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Tutte le volte in cui Fratelli d’Italia ha avuto legami col fascismo

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A sentire Giorgia Meloni e i suoi dirigenti, Fratelli d’Italia è lontano anni luce dal fascismo. D’accordo: è un partito che nasce dalle ceneri di Alleanza Nazionale, che a sua volta era l’erede del Movimento Sociale Italiano (Msi), fondato nel 1946 da reduci della Repubblica Sociale di Salò e da figure di rilievo del regime fascista.

Ma l’immagine proposta al momento è molto diversa: in un recente videomessaggio rivolto alla stampa estera, ad esempio, Meloni ha detto che “la destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia ormai da decenni,” condannando “senza ambiguità la privazione della democrazia e le infami leggi anti-ebraiche.”

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La fiamma tricolore nel simbolo—un’immagine usata da tutti i partiti neofascisti e postfascisti dal dopoguerra in poi—“non ha nulla a che fare con il fascismo,” ha ribadito la leader di FdI, “ma è il riconoscimento del percorso fatto da una destra democratica nella nostra storia repubblicana.”

E ancora: sempre per Meloni, in Fratelli d’Italia “non c’è spazio per le nostalgie, non c’è spazio per il razzismo, per l’antisemitismo, per il folklore, per le imbecillità.” Nessuna ambiguità neppure sui saluti romani: “Sono gesti antistorici, l’ho detto tante volte.”

Il deputato Giovanni Donzelli ha poi detto, “non abbiamo niente a che fare con il fascismo. A chi pensa di riportare il fascismo in Fratelli d’Italia, oltre a prenderlo a calci nel sedere, diciamo che non capisce niente.”

Il fatto è che di “calci nel sedere” dovrebbero volarne parecchi, visto che gli episodi di “nostalgia” e “folklore” all’interno del partito non si contano.

Nonostante tutti gli sforzi per smarcarsi da certe accuse, infatti, dalle cronache locali o dai social spuntano di frequente foto e video di saluti fascisti, cene a base di vino del Duce e legami imbarazzanti con partiti apertamente neofascisti e neonazisti.

È il caso poi di vecchi video tornati recentemente in auge, tipo quello del 1996 in cui la stessa Giorgia Meloni—all’epoca 19enne—spiega nella trasmissione Soir 3 della tv francese France 3 che “Mussolini è stato un buon politico” e che “non ci sono stati altri politici come lui negli ultimi 50 anni.”

Qui di seguito, dunque, abbiamo raccolto un po’ di episodi significativi.

Saluti romani

Il saluto romano sarà “antistorico,” ma dentro Fratelli d’Italia sembra ancora molto attuale. Nel dicembre del 2021, circa trenta persone sono state immortalate a Napoli mentre facevano il saluto fascista in occasione della celebrazione del 40esimo anniversario del Movimento Sociale Italiano.

Tra questi, in base a quanto ha riportato Repubblica, c’erano dirigenti, candidati e militanti di Fratelli d’Italia. Interpellato da Fanpage, il componente della direzione nazionale di FdI Luigi Rispoli si era giustificato dicendo che “quel saluto romano non aveva un significato politico pubblico e quella non era una manifestazione pubblica.”

Nello stesso mese, il consigliere di FdI Ino Isnardi ha steso per due volte il braccio durante una seduta del consiglio comunale a Ventimiglia. Per rintuzzare le polemiche suscitate da quel gesto, Isnardi ha affermato che stava solo “chiedendo la parola.”

Un altro caso di saluti romani dentro un’aula comunale si è verificato il 27 gennaio del 2021 (il Giorno della memoria) a Cogoleto, in provincia di Genova. In quell’occasione tre consiglieri di minoranza—Valeria Amadei di Fratelli di Italia, Francesco Biamonti della Lega e l’indipendente Mauro Siri—avevano fatto il saluto nel corso di una votazione.

Anche in questo frangente, i tre avevano parlato di un “voto scomposto” e negato di aver fatto il saluto romano. Il sindaco di Cogoleto Paolo Bruzzone aveva però parlato di un “grave episodio” che “evoca valori politici di intolleranza, odio e discriminazione razziale.”

