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La storia del Fragolino, il vino dolce illegale che può letteralmente ucciderti

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Come diavolo può un vino dolciastro e stucchevole essere tanto illegale da essere soggetto a blitz in stile cosche mafiose?

“Il vino è uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo”, diceva Ernest Hemingway nel suo Morte Nel Pomeriggio, mentre narrava le sfide all’ultimo sangue tra toro e uomo. Il vino è un contenitore di storie: della terra, del commercio e degli esseri umani. E poi ci sono i misteri. I racconti torbidi, che fanno rima con interessanti.

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Ecco, se ci focalizziamo su questi ultimi, quelli sul Fragolino sono di sicuro i più incredibili, enigmatici e affascinanti che mi sia mai capitato di sentire. O di immaginare. Il perché ve lo spiego tra poco.

Era una sera di due mesi fa quella in cui, parlando con il mio migliore amico fondamentalmente del nulla, è saltato fuori un barlume di discorso enologico.
“Sai, ho conosciuto questo tizio veneto che mi ha raccontato una storia pazzesca sul Fragolino”, mi fa Andrea.
Dici il vino dolce?”
Sì, pare sia illegale. Roba di Carabinieri che fanno retate nelle cantine”.

Forse ha detto qualche altra cosa, ma in testa si era già formato un film incredibile nel quale anziani veneti venivano sorpresi chini su enormi barili da squadre di NAS e cercavano di nascondersi nel mosto rossastro.

Il fragolino può ucciderti. Per la precisione, prima ti rende cieco e alla fine ti ammazza senza troppi complimenti.

Fragolino

Non mi ha saputo dire il perché, non ne avevo idea nemmeno io, per quanto mi potessi sforzare. Ma se l’avessimo saputo non sarebbe stato interessante: ecco com’è nata l’idea di farci un articolo, che si è trasformato quasi subito in un’imponente indagine.

La domanda fondamentale, base stabile per non perdere la retta via era una e una soltanto. Come diavolo può un vino dolciastro e stucchevole essere tanto illegale da essere soggetto a blitz in stile cosche mafiose? La risposta è molto semplice: può ucciderti. Per la precisione, prima ti rende cieco e alla fine ti ammazza senza troppi complimenti.

Era troppo affascinante per non andare fino in fondo. I protagonisti muti della storia sono il fascismo, un insetto, il Veneto, il Friuli, le lobby, il silenzio e un sacco di bugie. Benvenuti!

(Ah, non vi ho avvertito. Non c’entra nulla il liquore campano alle fragole, eh).

La storia del Fragolino è la storia dell’uva fragola, detta anche Isabella perché donata alla Regina da Colombo in persona di ritorno dalle Americhe. Il modo in cui è arrivata in Italia è decisamente bizzarro: già presente in larga misura all’inizio dell’Ottocento in Francia, viene portata nel Triveneto per combattere l’Oidio, una malattia della vite.

Il problema è che, essendo anche portatrice di Fillossera, un insettino che si mangia la pianta dalle radici, ha letteralmente distrutto i vitigni autoctoni italiani. Fortunatamente ne era anche immune, ragione per cui si sono creati degli innesti con parte legnosa americana e vegetale europea. Tutti le viti d’Italia – o quasi, si salva tipo l’Etna- sono, di fatto, un innesto, per dire il casino che ha fatto.

Come diceva Homer Simpson per la birra: “La causa di e la soluzione a tutti i problemi della vita”. Per arrivare al succo del discorso, i contadini avevano notato che questa pianta americana era di fatto immune a quasi tutte le malattie, per cui hanno deciso di piantarla in misura massiccia lungo tutto il territorio. Attecchiva bene, aveva bisogno di pochissime cure e il vino ce lo si faceva tranquillamente.

L’unico problema è che se si vinifica sulle bucce dell’uva fragola, le pectine presenti producono metanolo oltre al consueto etanolo. E con il metanolo si diventa ciechi e poi si muore.

Per questo come motivo principale, unito alla paura che le nuove varietà americane prendessero il sopravvento su quelle europee perché indistruttibili, già nel 1936, in piena epoca fascista, venne varata una legge che permetteva di possedere viti di uva fragola con la sola condizione che sia l’uva, sia un’eventuale bevanda venissero consumate esclusivamente a uso personale. Si poteva mangiarla e si poteva anche farci del vino, anche se non si poteva chiamare vino perché denominazione ristretta alla sola varietà europea.

Il Fragolino, che si chiama così per i suoi sentori che richiamano fortemente la dolcezza della fragola, non ci mise molto prima di entrare nelle case della gente, anche perché è davvero molto beverino.

