Racconti di canzoni legate a storie finite male

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Musica

Racconti di canzoni legate a storie finite male

Ognuno di noi ha un pezzo che collega inevitabilmente alla fine di una relazione. Ne abbiamo raccontati un po'.

L'illustrazione è di Tommaso Cremonesi. Tutti noi abbiamo i nostri personalissimi modi per sopravvivere alla fine di una relazione. C'è chi decide di nascondere l'agghiacciante paura di un'esistenza solitaria comprandosi un account Plus su Tinder per cercare di unirsi carnalmente al maggior numero di persone possibile, mentre altri preferiscono intraprendere periodi di purificazione personale gentilmente offerti da Netflix, dal piumone più pesante che c'è in casa e da una confezione formato famiglia di Drum. L'unica costante che unisce tutti i cuoricini spezzati, però, è la musica. Tutti, e dico tutti, ci siamo presi prima malissimo e poi da Dio e poi ancora malissimo ascoltando qualche tizio che cantava di gente che se ne andava per sempre immaginandoci nei suoi panni per convincerci di essere un pochetto meno soli. Poi c'è chi ci rimane sotto e finisce a singhiozzare ascoltando "Cute Without the 'E'" dei Taking Back Sunday a trent'anni, ma il rischio che questo accada è comunque piuttosto basso. Dato che siamo dei ficcanaso senza ritegno siamo molto interessati a capire come una canzone possa acquistare un'aura di malinconia clamorosa che racconti la fine di qualcosa, abbiamo  pensato di chiedere a un po' di ragazzi e ragazze della redazione di VICE di raccontarci le storie dietro alle loro breakup songs. Eccovele qua sotto, con canzoni annesse.

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Leonard Cohen – "Famous Blue Raincoat"

Un paio di anni fa stavo con questo ragazzo che era molto difficile, e io anche non stavo benissimo. Mentre stavamo insieme sono andata dei mesi in Scozia e lui, che era già incredibilmente geloso, ha cominciato a impazzire a intervalli di sei-sette giorni messaggiandomi le peggiori cose della terra. Ad esempio, mi disse che aveva comprato un biglietto aereo per venire a trovarmi ma poi aveva pensato che mi avrebbe trovato a letto con un druido autoctono e quindi aveva mandato tutto in vacca. Invece a me dei druidi non me ne fregava niente, passavo i giorni con il mio amico portoghese mega grasso a guardare le olimpiadi invernali e cercavo di alternare il più possibile i rimedi naturali a quelli artificiali per dormire senza fare incubi in cui rimanevo sola per sempre, ed ero una troia, e non valevo niente. Giuro. Non venivo da un bel momento, non era un bel momento e non lo sarebbe stato ancora per un po', a ripensarci. In quel periodo ascoltavo a ripetizione "Famous Blue Raincoat" nel mio appartamento di Edimburgo, la mattina quando mi svegliavo con l'allergia per la moquette, la sera quando cucinavo alla presenza buia e silenziosa del topo Martino, sempre.

Il giorno di San Valentino l'ho sentito, tutto bene, poi sono uscita con i miei amici, tutto bene, mi sono strafatta un po', mi è morto il telefono, ero sicura che lui mi stesse cercando di contattare, mi sono settata la mente sul fatto che non riusciva a contattarmi, ma poi me lo dimenticavo perché ero fatta, sono arrivata a casa alle cinque, pensavo mi venisse un attacco di cuore, ho preso degli antidolorifici a caso. Mi sono svegliata il giorno dopo senza volermi alzare, con un hangover psicologico talmente forte che ricordo nitidamente il senso di vuoto che mi ha accompagnato per ore. Ore in cui ho sentito "Famous Blue Raincoat" a ripetizione. Poi il mio amico portoghese mi ha comprato del cioccolato al negozio bio sotto casa mia che non poteva mai permettersi. Poi sono andata a prendere Virginia, che lei sì era venuta a trovarmi, ha tolto la ripetizione automatica da YouTube, ha comprato un sacco di cose buone per la mia salute al negozio biologico sotto casa, la notte dormiva vicinissima a me e ha fatto conoscenza del topino Martino una sera che io ero all'Università e lei mi stava preparando la cena. Non sapete quante volte Virginia mi ha salvato da me e dagli altri. Leonard Cohen lo amo ancora. – E.