Anche il pubblico ministero di Genova, Francesco Cardona Albini, non ha creduto alle giustificazioni dei tre e ha aperto un’inchiesta per violazione della legge Mancino; il processo dovrebbe iniziare nell’ottobre del 2023.

Motti fascisti

Anche i motti fascisti sono piuttosto gettonati.

Lo scorso maggio—nell’ambito della presentazione della lista di Fratelli d’Italia per le amministrative a Rieti, poi vinte da Daniele Sinibaldi di FdI—l’ex sindaco Antonio Cicchetti (passato dall’Msi a Forza Italia) ha detto che “dobbiamo andare avanti al grido di battaglia, che è sempre il solito: boia chi molla,” ricevendo gli applausi della platea.

L’espressione, usata dal regime e ripresa dal neofascismo negli anni Settanta, si è sentita anche durante una cena elettorale del 2021 a Milano, registrata dalle telecamere nascoste di Fanpage nell’inchiesta sulla “lobby nera”; e nel maggio del 2020 è apparsa sulla mascherina della vicesindaca di Cologno Monzese Gianfranca Tesauro, eletta in quota FdI.

Gimmi Cangiano, coordinatore regionale di Fratelli d’Italia in Campania, è stato altrettanto esplicito: per le regionali del 2020 ha messo sui suoi manifesti elettorali il motto mussoliniano “me ne frego,” descrivendolo addirittura come “la più alta espressione di libertà.”

Divise “nostalgiche”

A proposito di “nostalgia,” alcuni esponenti di FdI hanno indossato capi di abbigliamento che rimandano al Ventennio.

Nel 2016, Repubblica ha pubblicato una foto che ritraeva il deputato di FdI Galeazzo Bignami (all’epoca consigliere regionale per Forza Italia) con una svastica al braccio. A suo dire, l’immagine era stata scattata durante il suo addio al celibato. In un’intervista al Corriere di Bologna, Bignami aveva detto che si trattava di “una goliardata tra amici” e che “questa roba qui compromette la mia vita politica” (in realtà non l’ha fatto).

Qualche anno più tardi, nel luglio del 2020, un episodio simile ha coinvolto Gabrio Vaccarin, consigliere comunale di Nimis (provincia di Udine) eletto in una lista di Fratelli d’Italia. In alcune foto, pubblicate sui social e poi riprese dai quotidiani, lo si vede vestito di tutto punto da ufficiale delle SS naziste con un ritratto di Adolf Hitler alle sue spalle.

In un post su Facebook Vaccarin aveva spiegato che quelle foto risalivano al carnevale del 2010, aggiungendo che “vi posso garantire che ci sono svariati testimoni al riguardo.” Il segretario regionale di Fratelli d’Italia Walter Rizzetto aveva comunque ribadito che il consigliere non era iscritto a FdI, e parlato di “una situazione assolutamente inaccettabile.”

Cene fasciste

Una costante che emerge dalle cronache è la partecipazione di esponenti di Fratelli d’Italia a cene che, in un modo o nell’altro, hanno come tema di fondo il fascismo.

Lo scorso maggio, nei giorni in cui si svolgeva il congresso nazionale di FdI a Milano, un gruppo di dirigenti napoletani del partito ha cenato “da Oscar”—un ristorante noto per le foto di Mussolini appese alle pareti, i busti del dittatore sugli scaffali, le effigi fasciste di vario tipo, le targhe con frasi del Ventennio e anche il “nero di Predappio” (un vino con la faccia del Duce sull’etichetta).

Non appena i media hanno ripreso le foto, pubblicate da un commensale sui social, l’ex consigliere provinciale di Napoli Giovanni Bellerè (presente alla cena) è dovuto correre ai ripari dichiarando al Corriere del Mezzogiorno che i “riferimenti al fascismo e a Mussolini erano cose goliardiche.”

