Tutti i modi in cui ho cercato di guarire dalla fobia di volare

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Tutti i modi in cui ho cercato di guarire dalla fobia di volare

Ho iniziato consultando una psicologa, ma poi ho parlato con un pilota che mi ha descritto tutti i modi in cui può finire male.

Sono circa due anni che soffro di aviofobia e non è ancora successo che qualcuno sia riuscito a rassicurarmi prima di un volo. Il solo pensiero di dover prendere un aereo anche a distanza di giorni, la vista di una pista d'atterraggio o il rumore di un decollo nelle vicinanze mi fanno venire le vertigini e la tachicardia. Detta così, l'aviofobia può tranquillamente essere associata a tutti quei piccoli ed egocentrici disturbi post-moderni dei quali ci piace vantarci: l'abuso della parola "ansia" nella nostra generazione è piuttosto ridicolo se si pensa che, in effetti, questo termine indica uno stato ben preciso che di certo non è quello del brivido prima di un esame all'università. Eppure, questa sensazione che mi blocca e mi ridicolizza agli occhi degli altri passeggeri, dal mio punto di vista è assolutamente concreta e a tratti invalidante.

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Quando ho parlato con una psicologa per capire se ci fosse un modo per stemperarla, visto che sono obbligata a prendere aerei con una certa frequenza, la sua interpretazione è stata, come previsto, molto poetica. La fobia che avevo sviluppato dipendeva, a detta sua, da una metafora della mia paura a "spiccare il volo" e a buttarmi nelle cose per timore di fallire. Per carità, un'immagine bellissima, ma questo dipinto allegorico dell'aereo come traghetto della propria esistenza verso le esperienze che si stacca dalla terra per lanciarti verso il futuro non è bastato a farmi smettere di sudare e tremare dentro quella scatola affusolata che mi separa dalla stratosfera.

Essendo una fobia, ogni spiegazione razionale è superflua.

Una dritta che per qualche ragione mi è sembrata più efficace dell'interpretazione psicologica è stata quella che mi è arrivata da un professore durante una lezione: dopo aver nominato un incidente aereo e aver notato la mia reazione isterica, il professore mi ha gentilmente ricordato che tutte le persone intelligenti hanno paura dell'aereo e l'unico vero stratagemma contro le catastrofi consiste nel non finire mai un romanzo durante un volo. Se lo si finisce, è fatta, l'aereo può cadere. Essendo una fobia, ogni spiegazione razionale è superflua, dunque trovo molto più efficace una soluzione superstiziosa che una interpretazione freudiana della radice del male. In ogni caso, nonostante i tentativi e il conforto che ho provato quando ho avuto la solidarietà di una persona che stimo molto, la fobia non se ne è più andata, anzi, si è pure intensificata.

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Un'altra soluzione fai-da-te che ho pensato di attuare è stata quella di documentarmi su tutti gli incidenti aerei che sono avvenuti dalla nascita dell'aviazione civile a oggi. Credevo, sbagliandomi, che conoscendo bene la storia di ogni singolo incidente, questa sorta di terapia d'urto mi avrebbe consentito di esercitare un certo controllo spavaldo nei confronti del mezzo. Come è facile immaginare, ciò ha solo accresciuto la fobia.

L'ultima strada da percorrere per sconfiggere la mia nemica consisteva a questo punto nel confrontarmi direttamente con qualcuno che sull'aereo ci ha passato la vita. Ho pensato che parlando con un pilota potessi riuscire ad esorcizzare la mia fobia e capire quali siano le cose di cui bisogna avere veramente paura quando si prende un aereo. Così, ho incontrato un ex pilota Alitalia, in pensione da 8 anni, il quale ha passato gran parte della sua vita a fare tratte intercontinentali su un Boeing 747.

La prima cosa che mi ha detto è che faccio benissimo ad avere paura degli aerei, suscitandomi un immediato senso di rivalsa verso tutti quelli che mi avevano dato della scema, seguito da un picco di sconforto nel rendermi conto che forse non avrei dovuto infierire sulla mia già acuta fobia. L'esordio è stato ovviamente seguito da un momento di supporto del suo mestiere e del mezzo di trasporto più sicuro del mondo, secondo le statistiche (che poco cambiano la mia percezione di totale innaturalezza di questo metodo di spostamento). Sì, fai bene ad avere paura a stare dentro ad un tubo pressurizzato con dieci chilometri d'aria sotto e a tre millimetri di lamiera dalla morte, ma questo tubo alato è anche una delle opere più sofisticate di ingegneria che l'uomo si sia mai inventato.

