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Il Guasto Village di Bologna è l’esempio perfetto della differenza fra riqualificazione e gentrificazione

“La movida non fa più paura”.

Così titolava la settimana scorsa Repubblica Bologna. Occhiello: I residenti: “Ora si dorme”.

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Il quotidiano ha dedicato una pagina intera a un’area particolare del capoluogo emiliano, la cosiddetta “zona universitaria” compresa tra via Petroni, Piazza Verdi e le strade limitrofe. Un crocicchio di vie che di giorno ospita la maggior parte delle facoltà, ma di notte è sempre e solo stata teatro di spaccio, degrado e risse, e soprattutto di interminabili lotte tra l’amministrazione comunale, le associazioni universitarie e i comitati delle suddette vie.

Invece questa è stata “un’estate senza allarmi, né scontri tra comitati di protesta dei cittadini e popolo della notte”. “Dopo anni di rabbia, grida e ordinanze, trovata la formula per unire sonno e divertimento?” si chiede infine Repubblica. Se sì, il merito va principalmente al Guasto Village.

Il Guasto Village è nato da un idea di PeacockLAB, per riqualificare via del Guasto e Largo Respighi. Il processo iniziale è stato aiutato dal fatto che, nello stesso periodo, in via del Guasto era in corso un progetto di rigenerazione tramite la street art a cura di Serendippo, progetto da cui è nata una collaborazione che ha portato street artist famosi a dipingere i container.

Forse la portata di questa operazione non è facile da capire per chi non sia un bolognese. Invece per chi è nato e cresciuto qui, o per chi ci ha frequentato l’università, vedere improvvisamente Largo Respighi e via del Guasto frequentate da persone di ogni età, riempite di luminarie e cocktail dai nomi hipster e divanetti, semplicemente vederle vive, e non più abbandonate a se stesse e potenzialmente pericolose, è stato un cambiamento di portata epocale. “Prima che arrivassimo noi era una terra di confine” racconta fiero Carlo di Gaetano del Peacock “Da una parte il Teatro Comunale (si affaccia su Piazza Verdi, NdR) con le macchine blu che ci parcheggiano davanti passando in mezzo agli spacciatori. Dall’altra lo spaccio, il degrado, nessuna proposta per i giovani universitari. Due anime inconciliabili che noi abbiamo provato a unire, nonostante le polemiche”. Questa primavera il PeacockLAB ha vinto nuovamente il bando comunale per l’estate 2018. Immediatamente dopo i collettivi universitari hanno organizzato una manifestazione contro di loro, devastando i murales accusandoli di gentrificazione dell’area e nefandezze varie.

“Fa un po’ ridere parlare di gentrificazione, visto che qui non passava mai nessuno” mi dice Carlo “Pensa che, dopo la scorsa estate, gli abitanti del palazzo sopra via del Guasto hanno fatto una raccolta firme perché rimanessimo. La gentrificazione è spostare via comunità esistenti: qui non c’erano. La nostra è riqualificazione. Basti pensare che la prima volta che abbiamo posato i container i pusher ci hanno minacciati”. Contro il Guasto si sono accanite anche le associazioni di quartiere, pensando che un tale collettore di vita notturna avrebbe solo creato ulteriori problemi.

Il caso del Village è emblematico di un problema della città nell’accettare, anzi nel richiedere, un’offerta di eventi culturali e musicali, e allo stesso tempo di un problema nel regolamentare i cosiddetti eventi. Ne abbiamo parlato con lo scrittore bolognese Gianluca Morozzi “Anche tutta la zona Mercato delle Erbe – via Belvedere, grazie alla presenza dei locali, è stata sottratta a un triste passato di luogo di spaccio… solo che alcuni residenti che prima si lamentavano del degrado hanno preso a lamentarsi dei dehors e dei frequentatori dei locali stessi, il che ha portato a regole piuttosto cervellotiche e penalizzanti per chi quella via l’ha trasformata. A questo punto: va bene, io sono di parte, sono uno di quelli che nei locali ci va a bere e a fare eventi culturali, ma perché il tuo diritto di guardare la tv alle otto di sera è superiore al mio?”.

La stessa domanda se la sono posti i ragazzi de La Confraternita dell’Uva. La libreria-caffetteria-wine bar – incidentalmente uno dei miei posti preferiti in città – si trova in via Cartoleria, una zona teoricamente molto più ‘tranquilla’, borghese e residenziale di quella universitaria. Dietro il locale c’è un cortile interno dove spesso si tengono presentazioni di libri. O meglio, si tenevano.

