“Ero cattolico e frequentavo la chiesa. Nel resto della mia vita, però, ero omosessuale.”
Innocenzo Pontillo è uno dei cattolici gay italiani — una ristretta minoranza, ma spesso attiva nel combattere dall’interno della chiesa stigma e pregiudizi.
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Troppo spesso far convivere cristianità e omosessualità “significa recitare a soggetto,” spiega Pontillo a VICE News, “vivere l’omofobia interiorizzata, la vergogna che qualcuno sappia ciò che sei in determinati ambiti. Sapevo che c’era un gruppo [di fede per omosessuali] e mi ci sono avvicinato.”
Oggi Pontillo, 40 anni, coordina il gruppo Kairos di Firenze per cristiani gay, lesbiche e trans, oltre a essere co-fondatore e referente del progetto Gionata, che raccoglie e racconta le varie realtà dei credenti LGBT italiani.
Il Progetto Gionata include circa una ventina di gruppi informali, associazioni e circoli, nati – i primi, a partire dagli anni Ottanta – con lo scopo di promuovere l’accettazione e l’integrazione di fede e omosessualità.
Si tratta di “realtà cattoliche in cammino,” come le definisce Pontillo, in dialogo con la Chiesa ufficiale e impegnate in una profonda riflessione teologica. “Non vogliono far ‘guarire’ nessuno: [l’aspetto omosessuale], anzi, è di per sé importante, fondante. Non vanno confusi con i gruppi di terapie riparative e di ambito religioso tradizionalista che dicono: ‘No! Tu sei sbagliato, grazie a Gesù devi guarire!’.”
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La mappatura dei gruppi cattolici gay italiani
In Italia gruppi di questo genere rimangono comunque relativamente rari. Per lo più, sono ospiti di parrocchie cattoliche e, in piccola parte, di comunità evangeliche, come quelle della chiesa valdese. Ne esistono esempi in diverse città, tra cui Palermo, Milano, Firenze, Roma e Torino.
A Bologna, nella chiesa di San Bartolomeo della Beverara si riunisce da qualche anno il gruppo di credenti omosessuali ‘In Cammino.’ Il parroco, Don Mattarelli, presiede i loro incontri di preghiera e le loro celebrazioni penitenziali, a Natale e a Pasqua.
“Il problema degli omosessuali credenti non è che sono omosessuali, ma che sono credenti,” commenta scherzando a VICE News. Ma ammette che la Chiesa si trova in un momento di ampia riflessione e di confronto, anche su questo tema.
“Anche negli ultimi documenti, la prospettiva si è ribaltata. Vede il mondo dell’affettività e le possibili combinazioni di relazioni da un punto di vista di fede. Si riscontra un atteggiamento di avvicinamento diverso, che tende a un centro, a un ideale alto a cui tutti tendiamo. Anche gli sposati in chiesa,” spiega.
A conferma del progressivo cambiamento in atto, un gruppo come “In Cammino” viene pubblicamente accolto in parrocchia e – stando a Don Mattarelli – sarebbe ben integrato con il resto della comunità religiosa locale.
L’emergere sempre più forte di queste realtà tradizionalmente marginali rientra probabilmente tra le conseguenze della forte spinta di Papa Francesco verso l’accoglienza.
Come ricorda anche Innocenzo Pontillo di progetto Gionata, “Il Papa sta ribadendo in ogni suo documento, azione e iniziativa che comunque la Chiesa accoglie tutti, che bisogna guardare dove la Chiesa ha creato dei margini per capire e imparare che nessuno nasce sbagliato, che nessuno viene allontanato da Dio.”
E sempre più, anche i canali ufficiali cominciano a interrogarsi a riguardo. Già lo scorso maggio, Avvenire – il quotidiano dei cattolici italiani – aveva dedicato un articolo dai toni abbastanza concilianti alle attività del Forum dei cristiani LGBT, tenutosi ad Albano, vicino Roma, a inizio maggio.