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Mi sono voluta accertare se alcune delle mie fissazioni fossero effettivamente lecite da un punto di vista tecnico. Il decollo, ad esempio, è la fase peggiore per me: oltre alle turbolenze e a tutti quei momenti in cui guardando dal finestrino non riesco a scorgere un pezzo del pianeta terra. In effetti, dalla prospettiva di chi pilota un aereo, il decollo è la parte più critica poiché è strettamente legato a questioni che noi passeggeri spesso ignoriamo, come il peso del velivolo, che se per qualche motivo è calcolato male può causare un incidente.

Immagine via Flickr/Hirotomo

Immagine via Flickr/Hirotomo

Dopo questo racconto siamo arrivati ad un punto focale della nostra chiacchierata: qual è la paura più grande per un pilota? Sorprendentemente, quella di rimanere senza carburante. Io mi aspettavo la paura del ciclone, del terrorista, del motore in avaria. E invece, gran parte di quelle situazioni che causano terrore in alta quota possono essere evitate semplicemente avendo a disposizione la giusta dose di carburante, il che non è sempre così scontato.

La regola internazionale, mi ha spiegato, prevede che l'aereo abbia a disposizione il carburante necessario per arrivare alla destinazione ed eventualmente, non potendo atterrare per qualsiasi motivo su quella pista, quello sufficiente a dirigersi verso un aeroporto alternativo che preveda una serie di condizioni metereologiche favorevoli (lo schema è A+B;B+C con B+C che equivale a meta alternata). Portare carburante in più equivale anche a consumarne di più, poiché il peso dell'aereo è maggiore. Con la globalizzazione e la crescita esponenziale del mercato aereo, non mancano ovviamente gli escamotage pensati dalle compagnie per fare in modo di poter risparmiare il più possibile attenendosi alle regole. Dunque, la risposta al mio più grande dubbio, ovvero "può una turbolenza distruggere un aereo?", dipende proprio dal carburante: sì, una turbolenza particolarmente forte può spezzare in due un aereo, che non è una astronave in titanio resistente a tutto.

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Come si evita una turbolenza fatale? Semplicemente cambiando la rotta ed eventualmente allungando il percorso, cosa che può essere fatta solo se si ha il carburante necessario.

Il tema del carburante porta inevitabilmente ad un altro quesito che tutti, immagino, si sono posti: le low cost sono effettivamente meno sicure delle compagnie più costose? Come gestiscono la questione carburante? La mia prima deduzione paranoica a riguardo è stata quella di decretare che le compagnie low cost risparmino senza esclusione di colpi sul carburante. Non è così. I motivi per cui un volo low cost può arrivare a costare notevolmente meno sono altri, per esempio la scelta di aeroporti minori o l'assunzione di personale giovane. In sostanza, volare con un biglietto comprato a un prezzo stracciato non dovrebbe significare una ulteriore causa di preoccupazione.

Le cose più terrificanti che possono succedere su un aereo sono invece quelle più imprevedibili, cose che spesso nemmeno la mente perversa di un aviofobico riesce a partorire: può succedere, ad esempio, mi ha raccontato il pilota, che del polistirolo si infili accidentalmente nel condotto di aerazione e intossichi tutta la cabina di pilotaggio, compresi gli assistenti di volo. In quel caso, la diffusione della nube tossica si era verificata prima che i passeggeri salissero e, fortunatamente, anche il pilota è sopravvissuto per raccontarmi questo aneddoto. Il risultato è stato che i passeggeri stessi hanno soccorso il personale di volo in preda all'intossicazione e l'aereo è stato fatto atterrare in emergenza dall'unico pilota che non era svenuto. Chi ci penserebbe mai a un disastro aereo causato da una scatola di polistirolo nebulizzato? Io ora sì.

Altro timore che mi causa brividi freddi e palpitazioni è quello di vedere uno stormo di uccelli che entra dentro il motore e fa esplodere tutto. Effettivamente, gli uccelli possono infilarsi accidentalmente nel motore e causare alcuni problemi che in linea di massima possono essere risolti con un atterraggio di emergenza. Può succedere che un pellicano, mi racconta il pilota, un uccello che, come mi suggerisce Wikipedia, può arrivare da adulto ad una apertura alare di 3,5 metri e ad un peso di 15kg, si ritrovi malauguratamente dentro il motore di un aereo rendendolo prevedibilmente inutilizzabile.

Alla fine di questa conversazione nata per uno scopo catartico, ammetto di essermi ritrovata un po' più agitata di prima, grazie ai nuovi spunti su cui fantasticare. Non credo che il prossimo volo che farò sarà un piacevole viaggio tra le nuvole, ma in ogni caso valeva la pena di tentare anche questa strada per provare a esorcizzare questa ridicola paura di "spiccare il volo verso la vita" o di finire un romanzo a diecimila metri di altezza. Io per sicurezza il romanzo non lo finisco mai.

Immagine di copertina via Flickr/Toukou Sousui