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House of Cards, o la frigidità del male

La prima volta che ho visto House of Cards, poco più di un anno fa, ho pensato che non ne avrei tollerato più di tre episodi. Ovviamente mi sbagliavo.

Questo post fa parte della nostra serie sul meglio del catalogo Sky Online. House of Cards va in onda su Sky Atlantic.

La prima volta che ho visto House of Cards, poco più di un anno fa, ho pensato che non ne avrei tollerato più di tre episodi. Cosa me ne faccio, diceva il mio io passato e inesperto, di dodici ore di gelidoni monodimensionali affamati di potere con la musica di tensione in sottofondo?

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Non sapevo proprio come gestirlo, questo fastidio istantaneo che provavo nei confronti di tutti i personaggi di House of Cards, così ho scritto un sms al mio amico immaginario Roberto. Lui, con la solita indole zen che lo contraddistingue, mi ha risposto: “Siediti, e ordisci un piano che li veda distrutti, uno dopo l'altro. Sorridi, quando il tuo piano si realizza.”

Non ho mai smesso di guardare House of Cards.

Molto in breve, la sua prima stagione si apre con la sete di vendetta di Frank Underwood, membro della Camera dei Rappresentanti cui era stata promessa la carica di Segretario di Stato nel contesto della nuova Presidenza degli Stati Uniti.

Non si può dire che sia la serie più amichevole da un punto di vista di audience: si apre con dei protagonisti odiosi, il cui status di anti-eroi non li rende più vicini a noi, e l'unico spiraglio tramite cui il pubblico riesce ad avere un minimo di immedesimazione con questo acquario di creature irraggiungibili è Kevin Spacey che guarda in macchina e fa dei piccoli monologhi.

House of Cards si basa su un'omonima serie britannica degli anni Novanta dal tono molto più scanzonato. Stessi intrighi, stessi monologhi in macchina, stesse intenzioni nella testa del protagonista. La versione statunitense, però, ha aggiornato l'approccio alle tonalità vagamente (perdonatemi) glamour della politica a Washington D.C., ha accentuato la cupezza di fondo (tenetevi forte: la seconda stagione offre gran risate, ma ne parleremo più in là), e ha fatto dirigere il pilota a David Fincher. David Fincher, mi eri mancato, tu e tutte le tue inquadrature virate in seppia. Il tocco di Fincher è visibile attraverso l'intera serie, anche quando gli episodi non li dirige lui. Pur vivendo, oggi, in un mondo in cui le serie tv sono prodotti di qualità talvolta superiori ai lungometraggi, è raro trovare una serie che sia così attenta a movimenti di macchina, scenografie, e grandangoli.

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Poi, c'è Kevin Spacey. Una parentesi personale: due giorni fa ho sognato che stavo producendo un film in cui tutti i protagonisti erano vestiti da cibo, e Kevin Spacey era vestito da ape. Si comportava da gentiluomo, anche vestito da ape. Questo per dire che qualsiasi cosa che contenga Kevin Spacey (anche e soprattutto questo) diventa automaticamente migliore.

In foto: Cucù

House of Cards richiede pazienza.

In un certo senso, è l'anti-HBO. Non soltanto perché è una produzione Netflix (e, dalla sua uscita, sta buttando sale sulle terre di HBO), ma perché nessuno, nella serie, scopa. O, per essere più precisi, le “scene d'amore” ci sono, ma sono interamente svuotate della lussuria. Questo perché in ogni inquadratura in cui qualcuno, vestito da capo a piedi, parla del “Presidente degli Stati Uniti d'America”, il suo sguardo lussurioso e pieno di bramosia di potere è molto più pornografico di qualsiasi tetta che ballonzola qui e là in bordelli medievali.

House of Cards ha saputo inserirsi intelligentemente in un periodo in cui Breaking Bad stava per lasciare una voragine di vuoto nel capitolo degli antieroi (grazie tante, sono tutti antieroi, nel mondo televisivo contemporaneo, ma Walter White e Kenny Powers ci hanno detto addio più o meno nello stesso momento). Se avete visto quel capolavoro che è Veep, House of Cards è la versione di Veep in cui tutto va ugualmente a rotoli, ma qualcuno sa nasconderlo bene (e, soprattutto, qualcuno è conosciamente responsabile del tutto che va a rotoli).

Una volta superato l'ostacolo dei primi quattro episodi, del lasciarsi aprire la porta a un mondo popolato di algidi figli di puttana, House of Cards vi si incolla agli arti come fosse una sanguisuga di tutto il vostro tempo libero e la sua seconda stagione diventa più gigiona, rilassata, meno smaniosa di arrivare. Esattamente come il suo protagonista. O forse è identica a come era prima, e vi ha soltanto fatto il lavaggio del cervello.