Il divieto di vendita si estendeva, e si estende ancora ma con una legge ormai europea, a tutte le viti dette lavrusche (selvatiche), che è il modo scientifico per nominare le varietà americane. Le più famose sono l’Isabella, il Clinton e il Noah.

Dalla vite Isabella ci si ricava il classico Fragolino dolce quasi stucchevole; il Clinton (Clintón in veneto) è così tannico che, come mi ha detto un enologo “si beveva in tre: uno buttava giù e gli altri due lo sorreggevano. Era roba da uomini duri per davvero”; e il Noah è una via di mezzo tra dolce e aspro, detto anche Fragolino Bianco.

Fragolino
Fragolino Bianco di contrabbando. Non vi diremo chi ce l’ha fornito.

Queste sono le basi per sapere di cosa si parla quando si dice Fragolino. Perciò se anche voi siete appena detti “ma io lo bevo da sempre, mi piace un sacco!”. Ecco, sappiate che è molto improbabile che l’abbiate bevuto davvero.

Ma non preoccupatevi, fino a due mesi fa nemmeno io ne avevo la più pallida idea. Siccome è un vino dolce che sta bene a fine pasto ed è apprezzato anche da chi non si intende di vino, le aziende hanno subito fiutato un affare enorme e hanno preso tutti per il culo con bottiglie di mosto neutro a cui vengono aggiunti aromi naturali o artificiali di fragola e altra roba schifosa.

Fragolino

Se volete avere una prova, potete andare in un qualsiasi supermercato e leggere l’etichetta su cui troverete scritto invariabilmente “Bevanda a base di vino aromatizzata”. Se invece non ne avete voglia, tranquilli: sono passato io l’altro giorno da un discount a comprare una bottiglia orribile che ci siamo scolati in redazione alle sei un po’ disgustati, un po’ felici.

Trovare il finto Fragolino era facile 1 euro e 50 centesimi. Cercare quello vero è stata una lotta durata un mese intero.

La legge dice chiaramente che non si può vendere il Fragolino, il Clinton e il Noah, ma dice anche che è possibile produrlo per uso personale (e quindi si può anche regalare).

Quando ho iniziato questa ricerca pensavo di sbrigarmela con qualche chiamata nel giro di un paio di giorni e l’aiuto di Google. La realtà è stata invece che ho trovato, dopo tutto questo tempo, solo tre numeri da chiamare per avere spiegazioni tecniche dettagliate.

All’ennesima googlata andata in merda, mi sono armato calando tutte le carte a disposizione. Dai filosofi del vino, ai sommelier, passando per una chat di amici degli amici degli amici di fidanzate stanziati tra Veneto e Friuli. Ovviamente tutto questo ha contribuito parecchio a darmi un alone di mistero fitto che aleggiava ridanciano sulla mia intelligenza.

Questo vinello da fuori pasto dolce in modo disgustoso, mi ha letteralmente fatto perdere il sonno. E a quanto pare non è davvero niente di che. Quindi, perché?

Fragolino

La cosa è tanto seria che davvero sono stati attuati dei sequestri: c’è un caso particolarmente eclatante del 2004 in cui si parla di un sequestro di oltre 2.500 litri di Fragolino. La domanda è: chi è il folle cha ha deciso di rischiare la galera per un mercato così piccolo da risultare inutile? Questo tizio, a quanto pare.
E la paura è ancora più radicata.

In tutto questo tempo gli unici contatti che ho avuto mi sono stati dati da esperti del settore i quali avevano amici che forse avevano amici che conoscevano dei produttori. E un tizio che produce acquavite di fragolino scovato sulla Darknet. La chat di gruppo, che nel complesso ha mobilitato quattro persone veneto-friulane, ha prodotto risultati interessanti, ma abbastanza inutili.

Screen della chat di gruppo sul fragolino

Il bottino si è fermato alla foto di una bottiglia senza etichetta e alla quasi intervista di un anziano produttore imparentato in qualche modo. Non c’è stato alcun anonimato che tenesse: non era disposto a rilasciare interviste per nessun motivo al mondo.

Tanto non penso che sarei stato davvero in grado di tradurre quello che mi avrebbe detto.

Fragolino
Foto via chat di Facebook

E io continuavo a chiedermi sempre più insistentemente: perché? La legge dice chiaramente che non si può vendere il Fragolino, il Clinton e il Noah, ma dice anche che è possibile produrlo per uso personale (e quindi si può anche regalare). I ragazzi veneti erano intanto sconcertati dalla cosa. “Quindi quel vino che ti fanno assaggiare da piccola è illegale? Ahahahahahah, assurdo”.

