di quasi 5.000 vittime in totale.

Esteso per quasi 11mila km quadrati in parte di quella che era l’Unione Sovietica, il Nagorno-Karabakh (in lingua armena identificato come Artsakh) ha dichiarato la sua indipendenza nel 1991—ma ad oggi non è ufficialmente riconosciuto dalla quasi totalità della comunità internazionale, e nel corso degli anni Novanta è stato al centro di un conflitto che ha provocato almeno 30mila morti. Volendo semplificare, la comunità armena (che include anche quella della diaspora iniziata dopo il genocidio armeno all’inizio del ventesimo secolo) lo considera parte della patria, mentre per gli azeri è un territorio occupato illegalmente che dovrebbe tornare sotto il loro controllo.

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Dalla ripresa degli scontri poco meno di un mese e mezzo fa sono state dichiarate più tregue, poi interrotte con accuse reciproche [o, come nel caso dell’ultima, accolte negativamente dalla popolazione—in questo caso quella armena, che a Yerevan ha visto gruppi assalire gli edifici governativi] e nel quadro di influenze regionali tra Russia, Turchia, Iran e Israele. Sulla IGTV di VICE World News trovi un reportage dalla regione; qui sotto invece pubblichiamo le foto del giornalista francese Adrien Vautier, che ha passato alcune settimane nel Nagorno-Karabakh. Dove, tra i bombardamenti aerei e il rumore incessante dei droni, molti civili si nascondono nei bunker, altri sono fuggiti nella capitale armena, Yerevan, e gli ospedali accolgono ogni giorno nuovi feriti.

Attenzione: certe immagini potrebbero urtare la sensibilità di alcuni.

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Il centro culturale di Shouchi, vicino a Stepanakert, capitale del Nagorno-Karabakh, è stato bombardato il 5 ottobre. Le vittime sono state decine.
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Armo Gaspalyan ha un piccolo negozio di alimentari a Stepanakert. Una domenica, mentre si trovava al lavoro, una bomba ha colpito le case vicine. Da quel momento non si allontana mai dal suo fucile.
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Una madre seppellisce suo figlio.
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Nel salotto di un appartamento bombardato in un’area residenziale di ​​Stepanakert.
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Al piano più alto di un edificio bombardato, una famiglia svuota l’appartamento del figlio, che è partito per il fronte.
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Famiglie di rifugiati hanno cercato asilo nel piccolo villaggio di Tatev, in Armenia.
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Il cimitero militare di Yerevan, la capitale dell’Armenia.
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Un soldato gravemente ferito viene preparato per un intervento chirurgico all’ospedale di Stepanakert. È morto il giorno dopo la foto.
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L’interno di una chiesa distrutta dalle raffiche di artiglieria pesante.
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Hovik, un giovane soldato, e Mariam si sposano in una chiesa che era stata bombardata all’inizio del conflitto.
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Nei primi giorni della guerra, gli anziani hanno passato giorni interi nei rifugi durante i bombardamenti.
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Molte famiglie ora vivono a tutti gli effetti nei seminterrati delle case.