Il Comune ha appena comminato loro una sanzione da 2.000 euro e l’imposizione della chiusura della corte perché durante una presentazione, tenutasi a luglio, il ‘volume’ delle conversazioni era troppo alto. “Ironicamente parlando, il nostro locale poco ha a che fare con la vita notturna di Bologna, dato che solitamente chiudiamo alle 22.30” mi racconta Giorgio, uno dei proprietari “Con i residenti c’è un rapporto abbastanza amichevole. Dev’essere stato un unicum, qualcuno di molto sensibile che non considera che lavorare fa rumore”.

Il tutto è accaduto il 18 luglio intorno alle 18.30 (esatto: LE SEI E MEZZA DI POMERIGGIO) durante un gruppo di lettura con 20 partecipanti. Da un appartamento sovrastante il cortile sono stati rilevati ‘picchi acustici che, occasionalmente, hanno superato di qualche unità di decibel la soglia limite prevista dalla normativa vigente in materia di inquinamento rumoroso’. E così ecco la multa, comminata dall’Agenzia Regionale per la Prevenzione, l’Ambiente e l’Energia dell’Emilia Romagna, a cui si è aggiunto il Comune, che ha contestato l’utilizzo di ‘un ingresso destinato all’accesso verso abitazioni private’. Dire che i ragazzi della Confraternita siano confusi sarebbe sottostimare il loro disorientamento. “Ora, pur volendo considerare che si possa dar ‘fastidio’ alle 18.30 di un giorno feriale del mese di luglio, sembra esagerato e fuori da ogni logica e buonsenso che la semplice voce umana, in orario di comune attività della cittadinanza intera, possa costituire un attentato alla salute pubblica. E che una banale vicenda condominiale sia stata forzatamente ricondotta nelle categorie dell’ordine e della salute pubblica. È come se di fronte ad un divieto di sosta violato, al posto di una ragionevole multa, sia comminato il ritiro della patente”.

In una situazione simile il controesempio del Guasto diventa ancora più emblematico. Nonostante le proteste primaverili è stato un successo anche maggiore e autoevidente dello scorso anno – anzi, è un successo, visto che andrà avanti fino a ottobre. Dentro i container ci sono realtà ristorative cittadine, giovani e di qualità, come l’Ex Forno MAMbo,L’Altro Spazio (in cui vengono impiegati ragazzi con disabilità), Erba – che fa le piadine migliori del mondo – e il pesce fresco de La Saracca, Le Vie del Briganti, la birra artigianale di Publik, i cocktail di Cacao, il messicano El Cantinero e Gester con i suoi arrosticini.

Inoltre, PeacockLAB ha curato la programmazione di eventi su un palco permanente in piazza Verdi, dove per tutta l’estate si sono tenuti concerti, spettacoli di danza, presentazioni e dibattiti. Convincendo anche le associazioni di quartiere e i comitati di strada: inizialmente diffidenti, a Repubblica si dichiarano sostanzialmente soddisfatte, nonostante il problema dello spaccio rimanga. “Il nostro è un progetto più urbanistico che sociologico” spiega Di Gaetano “Non nasciamo per risolvere il problema della tossicodipendenza. Ma gli effetti positivi sull’area ci sono stati. Tutti i locali limitrofi hanno notato un aumento di clientela, e la Guardia di Finanza ci ha detto che ha registrato un sensibile calo dei reati”.

Da una parte il Guasto, dall’altra la Confraternita. In mezzo la cittadinanza, che è composta tanto da studenti quanto da residenti e da commercianti, ognuno con le proprie rispettabili esigenze. “Ci sono serate in cui coesistono anche troppi eventi e bisognerebbe avere il dono dell’ubiquità per vedere tutti i concerti e tutte le presentazioni di libri che si vorrebbero vedere” sospira Marozzi “Il problema è che il bolognese è un lamentone costante, che ha nostalgia di una Bologna di una volta mitizzata… e se è ovvio provare nostalgia per la Traumfabrik o per Andrea Pazienza o Guccini alle Dame, a volte sento sospiri nostalgici per cose che facevano schifo già trent’anni fa e ci piacevano solo perché eravamo liceali. Come dice Enrico Brizzi in un suo libro in risposta all’ennesimo “Bologna non è più quella di una volta”: “E tu, sei quello di una volta?“.

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