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Il fotografo che ha passato un anno in campagna fotografando i luoghi dell’agricoltura tradizionale

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Prendere un pezzo di terra e gestirlo, anche se per me è più un gioco, ha facilitato il mio lavoro: se avessi continuato a vivere in città non avrei potuto toccare con mano il susseguirsi dei cicli.

In questa la pandemia, alcuni settori sono stati costretti a rallentare, altri a fermarsi del tutto. La base della filiera alimentare però non si è mai fermata, semplicemente perché non poteva. Le campagne sono rimaste vigili e attive per garantirci il cibo sulla tavola anche quando smartworking era diventata la nostra parola preferita.

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Durante il lockdown Giuseppe Laera, fotografo 28enne di Mottola, nell’entroterra pugliese, si è accorto proprio di questa ovvietà. E con il tempo a disposizione per osservare i cicli produttivi ha deciso di raccontare attraverso le sue fotografie il mondo rurale pugliese. “Campus” è un progetto fotografico che indaga tanto un territorio ancora molto legato all’importanza della stagionalità, quanto i suoi protagonisti, giovani e anziani, che sono il ritratto di un limbo senza tempo, in un’epoca ultra-veloce.

Questo progetto mi ha fatto rendere conto anche che vivere di agricoltura è molto difficile, quasi impossibile.

Giuseppe Laera foto campagna Puglia
Rino, 28 anni, che munge le sue mucche. Contrada Marinara, Mottola Novembre 2020

VICE: Ciao Giuseppe: raccontaci come nascono queste foto

Giuseppe Laera: Nella mia vita ho viaggiato abbastanza, ma alla fine mi sono reso conto della soddisfazione nel raccontare un territorio che conosci nell’intimo. Si parla spesso di persone che escono dai confini per raccontare la diversità, poi non ci si accorge delle innumerevoli sfaccettature di biodiversità che si hanno sotto casa. Biodiversità in senso lato: intesa sia come natura che come genere sociale. E poi dovevo rendere giustizia al lavoro duro e a volte sconosciuto di queste persone. Dall’anno scorso ho iniziato a vivere la campagna che mi circondava e a rifletterci: mia nonna lavorava nei campi, mio nonno era proprietario di alcune terre. I miei genitori da sempre quando passiamo vicino a quei campi me li indicano. Per me raccontare queste specifiche attività ferme nel tempo è un po’ come raccontare i miei nonni che non ho conosciuto e la loro epoca.

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Rino tira le reti piene di olive appena raccolte. Contrada Marinara, Mottola, Novembre 2020.

In parallelo a questo progetto fotografico hai anche deciso di andare a vivere in campagna. Quanto ha influito sul progetto?

Ho capito che il modo migliore di raccontare la campagna e le persone che la vivono era di raccontare i cicli della terra per un anno. Ci sono delle macro-categorie, a loro volta scandite dai cicli produttivi: la vendemmia, l’olivicoltura, l’allevamento locale, la potatura, la raccolta e la trasformazione sono le tematiche che volevo raccontare. I cicli partono simbolicamente dalla tradizione della trasformazione dei pomodori in salsa e il tutto si chiude con la raccolta delle olive e la trasformazione in olio.

Prendere un pezzo di terra e gestirlo, anche se per me è più un gioco, ha facilitato il mio lavoro: se avessi continuato a vivere in città non avrei potuto toccare con mano il susseguirsi dei cicli. Stare in campagna mi ha permesso di immergermi, di ascoltare in maniera diversa il silenzio, di osservare i gesti dei contadini vicini. Se fossi rimasto in città non avrei mai saputo, per esempio, che in questo periodo si inizia a fare il foraggio per l’estate. Così non racconto solo i cicli, li vivo: devo seminare, potare, raccogliere. E mi fa rendere conto anche che vivere di agricoltura è molto difficile, quasi impossibile.

Olive puglia Giuseppe Laera foto
Un operaio del Frantoio Mazzarrino. Palagianello, Dicembre 2020

In che senso è impossibile vivere di sola agricoltura in Puglia?

Parlando con queste persone ho capito che l’agricoltura da reddito è molto complicata, se non sei un’azienda grossa. Devi diversificare le colture, stare attentissimo a come coltivi per avere la resa massima e in più sono molto pochi gli aiuti statali e della UE. Così come le tutele. A meno che tu non sia un grande produttore: più fatturi più avrai tutele e incentivi. I piccoli produttori si sono dovuti adeguare, devono lavorare -per guadagnare- 365 giorni l’anno. Devi affiancare la coltivazione all’allevamento se puoi e in più mettici che il core business, le olive e l’olio, è ancora attaccato dalla xylella: il batterio che mangia la linfa degli alberi secolari fino a ucciderli. Però non ho mai conosciuto persone disperate, che pensavano di non farcela. La sensazione era che fossero stanche ma che avessero raggiunto comunque la loro dimensione. Che fossero in pace con sé stessi.