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Pink Reason– "Dead End"

La mia prima storia "importante" è durata circa tre anni, tecnicamente, ma siccome era la prima tanto io quanto la mia ex eravamo molto saggi ed esperti. Così decidemmo di "restare amici", di fatto assicurandoci un ulteriore anno e mezzo di rimpianti, depressione, stalking e mal di cuore. Ci sentivamo tutti i giorni, ci vedevamo a ogni occasione, per uscire insieme e finire ogni serata chiedendoci "forse dovremmo riprovarci, forse siamo fatti l'uno per l'altra" e rispondendoci sempre di no. Finché un giorno non giunsi alla conclusione che era ora di darci un taglio e, con tempismo perfetto, dopo aver passato insieme il suo compleanno, le dissi: "Facciamo che non ci vediamo né sentiamo più finché non ci siamo fatti una vita". Passati un paio di mesi la andai a trovare, così, per sapere come andava, aggiornarci un po'. Fu una serata tristissima, passata in casa a raccontarci illusori progetti per il futuro l'uno senza l'altra, alla fine della quale concordammo che, sì, era meglio non vedersi più. Uscito da casa sua, con gli occhi gonfi di lacrime, entrai in macchina e feci partire il lettore mp3: ad attendermi c'era "Dead End" di Pink Reason, che è un pezzo in grado di trasformare un bambino di sei anni la mattina di Natale in un suicida alcolizzato nell'arco di sei intensissimi minuti. Ma non solo! Il pezzo partì proprio dalla seconda strofa, il cui testo recita: "No, I won't forget the times we shared / I won't forget the times we shared / It's all over now". Il mio amore per Pink Reason non ha mai vacillato, lei invece mi ha eliminato dagli amici di Facebook. – G.

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Dave Matthews & Tim Reynolds – "Stay or Leave"

Qualche anno fa ho avuto una relazione piuttosto impegnativa con un musicista a cui avevo fatto conoscere la Dave Matthews Band, uno dei gruppi fondamentali della mia pubertà musicale. Cantavamo le canzoni insieme, tutto molto bello. Poi ho finito l'università in Italia e ho deciso di trasferirmi in Danimarca per due anni; quando la mia partenza è diventata ufficiale, lo è diventata anche la fine della nostra storia. Per parecchi mesi dopo la rottura non riuscivo più ad ascoltare "Stay or Leave" della Dave Matthews Band e il suo dannato ritornello "Stay or leave / I want you not to go, but you should / It was good, as good goes," senza piangere o innervosirmi per aver legato una canzone così bella a un momento così del cazzo. Poi è passata, siamo persino tornati entrambi a un loro concerto. Il potere super-partes del dad rock, presumo. – G.

Iron & Wine – "The Trapeze Swinger"

Sapevo da almeno un anno che sarei andato a vivere all'estero senza particolari idee su quando sarei tornato. Dato che life's a bitch and then you die, ho ovviamente conosciuto una ragazza di cui mi sono sinceramente innamorato cinque mesi prima della mia partenza. Insomma, il giusto tempo per far nascere qualcosa e poi, quando vorresti diventasse la tua normalità, farla diventare una divertentissima relazione a distanza. Una settimana prima di partire ho scoperto che lei stava già pensando a un'altra persona. Le ho chiesto se davvero voleva continuare a stare con me data la situazione, mi ha detto di sì. Ovviamente, due settimane dopo la mia partenza, mi ha detto che avrebbe approfondito la conoscenza di quell'altra persona ma senza dirmi che mi stava mollando definitivamente. Io, sapendo benissimo che era finita, ho comunque aspettato col cuore aperto il momento in cui sarei tornato in Italia per affrontare la cosa. Ho parcheggiato sotto casa sua, un condominio lungo uno stradone dell'hinterland milanese, e mi sono messo ad aspettare cercando di non morire assiderato. Quando è scesa aveva in mano i libri che le avevo prestato, e ho capito che tutto stava andando come sembrava sarebbe andato. Io le avevo preparato un CD con su "The Trapeze Swinger" di Iron & Wine e un biglietto col testo scritto a mano. Da quando l'ho sentita è diventata la fune a cui mi aggrappo per restare convinto del fatto che alla fine anche se tutto in va merda in fondo rimarranno a entrambi un sacco di cose bellissime, e poi è piena di metafore clamorose e parole dosate il giusto. Qualche mese dopo sono andato a vederlo, Iron & Wine, da solo. La prima canzone che ha suonato è stata proprio "The Trapeze Swinger." Probabilmente i tizi seduti accanto a me si sono un attimo imbarazzati a vedermi piangere come un idiota dall'inizio alla fine del pezzo. – E.

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Shlohmo – "Beams"

Estate 2015: mi prendo una tuonata mitologica per una ragazza della mia compagnia con cui avevo evidentemente deciso di interrompere il rapporto di amicizia che ci aveva tanto uniti. Coltivo accuratamente questa cotta per alcuni mesi prima di trovare il coraggio di confessare con fare lancillottesco i miei squisiti sentimenti, esasperato dalle nostre continue uscite da soli in quella che ai tempi credevo fosse tutto fuorché una manifestazione di sincera e fraterna amicizia. Decido di farlo il giorno prima della sua partenza per una lunga vacanza in Corsica e una settimana prima dell'inizio di un mio personalissimo ritiro spirituale in una fattoria norvegese (tutto vero). Ovviamente, la cosa finisce in maniera agghiacciante. Così mi ritrovo a passeggiare per i bui viali alberati sul Po ascoltando "Beams" di Shlohmo e rigando il mio viso di sincere lacrime emotive. Dio che vita di merda. – F.

