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La lista di siti di bufale che proliferano su Facebook è impressionante

La proliferazione di bufale su internet, specialmente su Facebook, è diventata uno dei temi principali all’indomani dei risultati sconvolgenti delle elezioni presidenziali americane del 2016 (c’è chi sostiene addirittura che le notizie false abbiano dato una spinta all’elezione di Donald Trump). A prescindere, sembra che stia diventando sempre più difficile distinguere giornalismo affidabile e contenuti fittizi creati per attirare click—ma non è del tutto impossibile.

Melissa Zimdars, professoressa di comunicazione e media al Merrimack College, ha iniziato a compilare una lista di siti noti per aver pubblicato articoli contenenti informazioni false, come strumento per insegnare ai suoi studenti le basi del giornalismo e dell’alfabetizzazione mediatica. Grazie alla magia di Google Documents, la lista è stata resa disponibile per chiunque abbia una connessione internet. Qui potete leggere l’intero documento pubblico (via Gennady Kolker).

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Aggiornamento: Zimdars ha dovuto rimuovere la lista, perché—ha spiegato per mail a Motherboard—è stata “minacciata e resa vittima di doxxing” dai lettori di alcuni siti inclusi. Potete leggere la sua dichiarazione alla fine di questo articolo.

La guida è pensata per essere uno strumento educativo nella lotta alle notizie false. La lista include quasi 150 siti che i Zimdars e suoi studenti hanno individuato come possibili fonti di disinformazione, tra cui quelli che si mascherano da veri media outlet (come MSNBC.com.com e abcnews.com.co), quelli che fanno pura satira (The Onion, Clickhole) e quelli che fanno clickbait o usano toni eccessivamente schierati (Upworthy, Crooks and Liars, InfoWars).

Aggiornamento: Upworthy, insieme ad altri siti, è stato rimosso dalla lista perché risultava come sito di notizie “false” mentre era stato incluso in origine solo per i suoi toni.

“Ho rimosso Upworthy e un paio di altri siti, almeno temporaneamente, preoccupata di come la lista viene presentata dai giornalisti,” ha detto Zimdars in una email successiva. “Diversi titoli recitavano le parole ‘lista di notizie false,’ che non sono rappresentative della lista nella sua interezza. Sono anche preoccupata perché ho sentito di persone che vogliono creare tecnologie che oscurano o bloccano certi siti, e personalmente non credo che alcuna delle fonti presenti sulla lista debba essere bloccata, per tutta una serie di ragioni.”

Pessime scelte di design, titoli che incitano reazioni emotive, CAPS LOCK USATI A CASO, e blogger che postano sotto il banner di media outlet noti sono tutti elementi indicativi di una fonte poco attendibile.

Zimdars scrive che il suo antidoto alle notizie false sia leggere e ascoltare una varietà di fonti diverse e informarsi il più possibile, citando New York Times, Washington Post, Boston Globe e Wall Street Journal come alcune dei suoi punti di riferimento. Ma anche questi, a volte, “si affidano a un quadro particolare per selezionare e raccontare le storie, basato su diverse concezioni di cosa valga la pena diffondere.” Tutti i media dovrebbero essere consumati con un occhio critico—e ora che le notizie false hanno dimostrato di avere davvero potere, non c’è lezione più importante da imparare.

Leggete la dichiarazione di Zimdars su perché ha deciso di rimuovere la lista qui sotto:

“Ho rimosso la lista dal documento, almeno per ora, per due ragioni. La prima è che sto subendo molestie e doxxing (e indirettamente minacce) dai lettori di alcuni dei siti sulla lista (con me, anche alcuni dei miei colleghi e persino uno dei miei studenti). Questo genere di attività è *esattamente* il motivo per cui quei siti sono stati inclusi nella mia lista all’inizio, e questo genere di attività, prevalentemente opera dei movimenti alt-right, sarà sempre un ostacolo grave per chiunque sia critico nei loro confronti.

La seconda ragione è che ci sono diversi gruppi che stanno lavorando alla costruzione di diversi database che valutino le notizie (in tutte le categorie). Uno di questi conterrà probabilmente dei “voti” basati su una serie di fattori (provenienti da giornalisti, professori e anche lettori), un altro conterrà probabilmente informazioni su ogni fonte (chi la pubblica, da quanto esiste, e via dicendo) e esempi di titoli o articoli che vadano a sostegno dell’inclusione di un certo sito in una classificazione particolare.”