Chiedendo e informandomi, nel frattempo avevo capito i risvolti più grandi della faccenda. Il problema non era il metanolo, non lo è mai stato: ce ne vorrebbe un ettolitro al giorno per una settimana circa prima di diventare ciechi. Ora, va bene tutto, ma un ettolitro di Fragolino al giorno ti fa diventare dolce come una schifosa zolletta di zucchero per il resto della vita. E poi da secoli sappiamo come abbassare i livelli di metanolo del vino.

Passi anche che inizialmente poteva essere una seria preoccupazione il dilagare di viti a basso mercato con un’ampia resa, anche se tutto il Clintón d’Italia non si sarebbe mai minimamente avvicinato al fenomeno scandaloso del metanolo degli anni ’80 o dello scozzese Buckfast.

Come tutte le storie torbide italiane, non poteva non esserci una teoria del complotto, orale, leggendaria e anarchica.

Ancora stralci della chat di gruppo

La domanda ora è: ma se si può vinificare senza produrre metanolo e ormai non c’è davvero rischio che i vignaioli si mettano a smantellare interi tralci per metterci dell’uva fragola, perché non si abroga questa legge ormai stupida e si fa un Fragolino sicuramente migliore di quell’ammasso di schifo chimico che troviamo negli scaffali?

“Perché una volta toccavi gli interessi dell’economia italiana”, mi dice Flavio, nome inventato di un enologo di una zona veneta di produzione. “Oggi vai a pestare i piedi alle lobby degli antiparassitari. Non vendono più se hai una vite che è immune alle malattie”. E potrebbe essere molto verosimile.

Ancora la legge si attacca alla storia del metanolo che produce malattie, ma suona tanto come una scusa. “Questa storia del metanolo è come quella dei solfiti: la gente si mangia chili di hamburger pieni di robaccia e poi si lamenta che sta male per i solfiti nel vino”. Da notare che Flavio è stata la prima persona con cui sia riuscito a parlare: prima esperti agronomi, contadini, enologi e locali o non sapevano nulla o facevano finta di non sapere.

“Bisognerebbe fare una crociata contro il Fragolino industriale”, ha poi concluso pomposamente. “Da enologo ne ho viste di tutti i colori, ma ti assicuro che ho conosciuto gente che lo vinificava in spumante e i risultati possono essere davvero interessanti.”

Il parere dell’esperto che qualcosa ha visto, qualcosa ha assaggiato ce l’avevo, mancava quello di un produttore, curioso di sapere come avviene la vinificazione. Ho trovato il numero di un tipo dopo una settimana di ricerche che faceva l’acquavite di Fragolino.

Pensavo sarebbe stata una telefonata loschissima, invece a quanto pare mi ha detto tutto tranquillamente. Tanto disarmante che non sapevo bene cosa chiedergli.

“Guarda, mi è rimasta solo qualche bottiglia. Per fare l’acquavite facevo un mosto vinificando in rosso sulle bucce (ma non era illegalissimo?!?) e poi lo passavo nell’alambicco togliendo la prima e l’ultima parte volatile.” In poche parole, togliendo la prima e l’ultima parte del distillato si leva il metanolo presente. Ma allora perché non farlo anche col vino?!?

“Ma che ne so, non mi sono mai fatto questa domanda. So che la gente aveva paura, e se fino a 20 anni fa trovavi quelli che lo facevano, ormai hanno smontato quasi tutte le pergole e le vigne. Il Clintón non lo vedo da una vita, l’uva fragola se c’è si tiene per ornamento. Hanno vinto loro”.

Questa bevanda zuccherina, o estremamente tannica, che serviva ai contadini come colazione energetica alle 8 di mattina insieme a formaggi e polenta e a quanto pare a iniziare i giovani veneti e friulani al magico mondo dell’ubriachezza, forse non si troverà più.

Magari qualche oste di quelle parti può offrirvene un goccio sottobanco se siete veramente simpatici e affidabili. Magari un vecchio con la pelle segnata dal sole. Ma è più probabile che ci toccherà prenderlo al supermercato, pieno di sapori bugiardi.

Ma una soddisfazione me la sono tolta. Mancava chi lo vendesse questo benedetto Fragolino. Avevo tutto in mano tranne le testimonianze dei veri fuori legge. “Certe volte capitava che verso primavera, se il vino presentava i sintomi da acetica, mettevano una frasca fuori in strada (da qui il proverbio vino buono non ha bisogno di frasca)”, mi ha confessato la mia ultima fonte. “Lo facevano per venderlo al più presto e non far peggiorare i sentori di acetica e quindi buttarlo”.

“E questa cosa, mi dice mio padre, è andata avanti fino agli anni ’50.”

Ecco, signore e signori, la storia vera e un pochino leggendaria del Fragolino. Che di assurdo ha tutto e di segreto pure.

Il vino non vino dolce e innocente che può portarti alla morte.

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