Música

La Guida di Noisey al rap ebraico

Qualche tempo fa, siamo rimasti ammaliati dal video di “All K”, pezzo del rapper ebreo Lil Dicky che stravolge l’idea di video rap, sfiorando i limiti del convenevole e citando la cabala, il challa, e più in generale trastullandosi con semantiche Semitiche.

Ad ogni modo, Lil Dicky non è il primo rapper a far riferimento alla propria educazione religiosa. Anche se non avete visto quel video di Drake—dai, quello in cui emula un secondo bar Mitzvah, ma riesce lo stesso a sembrare uno che ha paura di essere evirato—i rapper hanno sempre parlato di religione come se fosse la cosa più irriverente di sempre.

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Alcuni rapper scelgono di menzionare la fede come fosse uno stendardo di guerra un po’ sgangherato, altri invece decidono di non farlo, perché la fede di un artista, se abbinata a questioni reali tipo il talento, ha poco a che fare con la sua autenticità. Così come il McDonalds ha poco a che fare col cibo sano. Eppure, oltre a Lil Dicky, ci sono rapper legati all’ebraismo sufficienti da poter scrivere almeno un capitolo della Torà versione rap.

Tenendo a mente questi precetti, ecco la Guida di Noisey al Rap Ebraico (o ai rapper che sono ebrei). E, dato che Lil Dicky ha fatto uscire una traccia rap che parla di Ebraismo, l’abbiamo incontrato per conoscere i suoi autorevoli punti di vista sugli artisti in questione.

DRAKE

Dal momento che i canadesi sono bellamente ignorati dai vicini a stelle e strisce, ci impegneremo ora a farli sfogare. Soprattutto perché la madre di Drake è canadese-ebrea, e la cosa probabilmente rende Drake l’ebreo più famoso proveniente dal Canada. Se Gil Scott-Heron è il padrino del rap, allora Drake è il cugino passivamente misogino di Toronto.

Come dice la tradizione, non importa quanto sia triste una storia che racconti a un ebreo, Drake può buttar giù una canzone che la farà suonare esattamente come un qualsiasi suo disco. E dopo aver fatto l’occhiolino agli intenditori di Grey Goose e di Instagram per il suo disco di debutto Thank Me Later, Drake ha provato a lasciarsi alle spalle gli 808 and Heartbrek-ismi con il suo secondo disco, Take Care, e per lasciarsi alle spalle intendo intraprendere percorsi fatti di suoni delicati e melliflui, che ricordavano un po’ il suono delle lacrime sulle giacche Armani dei ricchi, mica come quei poveracci abituati a scaricare leak. Ciononostante, alcuni lo hanno comprato, perché l’album si è piazzato al numero uno al Billboard 200, dimostrando agli Americani che il Canada è molto più dello sciroppo che mettono sui loro pancake la mattina, o del cattivo gusto. Oggi, nel 2013, Drake si è incaponito sulla promozione del suo terzo disco, Nothing Was The Same. Non è che con gli anni Drizzy sia diventato molto influente, però, dato che neanche troppo tempo fa, il nostro piccolo non è potuto entrare negli spogliatoi del Miami Heat, a una loro partita. Chi ha detto che gli ebrei hanno privilegi?

Lil Dicky dice: Non so se esista qualcuno al mondo migliore di Drake. Il suo rap dà la merda a tutti, i pezzi ti rimangono in testa ed è in grado di coinvolgere i ragazzini bianchi di periferia, anche loro fanno appello al mercato metropolitano ormai. Fa pezzoni da serata in discoteca, jam lente, introspettive, pacate, rap figo. Può anche passare dal fomentarsi con versi aggressivi al cantare senza perdere alcun impeto, questo lo rende il rapper più duttile che abbia mai visto. Ha spianato la strada a un sacco di rapper di oggi, che lo vogliano ammettere o no.