Nel 2019 ha fatto discutere una cena svoltasi ad Acquasanta Terme (in provincia di Ascoli Piceno) per festeggiare la marcia su Roma. L’iniziativa era stata organizzata da Fratelli d’Italia, con tanto di locandina in cui comparivano il simbolo del partito, lo slogan “Dio, patria e famiglia,” un fascio littorio in bella vista, una citazione di Mussolini e la frase “il 28 ottobre 1922 è un giorno memorabile e indelebile.”

Secondo il Partito Democratico delle Marche, alla cena avevano partecipato i vertici locali di Fratelli d’Italia, il sindaco di Ascoli Piceno Marco Fioravanti (che si è scusato affermando di “non aver visto il menù”) e l’allora deputato Francesco Aquaroli (che nel 2020 diventerà presidente di regione); anche quest’ultimo ha detto di essere passato prima della cena, senza dunque aver avuto la possibilità di consultare il menù.

I rapporti con partiti e movimenti neofascisti

Infine, c’è il capitolo dei rapporti con partiti e movimenti estremisti.

Nel 2018, alla Festa del Sole del movimento neofascista Lealtà e Azionevicino anche a politici della Lega e di Forza Italia—hanno partecipato l’ex eurodeputato Carlo Fidanza (autosospesosi dopo la già citata inchiesta di Fanpage) e il consigliere comunale di Saronno Alfonso Indelicato, un indipendente eletto nelle liste di FdI.

L’anno precedente, nelle liste di Fratelli d’Italia a Monza era stato eletto Andrea Arbizzoni, molto vicino a Lealtà e Azione (“è la mia comunità politica e umana,” aveva dichiarato dopo il primo turno). Arbizzoni è stato poi nominato assessore allo sport, e in quella veste istituzionale ha partecipato pubblicamente a iniziative del gruppo neofascista.

Nell’ottobre del 2019, a Lodi era diventato segretario cittadino di Fratelli d’Italia Omar Lamparelli, che è anche un militante di Lealtà e Azione. Lamparelli è stato poi espulso per la doppia militanza, giudicata “incompatibile” dal partito, ma soltanto due anni dopo la nomina.

Per quanto riguarda i legami con CasaPound, nel 2019 il cofondatore di FdI Ignazio La Russa ha partecipato alla festa nazionale a Verona dei sedicenti “fascisti del terzo millennio.” Dal palco, riporta Repubblica, ha detto che “bisogna unire il fronte sovranista” e che CasaPound “è stata emarginata dai Soloni di questa repubblica.” All’edizione 2021 della festa era presente l’eurodeputato Vincenzo Sofo, fondatore del blog di estrema destra Il Talebano, che ha lasciato la Lega per transitare in Fratelli d’Italia.

Negli anni, inoltre, Fratelli d’Italia è diventato un porto sicuro per i militanti di movimenti giovanili locali (come il “centro sociale di destra” Casaggì a Firenze) e per i transfughi di vari partitini estremisti.

In FdI, ricorda un’analisi del sito dell’Anpi Patria Indipendente, sono confluiti ex dirigenti del partito neofascista Movimento Sociale Fiamma Tricolore, tra cui l’ex segretario Luca Romagnoli (accusato nel 2006 di negazionismo dell’Olocausto, accuse che quest’ultimo ha sempre respinto), membri del gruppo Riva Destra (attivo soprattutto a Roma) e persino i naziskin di Progetto Nazionale (nel 2019 Pietro Puschiavo, fondatore del Veneto Fronte Skinheads, ha appoggiato i candidati di FdI alle elezioni europee).

Come si può vedere, insomma, si tratta di legami tutt’altro che sporadici. La stessa Giorgia Meloni ha sempre rivendicato una continuità ideale ed emotiva con chi l’ha preceduta. La sua strategia politica, del resto, si è sempre mossa su due binari paralleli: da un lato conquistare l’elettorato “moderato”, presentandosi a capo di una forza politica ipermoderna e proiettata verso il futuro; dall’altro non scontentare quello che la politologa Sofia Ventura chiama il “nucleo originario”—ossia tutte quelle persone che vanno alle “cene fasciste,” oppure si esaltano quando vedono una bottiglia con la faccia del Duce.

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