L’edizione di questo mese di Jesus – mensile cattolico della stessa casa editrice di Famiglia Cristiana – titola, invece, in copertina: “Omosessualità: Tabù cattolico?”. E ancora, due settimane fa TV2000, la TV ufficiale dei vescovi italiani, ha invitato in trasmissione due rappresentanti di gruppi LGBT cristiani per parlare della loro esperienza.
“Prima l’articolo su Avvenire, poi quello di Jesus e questa puntata. Sembra che qualcosa di grosso stia accadendo all’interno della Chiesa ufficiale e non solo nelle parrocchie, dove questo è avvenuto da tempo,” commenta Pontillo.
“Dipende molto da dove vivi,” osserva. “Al gruppo Kairos vengono anche persone dall’Umbria, Lombardia e Emilia Romagna che non hanno parrocchie o diocesi accoglienti. Perciò se vogliono affrontare il tema dove vanno?”
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Essere gay e credenti oggi
Parallelamente a questo sottobosco di piccole realtà attive sul territorio, la Chiesa cattolica continua a condannare ogni espressione carnale dell’omosessualità, pur non rifiutandola e non negandola.
Secondo Arianna Petilli, psicologa e ricercatrice che si è occupata a fondo del tema nel corso degli anni, la vita dei cattolici gay non è semplice: “Nei fatti queste persone non si sentono accettate davvero, perché l’accettazione che la chiesa cattolica rivolge loro non è incondizionata, ma legata al fatto di vivere ‘una vita casta e pura’.”
Ai condizionamenti di un contesto sociale ancora prevalentemente omofobico, fa notare la psicologa, si sommano i condizionamenti religiosi, che portano a un conflitto a volte dilaniante. “Una persona comincia a dire: ‘Non posso essere [omosessuale e credente] insieme, devo fare una scelta.”
Di fronte a un bivio così doloroso, molti scelgono di reprimere una parte importante di sé. Alcuni si allontanano dalla fede, altri recitano il ruolo dell’eterosessuale — arrivando talvolta persino a sposarsi.
Tanti, poi, conducono una doppia vita: “Frequentano la parrocchia e parlano malissimo dei gay appena si presenta la possibilità,” racconta la psicologa. “Poi magari il sabato e la domenica prendono la macchina, vanno nella città più vicina, e lì vivono la loro omosessualità.”
Ci sono infine persone che arrivano a capire di aver bisogno di sentirsi integrate, e cercano di conciliare due realtà apparentemente in conflitto.
Ma si tratta spesso di un cammino lungo e sofferto, in cui è necessario superare non solo la paura del rifiuto e della discriminazione altrui, ma anche la valutazione fortemente negativa del sé, che deriva dall’assimilazione di pregiudizi diffusi.
Già in uno studio del 2014, Petilli aveva scoperto che i gruppi per credenti omosessuali sono fondamentali in questo tipo di percorso.
Questi gruppi infatti, attraverso le loro attività di studio e riflessione sui testi sacri – e attraverso un calendario di incontri di dialogo – aiutano i cattolici gay a liberarsi dal senso di peccato, e li spingono ad accettare di poter coniugare due aspetti di sé solo apparentemente mutualmente esclusivi.
È un processo di revisione e di contestualizzazione del messaggio di fede.
“Agli omosessuali viene tolto tutto. Sono cittadini di serie B a 360 gradi. Gli viene tolto anche l’amore di Dio. Il messaggio che passa è: non solo non vai bene alla società, ma non vai bene neanche a Dio. Ritrovare l’amore di Dio per molte persone è fondamentale, le aiuta a sentirsi meno sbagliate e più amate,” spiega Petilli.
Inoltre, conoscere e confrontarsi con altri cattolici LGBT rompe il forte senso di isolamento e solitudine che queste persone vivono con frequenza, e non solo all’interno della comunità religiosa.
“Nella maggior parte dei casi, sono figli di genitori eterosessuali,” argomenta la psicologa, “quindi non hanno nessuno con cui confrontarsi. E quando arrivano a conoscere persone come loro, allora arrivano importanti fonti e modelli di riferimento.”
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Foto di apertura di Francesca Lissoni via Flickr in Creative Commons