Miglior riferimento ebraico: “But I really can’t complain, everything is kosher / Two thumbs up, Ebert and Roeper”

MAC MILLER

In “Don’t Mind If I Do” Mac Miller sostiene di essere stato un “piccolo ebreo cattivo”. Che se associato a versi sul “fumare erba a casa di Bill” e “Siamo solo bambini del cazzo” sembra in parte la verità e in parte l’outtake di una serie tv con protagonista Jon Heder, che andrebbe mandata in onda su Comedy Central. Se avete fatto religione a scuola, o se in generale sapete stare al mondo, saprete sicuramente che i tatuaggi sono malvisti nella comunità ebrea, ma Mac ne è ricoperto. Ancora nel 2010, il Jewish Chronicle, giornale locale di Pittsburgh, gli ha chiesto se l’aveva mai pagata per essersi riempito di disegnacci, e lui ha risposto: “La gente mi diceva, ‘Come fai a trovare un lavoro?’ o ‘Non puoi essere seppellito in un cimitero ebreo’, ma è la mia vita. Ho scelto di tatuarmi perché amo avere l’arte sul mio corpo a rappresentare chi sono veramente.” Questo rende il suo “Ebreo a vita” tatuato, una di quelle cose che pensavi fossero fighe a sedici anni, ma a ventidue capisci che è il motivo della tua autostima inesistente. Si attiene anche all’innocuo stereotipo dell’ebreo ostentatamente ricco, secondo le stime ha intascato cinquantaquattro milioni di dollari, una somma di quattrini impressionante se pensi che le sue prime vagonate di mixtape erano gratis. Dopo un discutibile debutto, che era più rivolto ai bulletti del liceo, i peggiori, al posto di tornare alla sua solita fan base di ragazzini mollicci e amanti dell’erba, quest’anno ci ha onorato di Watching Movies With The Sound Off, che, con molta probabilità, è il miglior lavoro che abbia mai fatto.

Lil Dicky dice: Mac è sostanzialmente il Padrino del “college rap”. L’ha oltrepassato ed è cresciuto, diventando sempre più mainstream (e infatti ora ha un’audience più vasta), ma le sue origini rimangono comunque lì. Non sono neanche sicuro sia andato al college, ma non importa. Il tizio bianco che rappa di cose che fanno di solito i ragazzini al college è ciò che io intendo per “college rap”. Qualsiasi altro rapper emergente e in età da college mentirebbe, se dicesse che l’ascesa di Mac non gli ha dato lo stimolo per continuare.

Miglior riferimento ebraico: “Oy Vey”, ovviamente.

ACTION BRONSON

Se non siete mai finiti su Hipster Jew (e se non l’avete fatto, dovete rivalutare il vostro palinsesto di siti giornaliero), allora leggetevi quello che hanno da dire su Action Bronson:

Bronson è un enigma. È un uomo che non definiresti propriamente femminista (è anche politicamente scorretto verso i gay, e senza rimorsi). Le sue canzoni rasentano l’ossessione quando si tratta di puttane. Ma gli piace cucinare. Sembra un’enorme casa fatta con mattoni di merda, e ha una folta barba rossa (prendetevela con il sangue albanese che scorre nelle sue vene). Come tanti ebrei, la relazione tra Bronson e l’Ebraismo è fatta di riferimenti pop, stereotipi, e di una minima conoscenza di usi e costumi”

Nonostante sia il miglior rapper ad aver fatto suonare i suoi giochi di parole come vere esperienze culinarie, Bronson ha anche scritto un paio di canzoni su quanto sia influente il popolo Ebreo. In Blue Chips, c’è un pezzo chiamato “Steve Wynn”, come l’uomo d’affari Ebreo-Americano che ha costruito Las Vegas Strip. La seconda parte di questo paragrafo contiene un fatto divertente da archiviare in una sezione del cervello etichettata con Informazioni Inutili Per Discorsi Da Pub. Nel 2011, Action ha rilasciato la traccia “Barry Horowitz”, che parlava del pugile Ebreo che faceva parte del WWF negli anni Ottanta.