Nico – "These Days"

Con quella che è stata la mia ultima ragazza avevamo iniziato—un po' per gioco, un po' per caso—a scrivere su un quaderno tutte le canzoni che in un modo o nell'altro avevano qualcosa a che fare con la nostra storia. Nonostante possa sembrare un po' ridicola come cosa, la trovavo romantica e la percepivo come qualcosa che ci legasse ulteriormente.Tutto è iniziato in un locale a Berlino in cui ci siamo baciati la prima volta: c'era un DJ che buttava su pezzi post-punk, new wave, emo e la cosa, insieme a tutto quello che ci eravamo scolati, ci aveva resi particolarmente euforici. Conoscevamo quasi tutte le canzoni e per gioco avevamo iniziato a scrivere sui tovaglioli del tavolo i nomi dei pezzi dicendo che chi azzeccava più titoli non avrebbe pagato il conto a fine serata.Persi e pagai il conto ma la cosa di trascrivere le canzoni che ascoltavamo insieme o che ci ricordassero un preciso momento condiviso l'abbiamo continuato a fare per tre anni per un totale di 214 pezzi e due quaderni e mezzo—che adesso stanno sulla mensola e non ho il coraggio di buttare. Molte di quelle canzoni le ascolto e sarei bugiardo se dicessi che mi ricordano esattamente lei o qualcosa di nostro ma sarei bugiardo anche se dicessi che qualcuna non mi folgora l'anima ogni volta che sento anche solo la prima nota—come quel riff del cazzo dell'intro di "These Days" (la versione di Nico, non quella di Jackson Browne).Quella è stata l'ultima canzone segnata sui nostri quaderni, la canzone che lei cantava ubriaca mentre teneva in mano la parte finale dell'aspirapolvere come microfono e la canzone che ho ascoltato per due settimane quando ci siamo lasciati. – L.

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Claver Gold – La cicala (Karas RMX)

Questa non è una breakup song. Nel senso: lo è, ma lei non lo sapeva. Tutto inizia dal ritorno da un'estate tragicomica in cui mi aveva accompagnato un'altra canzone, "Stella" di Kashiwa Daisuke: la ascoltavo da solo, in casa, mentre guardavo foto della ragazza di cui mi ero preso. Lei era andata al campo estivo, si divertiva e indubbiamente limonava duro con quel tipo sulla destra quando calava il sole.  Ad ogni modo: torno tutto spaccato, con il morale sotto le suole e il testosterone di un millepiedi, e BANG: altra botta senza senso per tipa generica appena arrivata nel mio liceo. Ci muoio KO tecnico defunto salma fredda fredda per diversi mesi senza avere il benché minimo coraggio di parlarle. Dopo qualche mese, giustamente, vengo a sapere che ha trovato un altro fringuello. Ai tempi avevo un sacco di tempo libero, e questo fallimento sociale era stato massacrante a tal punto da farmi piacere Claver Gold. – A.

The Cure – Pictures of You

Quando avevo diciotto anni la mia prima ragazza ha deciso di lasciarmi spezzandomi il cuore e rendendomi contemporaneamente per diversi mesi (anzi, un anno solare tutto) l'essere più patetico del pianeta. In pratica mi alzavo, ascoltavo a ripetizione "Pictures of You" dei Cure e piangevo. A lungo. Nessuna canzone dei Cure è particolarmente allegra ma questa, con i suoi otto minuti e ventiquattro secondi di mestizia era perfetta per farmi sentire contemporaneamente 1) una martire 2) una martire per una giusta causa e 3) un'anima incompresa. Sul verso If only I'd thought of the right words I wouldn't be breaking apart all my pictures of you piangevo ancora di più, totale sublimazione del mio sconforto. A distanza di anni, vengo (giustamente) ancora presa in giro dai miei genitori per questa faccenda – M.

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Il Teatro degli Orrori – Direzioni diverse

Tra le varie canzoni che mi sono state dedicate dal mio ex musicofilo-rocker dopo la rottura c'è "Direzioni diverse" del Teatro degli orrori. Una canzone di merda, di un gruppo di merda il cui cantante—a quanto dicono, visto che non sono mai stata a un concerto—non riesce a stare sul palco senza sboccare l'anima. E anche se ci siamo lasciati di comune accordo dopo quasi sette anni, tra tutte le canzoni smielate questa è quella che riesce a farmi incazzare. Concettualmente l'idea del "sarebbe stato bello invecchiare insieme, la vita ci spinge verso direzioni diverse" può funzionare, ma quelle chitarrine imbecilli e quella voce nichilista irritante mi urtano non poco.

– A.

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