Grandi produzioni, soprattutto in Puglia, sono sinonimo di caporalato. Perché hai deciso di non inserirlo nel tuo progetto?

Perché quello che volevo raccontare erano le persone e i mestieri piccoli, che rischiano di scomparire. In una società iper-evoluta, il bello era raccontare le comunità che resistono ai segni del tempo. L’agricoltura qui è sempre la stessa, per i giovani e per gli anziani. L’idea era di raccontare qualcosa di positivo prima di addentrarmi un giorno in un fenomeno così oscuro come il caporalato, che penso meriterà un suo reportage.

Campi puglia fotografie Giuseppe Laera
Damiano, 20 anni, raccoglie e sistema i “barattieri”, una varietà del posto di cocomeri. Masserie Amodio Mottola, Settembre 2020

Mi hai raccontato che a spingerti verso la realizzazione di questo progetto è stato soprattutto un ragazzo, Rino. Raccontami meglio di Rino e delle persone che hai incontrato?

Rino è la figura chiave di Campus. Un ragazzo che mi ha colpito perché ha la mia stessa età e ha passato tutta la vita in campagna. L’ho conosciuto perché mi ha aiutato nella raccolta delle mie olive l’anno scorso e ho scoperto che era già un maestro di potatura di ulivi secolari: un mestiere che richiede una conoscenza pazzesca. Gli alberi secolari sono grandi, il suo compito (ed è uno dei pochi che ancora fa questo lavoro) è quello di potare l’albero in modo da farlo ricrescere nella maniera più giusta per un buon raccolto. Mi ha stupito moltissimo che ricordasse ogni taglio fatto anni prima, analizzando compiaciuto come l’ulivo stava crescendo esattamente come si aspettava. E poi fa riflettere vedere il rispetto che gli viene dato da persone più anziane di lui.

Rino incarna un mestiere quasi dimenticato, i suoi calcoli sono giusti, anche se immaginifici. Ma poi c’era anche il signore che si era ingegnato con un sistema di scolo sulle braccia per non fare colare il succo dell’uva mentre lavorava. Le signore che selezionano le clementine e con quelle scartate fanno compost naturale. La vecchia Nannina che fa ancora la salsa di pomodoro con la famiglia, in una incredibile tradizione di festa per la trasformazione di un prodotto che durerà tutto l’anno. Uno dei personaggi che più mi ha colpito è un ragazzo che stavo fotografando mentre tagliava un mandorlo in fiore. Mi chiese di non fargli foto perché non si deve tagliare un albero in fiore. In realtà mi hanno spiegato che alla pianta non succede niente, ma era una sorta di denuncia popolare.

Campagna pugliese Giuseppe ladra foto agricoltura
Rino, 28 anni, è maestro di potatura di ulivi. Contrada Casalrotto Mottola, Novembre 2020.

“Campus” sta per “il terreno”, ma anche un campus universitario. Perché hai scelto questo nome?

Vedi la foto di quel signore vicino alle vigne? Non sapevo chi fosse, mi piaceva il soggetto. Lo guardavo e pensavo che somigliava a un professore, con quell’occhio clinico che studiava i grappoli d’uva. E poi ho scoperto che effettivamente era “l’esperto”, colui che sceglieva i grappoli da prendere e quelli da lasciare. Qui ho capito che tutte le competenze arrivano dal numero di ore usate per fare sempre la stessa attività. Lui nello specifico mi ha trasmesso il suo livello di competenza nel tagliare l’uva. Ho iniziato a raccontare la campagna cercando di valorizzare le competenze dei singoli: è come se fossi tornato a scuola, solo apprendendo attraverso gesti, scelte e movenze. Nessuno ti dice che in una cassetta è meglio se metti i cocomeri tutti uguali: ma la campagna è fatta anche di scelte di risparmio energetico e di tempo. Campus è una ricerca improntata alla documentazione degli insegnamenti della vita contadina da rimettere nella vita di tutti i giorni. Che parte dalla preservazione dei mestieri contadini e dell’importanza per il rispetto della terra.

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Mimmo il Professore, 50 anni, fa il taglio dell’uva. Vini Petracavallo Mottola, Settembre 2020.
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Donne selezionano le clementine appena raccolte. Azienda agricola Campobasso di Palagiano, Gennaio 2021
Campagna puglia Giuseppe Laera foto
Angelo, 24 anni, taglia il foraggio. Mottola, Maggio 2021
Giuseppe Laera Foto Campagna puglia
Un operaio indossa un sistema artigianale anti-scolo per non fare colare il succo d’uva sul braccio. Masserie Amodio, Mottola, Settembre 2020
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Potatura dei mandorli. contrada Selvapiana, Mottola, Febbraio 2021

Guarda qui altre fotografie del progetto “Campus”.

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