Lil Dicky dice: Action è il classico esempio di uno che ha l’aspetto completamente diverso da ciò che è. È gigante, è un grizzly, è relativamente minaccioso. Ma una volta che comincia a rappare, ti accorgi di quanto sia solo un grande orsacchiottone. Non in senso negativo, perché i suoi testi ti uccidono. Però non cerca di essere il rapper bullo tipo Rick Ross, anche se è palesemente la sua versione bianca. Resta un minchione come Rick, ma nella maniera più placida del mondo. Flow vellutato, schemi di rime imprevedibili e testi che non smetti di ascoltare.

Miglior riferimento ebraico: “She had a Jewish dad and a Jamaican maid / Started hanging with strippers and dropping the zippers” [Aveva un padre ebreo e una domestica Jamaicana / Ha cominciato a uscire con spogliarellisti e ad abbassare cerniere]

BEASTIE BOYS

I Beastie Boys non sono solo il gruppo rap più fico e i responsabili dell’avvicinamento del rap, negli anni Ottanta, ad un pubblico bianco, ma hanno anche il miglior outfit rap-ebreo della storia. E come non potrebbero? Nel corso della loro carriera Ad-Rock, Mike D e MCA (RIP) hanno sempre stabilito di mettere al primo posto la manifestazione della personalità, risultando quindi i veri portatori dello stile di vita dei ragazzini Newyorchesi. Oltre ad aver reso alla moda i segnali stradali, i Beasties, spesso grazie a Spike Jonze, hanno realizzato alcuni tra i video più complessi, avanguardistici e deliranti dei nostri tempi.

Lil Dicky dice: I Beastie Boys sono il gruppo-icona del rap che ha reso le cose molto più facili per tutti i rapper bianchi di oggi. Sono stati loro a far guadagnare il rispetto nella comunità hip-hop a noi bianchi. Hanno superato l’ostacolo del colore della pelle, quei pochi che sono ancora in giro dovrebbero ringraziarli per aver dato loro la possibilità di essere presi sul serio.

LIL DICKY

Dal momento che abbiamo Lil Dicky con noi, e dal momento che a lui piace scrivere, ecco quello che ha da dire su se stesso e sul suo ruolo del rap ebreo nel mondo.

Lil Dicky dice: Il più delle volte, quando compongo una canzone, voglio ottenere due cose: impressionare la gente musicalmente, e farla ridere. Ci metto molto orgoglio nel mio rap. E far ridere è solo un mio modo di esprimermi.

Il mio rap non tratta quasi mai argomenti impegnativi e io non mi prendo sul serio perché la mia vita è privilegiata, non c’è grande urgenza di parlarne. Se mai mi metterò a rappare sulle “mie battaglie”, lo farò a cuor leggero. Gran parte del rap che faccio prende gli elementi più tipici del rap e li rovescia in un contesto più aperto. Per esempio, al posto di scrivere quanto è stata figa la serata in discoteca, scrivo quanto possano far cagare i locali, o quanto sia meraviglioso esserci dentro.

Se i rapper si gasano per essere schifosi in un senso “street”, io ne parlo in senso igienico. Se sei un rapper allora devi necessariamente avere un pezzo che parla di erba, ma il mio è su quando sei TROPPO fatto, al punto da fare schifo. Non ho bisogno di sembrare sempre un figo, anzi, cerco di divertirmi come rapper e di approfittarne per far parlare la gente. Al suo stato attuale, il rap mainstream è incredibilmente irresponsabile in termini di utilità sociale. Il che significa che se mi attengo agli stessi criteri potrei io stesso risultare assurdo col mio punto di vista.

Eppure c’è un doppio senso. Il video di “All K”, per esempio, ha delle limitazioni di età, nonostante sia pressoché uguale a qualsiasi altro video su Internet. Solo perché c’è un tipo bianco e ben educato che fa rap, allora diventa moralmente inappropriato. Mi piace che l’hip-hop non abbia senso, ma col tempo è diventato un po’ ridicolo. A pochi rapper frega ancora dei testi. Così il mio scopo è dimostrare l’attuale ridicolaggine del rap mettendomi io stesso in ridicolo. E forse questo in qualche strano modo, porterà i rapper a essere più responsabili nei loro intenti. Chiamala parodia, satira, commedia, come ti pare. Alla fine il mio rap è così sul pezzo che non puoi non chiamarlo hip-hop. È questa la chiave per me. È difficile vedere in quello che faccio solo uno scherzo, dato che col mio rap sfotto tutti quelli che in teoria sono seri.

MENZIONI D’ONORE:

Necro

Figlio di due Israeliani emigrati, Necro, affiancato dal fratello Ill Bill, ha militato nello scomodo sottogenere del “death rap”, che si allontanava dai territori prestabiliti dell’hip-hop e simpatizzava invece per tematiche come il sesso violento, l’occultismo, e insomma, tutte cose spassose. Il suo momento più alto è stata la magnifica “Who’s Your Daddy”, che conteva versi piacevoli come, “Bitch getting fucked in your ass through your fishnets. Cutting queefs, your bound to eat shit next. A tit fest, I’m fucking dumb blondes till my dick is numb hoe lick the scum. Sticking a gun in your cunt for fun” [Stronza, fatti scopare dal culo con addoso le tue calze a rete. Emani flati vaginali, fra poco ti farò mangiare merda. La sagra delle tette, mi scopo bionde idiote fino ad avere il cazzo a fette, troia lecca il mio latte. Infilo una pistola nel tuo buco per gioco.] Ehi, che direbbe tua madre?

Princess Superstar

Vi ricordate “Bad Babysitter” su The Box all’una di notte? Ricordate quanto fosse inquietante Princess Superstar che si dimenava con addosso una tutina da cheerleader? Anche nota come Concetta Kirschner, la principessa Ebrea ha realizzato un paio di tracce idiote e semi sconosciute prima di fare comunella con il produttore olandese, Mason, con cui ha sfornato il galvanizzante remix di “Perfect (Exceeder)”, che ancora oggi è pompato a mille in tutte le palestre del mondo.

Shyne

Al posto di scalfire le posate scrause che gli davano in prigione e ricavarne dei coltellini, o di fantasticare su come far fuori Diddy, sembra che il rapper Belizeano abbia trascorso i suoi terribili giorni al gabbio leggendo la Torah. Appena liberato, nel 2009, si è convertito all’Ebraismo Ortodosso, cambiandosi anche nome e diventando Moses Micheal Levi. Ha poi avuto dei battibecchi praticamente con tutti i rapper migliori di lui, incluso Meek Mill e Kendrick Lamar, il quale sono abbastanza sicuro sia contrario agli insegnamenti di pace e amore della Torah, ma non importa.

Aaron Cohen

Attestato di merito perché è un grande e abbiamo avuto la premiere del video di “Potential Fans”, qui su Noisey. Avanti così, cari non ebrei.

Peaches

C’era un tempo in cui Peaches, aka Merrill Beth Nisker, aveva un’intera generazione di studentesse di arte emancipate (leggi: sessualmente confuse) che si dedicavano a ballare come vere cagne “Fuck The Pain Away”. Ma molto prima della sua attuale fama, la Nisker ha ammesso in un’intervista a URB magazine che, pur non essendo religiosa ed ebrea solo culturalmente, da piccola è stata vittima di episodi di antisemitismo, con scolaretti locali che lanciavano pietre e la chiamavano “sporca ebrea”. Dove saranno quei bulli oggi? Scommetto che non stanno facendo soldi con l’electro rap in shorts di lamè ad alto rischio candidosi.

Matisyahu

Be’ ovviamente! Ormai avrà anche perso i payot, ma non credete che il nostro amico Matisyahu debba vincere il premio di rapper più Ebreo di sempre?

Rispondete col Kippah in testa…